mercoledì 29 ottobre 2014

PREMIO POESIA =PIETRO CARRERA

L’Accademia Internazionale Il Convivio, al fine di divulgare la poesia italiana, bandisce il Premio “Pietro Carrera” per la silloge inedita. Il concorso si articola in una sezione unica:
Si partecipa con una silloge inedita composta da un minimo di 32 poesie ad un massimo di 80 poesie. Si ammette al concorso anche la forma del poema, lungo o breve, che deve rientrare nei seguenti parametri di lunghezza: da 32 pagine a 80 pagine (A4, Times New Roman 12, interlinea singola). Possono partecipare anche le sillogi nei vari dialetti d’Italia purché rechino una traduzione in lingua italiana. Esclusivamente per le opere in dialetto l’opera deve essere composta da un minimo di 32 a un massimo di 60 poesie (escluse le traduzioni). La silloge deve rimanere inedita sino alla premiazione, pena l’esclusione e revoca del premio.
Modalità di partecipazione: L’opera deve pervenire alla segreteria in 3 copie delle quali 2 anonime e una solamente recante i dati e i recapiti dell’autore. Ogni autore può partecipare con una sola silloge. L’Accademia permette però che un singolo autore possa presentare due sillogi solo nel caso in cui la prima sia in lingua italiana e la seconda in dialetto. Gli elaborati vanno inviati a “Il Convivio”: Premio “Pietro Carrera”, Via Pietramarina–Verzella, 66 - 95012 Castiglione di Sicilia (CT) - Italia. Alla silloge bisogna allegare un breve curriculum e la scheda di adesione. Ogni copia deve essere puntinata o fascicolata. Chi è impedito a spedire le copie cartacee può inviare la silloge per e-mail a giuseppemanitta@ilconvivio.org allegando un curriculum, copia dell’avvenuto versamento e scheda di adesione. La partecipazione al concorso è gratuita per i soci* dell’Accademia Il Convivio. È richiesto invece da parte dei non soci, per spese di segreteria, un contributo di euro 10,00 da inviare in contanti oppure da versare sul Conto corrente postale n. 93035210, intestato Accademia Internazionale Il Convivio, Via Pietramarina, 66 - 95012 Castiglione di Sicilia Iban IT 30 M 07601 16500 000093035210.
Scadenza: 30 dicembre 2014.
Premiazione: primavera 2015. I vincitori saranno avvertiti per tempo. Il verdetto della giuria è insindacabile. Ai vincitori e ai partecipanti sarà data comunicazione personale dell’esito del premio.
Premi: per il primo premiato verrà pubblicata gratuitamente la silloge consegnando all’autore un numero di 50 copie in omaggio. Il libro, regolarmente registrato, avrà un codice ISBN e verrà pubblicato con il marchio “Accademia Il Convivio”. L’autore potrà liberamente scegliere se cedere o non cedere, al momento della pubblicazione, i diritti editoriali all’editore. Per gli altri premiati coppe e targhe. L’Accademia si riserva la possibilità di proporre la pubblicazione esclusivamente alle sillogi più meritevoli. Non si accettano deleghe per la giornata di premiazione.
Tutela dei dati personali ai sensi del D.Lgs. 196/2003: L’organizzazione dichiara che il trattamento dei dati dei partecipanti al concorso è finalizzato unicamente alla gestione del premio; con l’invio dei materiali letterari partecipanti al concorso l’interessato acconsente al trattamento dei dati personali.
Per ulteriori informazioni scrivere o telefonare alla Segreteria del Premio, Via Pietramarina–Verzella, 66 - 95012 Castiglione di Sicilia (CT) Italia, tel. 0942-986036, cell. 333-1794694, e-mail: enzaconti@ilconvivio.org; giuseppemanitta@ilconvivio. È possibile anche consultare il sito: www.ilconvivio.org

domenica 26 ottobre 2014

POESIA = RAFFAELE PIAZZA

"Alessia e la trasparenza dell’aria"

Pomeriggio nel disegnare
nuvole con gli occhi al
Parco Virgiliano, a intessersi
il bianco con l’invisibilità
dell’aria trasparente per
ragazza Alessia nel respirarla
e sta infinitamente del
cielo l’azzurro cobalto.
Legge Alessia nel sembiante
tre parole: non ti lascia,
e nel jeans sdrucito e la
maglietta gialla trasale.
Beve Alessia ossigeno
nell’inalvearsi di un sorriso
a una madre con un bambino
in carrozzina.
Vede Giovanni venire
dal verde del prato di gioia
di rugiada, Alessia
ringrazia l’angelo e pensa
a dell’amore la camera.
**
"Alessia e il nuovo giardino segreto"

Pervaso dal sogno più bello
di Alessia il nuovo segreto
giardino sotteso a linfe invisibili
scese dai sempreverdi, rugiada
mattinale per ragazza Alessia
a coglierla a piene mani
nel mentre della prima stella
in naturale accadimento
oltre le frontiere della sera.
Detersa dal sogno Alessia
nel migrare verso l’aria
del sagrato del fiore d’erba
azzurro nell’entrare nel dei
capelli il grano di Alessia
e la voce che solo lei può
udire dice: non ti lascerà.
**

"Alessia e Venere"

La prima della sera stella,
la scorge ragazza Alessia
a entrarle dagli occhi all’anima
di grammi 18. Guarda Alessia
il brillare della luna e trasale
in panni leggeri nel fresco
di ottobre, dalle parole di
Giovanni rassicurata
(non ti lascio).
Venere dal Parco Virgiliano
incanto di sorgente di luce
si abbevera Alessia di luminosità
sottesa ad una manto di cielo.
Felice si sporge dal belvedere
nel pensare a di Petrarca
le poesie, vita nuova e tutto
tiene nelle cose delle fibre.
**

"Alessia e il Mediterraneo"

Sera di Alessia su del Mediterraneo
il bordo dove una candela ha acceso,
fili di luce a trapelare
dove era già venuta a prendere in un
secchiello il mare
nel fondersi il pensiero di ragazza Alessia
con l’azzurro e il verde delle acque
dove era già venuto nel trasmigrare
delle onde nel legno di barchetta
nel tenere in mano i remi per non naufragare.
Trasale Alessia al colmo della grazia
nell’iridarsi della tinta degli occhi.
***

"Alessia e il sentiero azzurro"

Parco Virgiliano, il tempo attende
il sentiero azzurro, limbo stellante
per ragazza Alessia scalza
nell’attraversarlo sull’erba
posa i passi incantati nel bere
ossigeno, Alessia nel rigenerarsi
in fusione naturale con il sembiante
a poco a poco, nel traspirare gioia
nella pelle abbronzata di ragazza
all’ombra di un destino fortunato.
E’ il 1984 scivola nell’auto con
Giovanni nuda Alessia
per fare l’amore.
****

"Alessia e la cesta di fortuna"

Campita Alessia nel sembiante
azzurro cielo nelle mani la cesta
di fortuna piena di fragole per
di Giovanni l’amore il segno
rosso di donna senza confini.
Ha seminato ragazza Alessia
laghi di gioia, le poesie nel
diario segreto nella stellante
ansia del desiderio di fare l’
amore e superare l’esame su
Petrarca. Attimi blu cobalto
(tanto non mi lascia),
serenità assoluta nel della
rondine il volo di platino
a trasmigrare.
**

"Di Alessia risveglio"

Chiarità ad entrare
nella camera del risveglio
di ragazza Alessia
al colmo della grazia,
ripetizione d’alba
fotocopiata nella stanza
della mente di ragazza
Alessia, il tempo attende
la disadorna via serale
il sogno più bello
tanto non mi lascia.
Respira Alessia.
Squilla il telefonino
parla Giovanni:
ti amo.
**

"Felicità di Alessia"

Attimi di limbo per ragazza
Alessia prima di dire pronto
al telefono che squilla
nella stanza e nella camera
della mente. In quella feritoia
di tempo accade la voce di
Alessia oltre ogni barriera
sopra ogni sillaba.
Stellante ansia e dice ti amo
Giovanni e. a poco a poco
si dirada la nebbia
apre la porta della vita
Alessia ed entra.
**

"Alessia e la pianta"

Entra nella serra ragazza
Alessia (quindici tipi di verde):
pensa: tanto non mi lascia
tra le spire del tempo.
In forma umana fuori i pini
e le alberate fantastiche
esistono ancora.
Scorge una pianta Alessia
della quale non sa il nome
e la chiama Meraviglia
nell’interanimarsi con le linfe
e ha trascritto il sogno più
bello sul diario.
Nella serra vorrebbe rimanere
Alessia e lì studiare per
domani (interrogazione su
Petrarca).
**

"Di Alessia visione"

Sera fiorevole al Parco
Virgiliano, sottesa a di
Alessia ragazza rigenerazione
nel bere l’ossigeno dei pini,
a tessere incanti nel
freddo azzurro della mente
(tanto non mi lascia)
frescura di vento liquido
sulla pelle di ragazza.
S’immerge Alessia nella
mistica visione del sentiero
a venirne cavalli bianchi
con cavalieri azzurri.
Gli occhi nel riaprirli
da registrare immagini.
L’angelo ad angolo con
il mondo le dice di non
dirla a nessuno.
**

Raffaele Piazza

sabato 25 ottobre 2014

SEGNALAZIONE VOLUMI = CHIARA ROLANDI


Chiara Rolandi - "Rupi"--puntoacapo Editrice – Pasturama – 2014 – pagg. 45 - € 8,00 - ne "I quaderni dell'Ussero" a cura di Valeria Serofilli.

Chiara Rolandi è nata nel 1976 a Varese e vive a Castello; ha pubblicato due sillogi e una plaquette.
Il presente testo, prefato con notevole acribia da Valeria Serofilli, è costituito da poesie tratte rispettivamente da “Rupi” e da “Per visibile grazia”.
Come è scritto nella nota introduttiva, si muove con rigore e misura la poesia di Chiara Rolandi, utilizzando il verso come uno strumento di esplorazione, sia del mondo esterno sia di quello interno.
Nelle due poesie estrapolate da “Rupi” l’autrice si esprime con una poetica neolirica tout court e il versificare ha un andamento composito con strofe costituite anche da una sola parola.
Le stesse strofe non superano mai le dimensioni dei quattro versi e in esse si rivela una forte densità metaforica e sinestesica.
La poeta sviluppa un linguaggio che ha un forte scarto dalla lingua standard e i segmenti si collegano tra loro per giustapposizione, nella loro frammentarietà, pur essendoci coerenza e fluidità nell’ordine del discorso.
Quanto suddetto è sotteso ad una tensione, nel versificare di Chiara, sempre connotato da sospensione e magia, che diviene icastico e nello stesso tempo leggero, veramente leggiadro nel suo estrinsecarsi.
La cifra essenziale delle due poesie “Il cesto” e “Le sue nozze” è quella di una forma elegante, concentratissima e sempre ben controllata che, per la sua vena scabra ed essenziale, ricorda le poesie del primo Ungaretti.
Chiara riesce egregiamente a condensare il suo pensiero in versi, che sono sempre levigati e luminosi come schegge e presentano anche sotterranee venature neo orfiche.
Un naturalismo rarefatto e originalissimo, nel quale la natura stessa si fa persona, connota queste composizioni, nelle quali emerge a contatto con gli elementi naturalistici (le pannocchie, l’acre odore di piuma degli uccelli, il nido di rondine, il bosco etc.), la fisicità dell’io-poetante, pronto a captare tutte le sfumature del sembiante per farne versi.
In “Per visibile grazia” la Rolandi si fa poetessa della metafora vegetale con due brevi poesie senza titolo rarefatte e sensibili nelle quali vengono detti rispettivamente il narciso e una foglia che resta nel vago.
Quella stessa foglia nella sua screziatura rosata si fa materia stellare o stirpe umana, con un forte dose di metamorfosi attraverso lo straniamento.
“La cintura di Orione” si può leggere come un poemetto costituito da brevi tasselli che efficacemente si fondono in un unicum, in un insieme più vasto.
Nell’opera è affascinante un riflettersi della parola su se stessa, ad un secondo livello profondo e sembra che l’autrice scriva, a volte, sullo scrivere stesso.
Qui domina una stesura a tratti anarchica e visionaria che a volte sfiora l’alogico.
Scattanti e precisi i versi di Chiara possono essere letti come un esempio di scrittura versatile e interessante tra i più riusciti tra quelli dei poeti della sua generazione.

Raffaele Piazza .

venerdì 24 ottobre 2014

SEGNALAZIONE VOLUMI = AMARA

Amara – "Il cuore nero dei papaveri"--Versi in ricognizione radente--Edizioni Opposto – Roma – 2014 – pagg. 95

“Il cuore nero dei papaveri” è un libro di poesia complesso e originale, composito nella sua struttura architettonica, che sottende la forte coscienza letteraria dell’autrice, che entra nel circuito letterario in modo sicuro, con un’opera armonica e ben strutturata.
Il testo è scandito in molte sezioni, a conferma dell’abilità della poeta di creare una “partitura complessa”, per usare una definizione musicale, una polisemia di significati e significanti, che rende intrigante il suo discorso, che sicuramente si può definire vagamente neolirico e che contiene una certa dose di una quasi sotterranea venatura neo orfica.
I segmenti anche brevi dai quali è costituito il testo sono:”Il tempo e la vita, Idee d’amore, Di elementi sotto pretesto, Impressioni di morte, Pensieri sciolti, Pochi appunti sulle parole, Omaggio al prefatore”.
Nel poiein di Amara si nota un versificare che riflette su se stesso, prodotto da un io-poetante molto autocentrato.
Cifra essenziale della poetica dell’autrice è un tessuto linguistico che si dilata continuamente, prende il volo e poi plana con continui spegnimenti e accensioni.
Dal sottotitolo del libro “Versi in ricognizioni radenti” si può dedurre la presenza di un’avvertita autocoscienza della poeta nel produrre una scrittura avvertita, icastica, precisa e leggera, che osserva attentamente la realtà che la sottende, realtà che dà vita alle occasioni (spesso relative al vissuto di ogni giorno, che generano le immagini relative ai testi).
Particolarmente interessante il componimento che apre la raccolta, intitolato “Da queste parti”, che ha un carattere programmatico.
Nell’incipit della suddetta composizione Amara parla del senso dei giorni che passano e mai si concludono: finiscono solo le vite che ci accompagnano, che potrebbero essere anche vite parallele.
E’ presente una profonda riflessione sul senso dell’esistere che s’inserisce nel tema dell’epica del quotidiano.
Iterativa l’ossessione per il tempo che passa che è correlata ad una redenzione dal mal d’aurora e dal male di vivere, attraverso una catarsi raggiunta attraverso la stessa pratica della poesia.
Fondamentale il senso di fisicità e corporeità dell’io-poetante detto in una poesia nella quale Amara immagina di librarsi in alto.
Nitore, chiarezza e leggerezza del dettato sono degli elementi costanti in “Il cuore nero dei papaveri” e la forma è sorvegliata e controllata.
In modo veramente alto si entra in Flash back nel tema del cronotopo, quando il continuum spazio temporale è detto con urgenza nei leggiadri versi:- “…Il tempo abbandonato all’erba/ a guardarlo dall’altura di un’amaca…”.
I versi di Amara hanno sempre una grande densità metaforica e sinestesica e la scrittura è scattante e caratterizzata da un ritmo armonico che dà il senso della musicalità.
La versificazione procede per accumulo e quasi sempre le poesie sono suddivise in strofe.
Molto densa e ricca di acribia la prefazione di Massimiliano Mannocchia, che mette in evidenza la complessità e la luminosità del libro di Amara.

Raffaele Piazza



SEGNALAZIONE VOLUMI = ANTONIO SPAGNUOLO

Da “Come un solfeggio” a “Oltre lo smeriglio”: il canto di Antonio Spagnuolo per Elena.
*
Il discorso poetico che Spagnuolo tesse da molti mesi attorno al medesimo nucleo tematico della morte della donna amata (ne sono testimonianza le due sillogi pubblicate nel 2014: Come un solfeggio e Oltre lo smeriglio), sembra volto a rappresentare la struggente tensione tra l’impoverimento di concretezza che travolge l’amata nel dispiegarsi del tempo reale e l’incremento d’invadenza della sia pure impalpabile dimensione dell’altrove nell’intelaiatura dei pensieri. Sulla scena di quel teatro di bagliori, ritorni e ossessioni che è la memoria, le immagini si susseguono al di fuori di ogni ordine cronologico e cronachistico, suggerite piuttosto da atmosfere paesaggistiche, foto e piccoli oggetti, che a lei erano appartenuti, sparsi nelle stanze della casa svuotata della sua presenza fisica. Affermazione e negazione, presenza ed assenza sono gli attori di questo dramma della psiche, complesso e senza quiete, che passa attraverso la polvere nera dello smeriglio del dolore, per tentare una sua musica verbale, un ritmo di ricomposizione linguistica, attraverso prove di canto, quei solfeggi, che, come scrive Ugo Piscopo, alludono a “situazioni di assaggio e di varianza”, tra distanze ed approssimazioni al senso ultimo dell’essere e del non essere. E, di fatto, tra l’abbandono effusivo dei testi di “Come un solfeggio” e la qualità prevalentemente lirica di quelli contenuti nella seconda parte di “Oltre lo smeriglio”, si apre nella prima parte della stessa silloge una ferita profonda, un durissimo ostacolo di natura emotiva e gnoseologica sul quale Spagnuolo sembra inciampare: le tessere del mosaico memoriale, infatti, si sparpagliano in un indecifrabile caos che si converte linguisticamente in una mescolanza di termini rari, ambigui, settoriali, o comunque attinenti al mondo concreto delle cose con altri di chiara impronta psichica, “campo lacerato” in cui l’ombra di lei “ruffa balbuzie”.
In ogni caso, la stretta relazione fra il linguaggio del subconscio e quello poetico, che come il primo procede per simboli, ha lo “scopo di una rappresentazione sub/reale della vita”, impedendo “la spirale del disfacimento”: l’eros per la parola, per il suo suono, per le figure retoriche che fanno velo e producono inattese e misteriose evocazioni, per l’armonia del tessuto testuale in sé, è il solo, infatti, a giustificare l’eternità del canto; quest’ultimo si dispiega quasi parallelamente a quella sonorità musicale dalla quale l’autore fa emergere anche la figura dell’amata, grazie alla quale può coniugare armoniosamente i segni della vita e della poesia, la fiamma dell’ eros fisico e dell’eros verbale, la conoscenza dell’altro e del sé nel tempo ed oltre il tempo.
Ho tra virgolette citato qualche frase o sintagma dall’ “Antefatto (o prefazione) dell’autore”, per evidenziare come esso non ricalchi affatto le solite visitazioni al testo, riguardanti per lo più solo l’aspetto contenutistico dello stesso, ma costituisca una breve quanto intensa dichiarazione di poetica praticabile in questo nostro tempo caratterizzato dalla crisi “non solo di linguaggio, ma di tutta una cultura politica e borghese”. Questa così acuta attenzione al problema del dire poetico serve a collocare l’evento personale su un piano di riflessione che coinvolge tutti gli scrittori, ricordando loro come la qualità del linguaggio creativo costituisca la vera cartina di tornasole del clima etico-ideologico di una società, e che, dove esso venga compromesso alle sue radici, anche il lettore perderà il diritto a concorrere “con la sua immaginazione e la sua pregnanza a dirigere l’astrazione verso le sfere della creatività”, nutrendo verso di esse quell’indifferenza che è, oggi, così palese e preoccupante.
Tra i compiti della parola poetica si colloca, dunque, anche l’indagine dell’indicibilità dell’Altro e dell’Oltre, in quanto elementi del pensiero: e, se l’urto fra le due dimensioni del contingente e del meta-contingente genera la sua deflagrazione in una miriade di dubbi e di domande, è la seconda dimensione a sovrastare la prima, allorché la fuga dalla realtà sensoriale dei morti innesti una doppia ambiguità: quella del passato che non ritorna più e che è solo frammento, bagliore, sentimento, grumo di gesti, sorrisi, colori, e quella di una realtà troppo illimite per abitare il recinto del pensiero, e che tuttavia chiede al poeta un qualche scioglimento, un abbandono, una scelta “fra l’insonnia e il timore”. Questo dialogo fra il poeta e l’amata si trasforma in una incantevole anticlimax nel testo “Talvolta” ( in Oltre le smeriglio): l’ora è quella del tramonto, la più evocatrice dello scoloramento delle cose nel buio avanzante della notte; ed il poeta enumera i verbi del suo essere solo: “attendo”, “immagino”, “non posseggo” “svanisco”. E, tuttavia, nonostante lo struggimento e lo strazio, solo raramente è dato d’imbattersi in una poesia capace di cantare con tale coerenza “la bellezza del dolore”, come scrive Ninnj Di Stefano Busà, e, mi piace aggiungere, la sua insita sacralità.

Franca Alaimo
23 Ottobre 2014

lunedì 20 ottobre 2014

SEGNALAZIONE VOLUMI =SIMONETTA LONGO

Simonetta Longo – “Notturlabio” -Previsioni dall’ombra- puntoacapo Editrice – Pasturama (Al) – 2014 – pagg. 123 - € 13,00

Simonetta Longo è di origine salentina e vive e insegna a Milano dove gestisce un laboratorio di poesia.
Una prima versione inedita di “Notturlabio” si è classificata quarta al Premio Città di Castello, 2012.
Sul sito ufficiale www.simonettalongo.it è possibile trovare, tra l’altro, le immagini delle ecfrasi contenute in “Notturlabio”.
“Notturlabio” non è solo una raccolta di poesie, ma è un libro compiuto, scandito in sei sezioni, composito e bene strutturato architettonicamente.
Per comprendere il senso del titolo è necessario mettere in rilievo che il Notturlabio stesso è lo strumento antico usato dai navigatori per orientarsi nell’oscurità.
Il suddetto oggetto sottende un’idea di ricerca in campo esistenziale dalla quale il testo è pervaso.
Le scansioni sono precedute dalla poesia eponima che ha un carattere programmatico e un andamento neolirico, icastico e leggero.
Il Notturlabio stesso diviene simbolo della tensione verso un viaggio che è la vita stessa che si fa poesia.
I versi sono cesellati con raffinatezza e la forma è sempre elegante e controllata.
I nomi delle parti dalle quali il testo è composto sono legati a previsioni sui cinque sensi e a un “quinto senso e mezzo”.
La poeta realizza nella scrittura una gradevole linearità dell’incanto e il linguaggio presenta una forte densità metaforica e sinestesica.
Il dettato è venato da una magia legata a levigatezza e domina un senso di mistero evocata dalla sfera di berillo per predire il futuro e dal labirinto che viene nominato.
Il versificare della Longo è veloce e scattante e i sintagmi procedono per accumulo.
Elemento originale di questa scrittura sono i richiami dal mito, come quando sono detti il minotauro, Teseo, Medea, Andromeda e Medusa, per fare qualche esempio; ciò crea un’immersione nel mondo classico con una patina arcaica ed è presente il tema della metamorfosi.
L’io-poetante è molto autocentrato nel suo riflettersi nello specchio che ne rimanda un’altra identità
Fondamentale è il senso del’esoterico che serpeggia in tutto il testo, per esempio nell’immagine di una lettura di premonizioni letta sul fondo di una tazza di te nero.
A volte l’io-poetante si rivolge ad un tu del quale ogni riferimento resta taciuto, tranne quello di essere la figura dell’amato al quale la poeta si rivolge in modo accorato.
L’atmosfera che si respira nell’insieme dei componimenti è quella dell’epicità di un quotidiano che si proietta nel passato e si avverte spesso la presenza di un erotismo dolce e sensuale.
Spesso le poesie sono ispirati da opere pittoriche di autori famosi, come Dalì, Morandi e Boccioni.
Nel sottotitolo “Previsioni dell’ombra” è sotteso il richiamo all’ombra in senso junghiano da intendersi come lato oscuro e inconscio dell’anima.
Il viaggio, l’orientamento, l’uscita dalla notte, nel farsi esercizio di conoscenza tout-court.

Raffaele Piazza

sabato 18 ottobre 2014

SEGNALAZIONE VOLUMI = FELICE SERINO

Felice Serino – Di un trasognato dove (100 poesie scelte)
Rosso Veneziano – Roma – 2014 – pagg. 124


Felice Serino, l’autore della raccolta di poesie che prendiamo in considerazione in questa sede, è nato a Pozzuoli e vive a Torino.
E’ un poeta tradotto in sette lingue, cura numerosi blog e ha vinto diversi premi letterari; ha pubblicato molti libri di poesia.
Il testo è composito, scandito in cinque sezioni, ed è ben articolato architettonicamente divenendo un libro compiuto.
Tutti i componimenti de Di un trasognato vivere sono risolti in unico respiro, iniziano con la lettera minuscola, elemento che dà il senso di un’arcana provenienza e presentano quasi sempre un azzeramento della punteggiatura.
Cifra distintiva della poetica del Nostro, in questo libro e nei precedenti, è quella di una vena spirituale, che si realizza in un misticismo moderno, luminoso, che s’invera nell’immanenza, che è spesso il mare magnum della quotidianità.
Anche le frequenti descrizioni naturalistiche, come anche la corporeità dell’io-poetante sono pervase da una forte vena mistica.
Programmatica la prima poesia del testo intitolata In una goccia di luce, che ha per argomento i temi del limite, della morte e dell’oltre, inteso come uno sperdersi nell’universo, divenendo, appunto, una goccia di luce.
Chiarezza e nitore del dettato connotano i versi di Serino che procedono per accumulo e in lunga ed ininterrotta sequenza, emergendo gli uni dagli altri, quasi per una sorta di gemmazione.
Già dal titolo del libro Di un trasognato dove si può intuire il carattere saliente delle poesie di questo testo e cioè quello di una ricerca che avviene come un sogno ad occhi aperti, ricerca di Dio e del trascendente che s’inverano nella natura e nella creatura umana che diviene persona grazie proprio al valore salvifico della parola poetica detta con urgenza, ma sempre controllata.
Il dettato è leggero, icastico e fluido e, nel tessuto linguistico, si realizzano magia e sospensione attraverso la densità metaforica e sinestesica, che permea i testi.
Le poesie presentano diversi registri espressivi.
In Non ricordo la voce poetante è quella di Dio stesso che parla dell’albero di sangue del Figlio che espande nei secoli le sue radici in un abbraccio totale.
Il sacro, nella sua fusione con il contingente, è l’etimo segreto che alimenta la fonte dalla quale emergono i versi di Felice Serino.
A volte compare un tu del quale ogni riferimento resta taciuto nell’accrescersi dell’alone di mistero.
E’ presente il tema della creazione di Eva in un componimento molto alto, tra i tanti connotati da un tono biblico.
Particolarmente bella la poesia Oasi di verde. nella quale è detta l’atmosfera sospesa ed idilliaca della lettura di un libro en plein air, in luogo ameno di alberi, mentre passa una ragazza che fa footing.
Il mondo poetico di Serino, nel panorama attuale,è veramente originale per la sua sete di trascendente e per i suoi contenuti potrebbe essere paragonato a quello di Turoldo.

Raffaele Piazza

sabato 11 ottobre 2014

SEGNALAZIONE VOLUMI = ANTONIO SPAGNUOLO

ANTONIO SPAGNUOLO : "Oltre lo smeriglio" - ed- Kairòs- 2014 - pagg.58 - € 10,00 -
- Qui, ora, nel tempo dell'assenza, la dialettica tra eros e thanatos si fa confronto serrato, dispiegato con strumenti espressivi di altissima qualità, raffinati sì, ma ben consapevoli della durezza dello scontro, dell'atroce bellezza, o meglio del bello come principio dell'orrido, cui fa riferimento Rilke nella prima Elegia di Duino, ben lontani, insomma, dalla mera levigatura. Non politesse, dunque, né lucidature, ma, al contrario, un fronteggiarsi di due principi opposti e coesistenti, la cui resa - non arrendevolezza! - nella parola poetica assume un valore intenzionale, manifesta il suo intento programmatico.
Grande dignità viene attribuita dal poeta a chi legge, scorge, interpreta, discerne. Visioni, colori, oggetti, sia nel loro palesarsi come frammenti, raggi obliqui di memoria, sia in corali e sinfonie che ricompongono l'insieme, sorprendono e strattonano, confortano e offrono "pause di respiro".
ANNA MARIA CURCI

venerdì 10 ottobre 2014

SEGNALAZIONE VOLUMI = FRANCESCO BELLUOMINI

UN LIBRO IN LINEA CON LA STORIA, CHE PUR NELLA SUA CRUDEZZA CALAMITA L’ATTENZIONE DEL LETTORE

di Ninnj Di Stefano Busà

Libro potente eppure avvincente per le sue molteplici implicanze, per i tratti della Storia che vengono evidenziati con grande sagacia e veridicità, con obiettività ed estremo rigore d’indagine, quello di Francesco Belluomini. Il titolo è molto azzeccato: "Sul crinale dell’utopia", non poteva essere più evidente. Si tratta di un romanzo affascinante, ma anche crudo e inclemente verso sommovimenti spietati e rivoluzionari che hanno fatto la vicenda cronologica di tutti i tempi.
Il libro è fortemente impregnato di idealismo dei suoi personaggi, a partire dalle istanze utopistiche del primo, certo Eugenio Del Sarto che fu veramente impersonato da Eugenio Del Magro, anarchico e sovversivo elemento di spicco del movimento comunista viareggino.
La storia si svolge attraverso numerose e disperanti vicissitudini dell’uomo: dalla persecuzione fascista, alla fuga con al seguito la famigliola verso altri territori neutrali di mezza Europa, fino a riparare in esilio in Unione Sovietica, dove giunge con moglie e figli piccoli appresso, per sfuggire a morte sicura. Vi si reca in qualità di giornalista, ma nella realtà come rifugiato politico, per scampare alle peripezie e intolleranze di un regime fascista. Purtroppo anche qui, la sua indole ribelle, combattiva e anarchica viene a scontrarsi con il potere e la censura russa, notoriamente dittatoriali.
Viene internato per attività illecite controrivoluzionarie della Repubblica del Baltico, rinchiuso in un gulag della Crimea dove morirà nel 1938.
Altro grande protagonista della trama è Fiodor Levkilyi (immaginario interprete) di altre avventure rivoluzionarie, (anime inquiete! si direbbe) se non fosse che il mondo è pieno di questi uomini, trabocca di questi personaggi che hanno fatto la Storia dell’ultimo secolo e non solo). Fiodor finisce nelle maglie della legge come disertore. La vicenda dei due appare complementare, anche se diverse come personalità e indole, sembrano affini per molti versi, soprattutto per essere entrambi “teste calde”, anime combattive che le traversie della vita hanno contribuito a privarli di quella pace interiore che le rivoluzioni vere o ideologico-retoriche di tutti i tempi hanno innescato.
Vige un sottofondo di morale in tutto il romanzo. A mio avviso, Francesco Belluomini vuole mettere in evidenza il “male assoluto”: le guerre, le dittature, le ingiustizie, della cui necrosi si rende responsabile verso La Storia ogni uomo che si arroga un diritto nei confronti dei suoi simili, in second’ordine le conseguenze che ogni azione forzosa (nella fattispecie ogni potere assoluto, privato di democrazia) riflette sugli esiti esistenziali di chi non ha voce, dei diseredati, dei miseri.
In questo romanzo Belluomini appare obiettivo e onesto nell’evidenziare fatti e personaggi; estremamente fedele alla storia e ai suoi accadimenti fino ad indurre il lettore a riflessioni sui metodi fascisti, come delle dittature di tutte le rivoluzioni bolsceviche (compresa quella odierna).
Delinea con rigore e aderenza logica l’orrore dei “gulag” staliniani alla fine degli anni Trenta. Lo fa con una capacità storiografica retrospettiva tra le più autentiche e avvertite. La saggezza dell’autore sta nell’indurre il lettore alla logica azione che comporta ogni sopraffazione. Un libro da leggere, un romanzo storico che innesca una certa curiosità per fatti e processi ontologici che giungono fino ai nostri giorni con gli attacchi di Mosca e della vecchia URSS, i bombardamenti aerei e di terra del premier moscovita verso le piccole regioni che chiedono l’indipendenza e i diritti alla libertà.
Un romanzo che ancora sta evidenziando lutti e perdite del patrimonio umano che continua a perpetrare il suo guasto nei gangli indifesi delle popolazioni indigenti.

giovedì 9 ottobre 2014

SEGNALAZIONE VOLUMI = LUANA FABIANO

Luana Fabiano – “Respiri violati” - puntoacapo Editrice – Pasturana (AL) – 2014 – pagg. 79 - € 10,00

Luana Fabiano nasce a Catanzaro nel 1978; ha pubblicato nel 2013 la silloge “I covoni della speranza”, che è risultata finalista al Premio Internazionale di Poesia, Prosa e Arti Figurative “Il Convivio 2013”.
Con “Respiri violati” la poeta raggiunge la sua piena maturità espressiva.
Il testo, ben articolato architettonicamente, presenta una prefazione di Antonio Spagnuolo ricca di acribia ed è scandito in due sezioni: “Bellezza confinata” e quella eponima.
Come scrive lo stesso Spagnuolo, la Fabiano, in questa silloge, ha cercato di dare respiro a tutta quell’umanità dimenticata, nel caso dei manicomi, ad esempio, o all’umanità abusata dei bambini, tanti cappuccetti rossi.
Una vena di drammaticità connota la raccolta, elemento che bene si combina con una certa pesantezza del dettato, da non intendersi in senso negativo.
Una scrittura corposa e magmatica caratterizza i testi, fattore che si amalgama bene alle loro dimensioni, alla loro estensione, quasi sempre notevole.
Caratterizzano la poetica dell’autrice magia e sospensione; frequente è l’aggettivazione,
I componimenti hanno una forte densità metaforica e sinestesica e spesso, nel tessuto linguistico, si realizzano accensioni e spegnimenti, con un forte scarto dalla lingua standard.
La scrittura è del tutto antilirica ed antielegiaca e spesso vagamente anarchica, fino a sfiorare l’alogico.
Cifra essenziale del testo pare essere l’originalità, che si collega ad una notevole icasticità.
La lettura dell’opera potrebbe far trapelare, nella mente del lettore, una visione del mondo pessimistica: questo è vero in gran parte, anche se l’autrice non si geme mai addosso, producendo una scrittura controllata; anche nel peggiore dei mali aleggia un senso di vaga speranza.
Le descrizioni procedono per accumulo di immagini ben delineate che s’intersecano le une con le altre e che sono irrelate tra loro.
Le poesie sono sempre lunghe e molto dense a livello semantico e spesso il non senso domina nella scrittura e le descrizioni sono crude nel loro delinearsi in bilico tra gioia e dolore.
Il ritmo dei sintagmi è serrato e produce musicalità e le descrizioni naturalistiche sono rarefatte e intense, soprattutto nel tracciare immagini di vegetazioni che tendono ad una profonda bellezza, una bellezza confinata nel dolore dell’esserci nel mondo.
Colpisce, soprattutto nella seconda sezione, una vena affabulante nel dipanarsi dei versi dell’autrice sempre ben cesellati con grande raffinatezza con uno stile elegante.
A volte s’incontra un “tu” al quale Luana si rivolge, figura del quale ogni riferimento resta taciuto.
Già dal titolo “Respiri violati” si evince la forte carica del male che connota questa scrittura: se il respiro sottende la vita, violare il respiro stesso è qualcosa che va contro ogni principio etico.

Raffaele Piazza.
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SEGNALAZIONE VOLUMI = MARINO PIAZZOLLA

Marino Piazzolla – “Le mie teorie eretiche” -Conversazioni a Radio France Culture - Fermenti Editrice – Roma – 2014 – pagg. 125 - € 15,00

Marino Piazzolla, nato a San Ferdinando di Puglia (Foggia) nel 1910, è stato un poeta significativo del Novecento italiano.
Si è interessato anche di saggistica e critica d’arte.
Nell’ambito del mondo letterario, ha ottenuto consensi e premi, per le sue numerose pubblicazioni. Tra i molti si sono occupati di lui Govoni, Sbarbaro, Sartre, Cecchi, De Libero, Marotta, Sansone, Frattini etc.
La sua personalità, poliedrica e complessa, è connotata da un misticismo del tutto personale e non confessionale. Intriso di un'analisi del mistero interiore.
A volte si ispira a motivi d’occasione, come quando cita il padre, la madre, l’amata defunta, rievocando particolari di vita e d’ambienti. Non banali o generici.
I suoi versi spesso trattano temi non legati alla concretezza del vissuto: come si verifica in “Lettere della sposa demente”, in cui il clima diviene visionario e febbrilmente evocativo.
Lui stesso ha ammesso di avere ricevuto il suddetto testo come in visione, confermando il suo temperamento atemporale e allucinato.
Ne “Il pianeta nero”, si sente invece coinvolto in vicende apocalittiche, riguardanti le guerre, le dittature, il fanatismo espugnativo di una realtà tragicamente realista.
Dopo la morte, avvenuta nel giugno 1985, si è verificato un crescente interesse per il poeta. Sono stati pubblicati scritti critici e testimonianze, e si sono svolti convegni dedicati alla sua attività molteplice, in occasione del centenario della nascita , che si è ricordato nel 2010.
Il testo di Piazzolla di cui ci occupiamo è “Le mie teorie eretiche”.
Viene spontaneo chiedersi perché?
Se “eresia” significa qualcosa che va al di là di dogmi o di massime prestabilite, possiamo intendere che il poeta è cosciente che la sua stessa personalità di artista si colloca su un piano diversamente critico, rispetto alle convenzioni letterarie imperanti e non solo per una esigenza estetizzante, che lo porta ad una concezione etico- estetica.
In tale accezione, per estensione, dobbiamo considerare il termine “eresia” come segno di rottura o tesi alternativa.
In tal senso lo stesso pensiero divergente diviene eretico tout-court per l’accentuata esigenza di scrutare le ragioni della creatività in confronto con fatti attuali, storici, filosofici, letterari.
“Le mie teorie eretiche” è un saggio composito, costituito da dieci conversazioni in francese con il poeta a Radio France Culture, condotte da Olivier Germain Thomas e Estelle Schlegel, avvenute tra il maggio e il giugno del 1978 a Roma.
Il libro presenta la revisione, l’adattamento e l’introduzione del curatore Donato Di Stasi e la traduzione dal francese di Francesca Celli.
Come dichiara lo stesso curatore, l'artista mostra che da un nucleo poetico centrale si può procedere per moltiplicazioni concettuali ed emotive fino a produrre effetti stranianti, per generare un meraviglioso stupore, lo stesso che potrebbe avvincere lo spettatore, quando per la prima volta si trovasse a contemplare la Flagellazione di Piero Della Francesca, o la Trasfigurazione di Raffaello.
Se per Jean Cocteau la poesia appare più vecchia che eterna, Piazzolla non teme di dissetarsi alla fonte di un’eterna giovinezza scrittoria: questo può essere giudicato insopportabile passatismo o revanscismo lirico, oppure se ne può sottolineare l’onestà, nel corso di una ricerca autentica di senso di fronte al degradarsi dell’esistenza in automatismi disumanizzanti.
Attraverso le domande dei due giornalisti, le risposte di Piazzolla e le sue argomentazioni provocatorie, emerge la complessa immagine di un intellettuale da scrutare per un raffronto da incontro/scontro, da sobbalzo per tante civiltà deteriorate dall'ottusità. E il volume invita ad una riflessione controcorrente per sottolineare pregi e difetti della conoscenza imposta o subita.
I temi affrontati spaziano dal sacro all’estetica, dalla politica alla storia, dalla letteratura all’arte in generale. Non escludendo un'attualità che sa di rievocazione di personaggi da riproporre, dando risalto a una poesia di scontro/folgorante. E in tale ricerca vibrante non manca la filosofia come storia del pensiero e non già di formule delle cricche.
Nella Conversazione n.1 del 2 maggio 1978 – preliminarmente viene descritta l’ambientazione dove si è svolta la prima intervista, l’appartamento dove vive lo scrittore composto e aperto come un microcosmo.
La Schlegel parla degli occhi del poeta accesi di collera e passione; aggiunge che l’intellettuale che li accoglie pare avere mille anni e che le sue parole, come una caverna spalancata, urtano e colpiscono..
La prima intervista ha il sottotitolo “Il silenzio all’interno delle parole. Il vuoto come fondamento dell’arte. La falsa contrapposizione tra metafisica e scienza”.
Nel suddetto colloquio l'intervistatrice, che è anche una conoscitrice di antropologia e storia, chiede all’autore di illustrare il suo rapporto con la sacralità.
A questa domanda Piazzolla risponde affermando di credere nel sacro e che il sacro l’aiuta. Ma un sacro che sa di creatività che approfondisce, fino a divenire pretesto, ragione di ricerca. Nous di significati da decifrare.
La chiesa laica e concreta. Qui sta la contraddizione umana di Piazzolla.
Estelle Schlegel definisce il poeta come un mistico con i piedi radicati nella terra d’occidente e lo sguardo fisso nel silenzio di un principio divinatorio: Marino Piazzolla è qui, ma ci conduce con i suoi discorsi ai confini del mondo, dove ricolloca principi matematici o dettami capaci di negare l'esaltazione dei totalitarismi violenti in nome di una magia da costruire com'è il caso dell'espressione delle triadi, che porta alla volontà della crescita.
Piazzolla era anche pittore, senza avere studiato in nessuna accademia, e afferma che il suo credere nel sacro si può esemplificare attraverso suoi disegni, interpretati da critici come esempio di una metafisica non obsoleta.
Il poeta dichiara che i suoi primi quadri risalgono alle fine degli anni sessanta e fanno pensare a qualcosa che si situi in una dimensione ancestrale e che contemporaneamente si proietti in un tempo a venire, altrettanto remoto e indecifrabile.
Il poeta cita Simone Weil e la sua affermazione legata alla solitudine, poiché la solitudine è carica di silenzio e di meditazione.
Olivier Germain Thomas, che qualche hanno dopo sarà insignito del premio Larbaud, afferma che il silenzio occupa un posto di rilievo nell’opera “Viaggio nel silenzio di Dio”, il cui percorso raggiunge le dimensioni, del naturale, dell’umano e del cosmico.
L’autore aggiunge che bisogna ricercare le condizioni di un silenzio autentico per ritrovare l’essenza di una realtà duratura e stabile.
Nel nostro panorama emerge originale la figura di Piazzolla con la sua inclinazione a una ricerca guidata spesso da principi umano-filosofici che non divengono mai dottrinari o dogmatici. .
Il poeta afferma che è il silenzio interiore che gli guida la mano perché il silenzio lo rende maturo per la meditazione e dopo una lunga riflessione avverte il bisogno di costruire, di creare, come se una potenza indefinita lo spingesse ad esprimersi per oggettivare il risultato della riflessione stessa che si è svolta nella completa assenza di suoni e rumori.
Questo almeno come aspirazione e illusione.
La sua ricerca si svolge verso l’impersonale e l’immutabile nella direzione in cui ha riflettuto e teorizzato Simone Veil.
Si potrebbe aggiungere che la parola e il tratto, scaturendo dal silenzio, stimolino la produzione di un'arte dell'evoluzione che sa di autocoscienza.
Il giornalista chiede all’artista se, come scrittore e poeta, è riuscito a riprodurre le sue visioni interiori.
Marino risponde che, come scrittore, c’è riuscito alcune volte, altre volte no.
Alla base della sua esperienza creativa, dichiara che c’è una specie di raptus, dal quale è colto mentre scrive, capace di modificare all’eccesso l’idea poetica centrale, come se si trattasse di autogenesi.
Poeta e rivelatore del mistero, dunque Piazzolla; in lui la categoria estetica e quella contemplativa si congiungono e si fecondano, attraverso l’avvertita sensibilità e la coscienza letteraria.
L’autore, nella solitudine, s’immerge in una dimensione quasi fuori dal tempo per superare certo superficiale consumismo tanto in vigore negli anni ’70.
Si può notare l’approccio creaturale di Piazzolla alla vita, nella sua tensione verso una ricerca dinamica di discussione.
Tramite l’apertura verso una sperimentazione di dubbio e di domande lo scrittore prova a uscire allo scoperto dalla solitudine, nel confronto con l’alterità, che è anche il circuito letterario e culturale a lui contemporaneo, con il quale ha interagito con esperienze fruttifere coltivate in Francia e realizzate in Italia, come documentano la prefazione, la ricca bibliografia e le notizie biografiche. .

Raffaele Piazza
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mercoledì 8 ottobre 2014

POESIA = RAFFAELE PIAZZA

"Alessia e i fuochi d’artificio"

Sera selenica di Alessia,
fresco nelle fibre di ragazza,
cellule d’anima nella camera
della mente se annotta, l’acquata,
la mareggiata sembrano
imprendibili. Silenzio. Piove
acqua dal cielo, battesimo
di salvezza: tutti i figli di
vent’anni sono fuori casa:
Alessia ne ha sedici
(tanto non la lascia)
(tanto supero l’esame di latino).
(sarò madre?).
Nell’inalvearsi dei pensieri
nel fiume azzurro
a intessersi ad angolo retto
con il sembiante polito,
entra nella doccia
ragazza Alessia.
**
"Alessia e i volatili"

Stormo di passeri a volare
sull’albereto dove iridata
negli occhi dalla luna
Alessia guarda il cielo
tessendo la storia dei baci
e sta infinitamente.
Il tempo attende la disadorna
via serale di campagna
per fare l’amore con Giovanni.
(E se mi lascia?)
Rondini migranti a ovest
della vita di Alessia
nella chiostra necessaria
della gioia a vivere
nell’attimo tra prima e dopo
di favola o fabula l’amore
nel continuarne il percorso
fino a resurrezione nel lago nuda
ad accoglierla, mentre passano
gazze nere senza rubare.

**
"Alessia e l’attimo incantato"

Feritoia di luce tra prima e dopo
per ragazza Alessia sulla soglia
della vita al Parco Virgiliano
a intessersi le sue fibre con di ossigeno
purezza nello scendere nell’anima
di Alessia di gemmanti in tenero
verde ricordi di letti con Giovanni
e stanno infinitamente le mani
di Alessia protese verso il sole
in una nuova verginità di luminosità
e del corpo di Alessia en plein-air
nello scorgere l’argento delle
rondini a scrivere con le ali
amore nel cielo con incerta
grafia animale e tutto accade
nel tempo, la ripetizione delle cose
nell’aria di vetro polito nello scorgere
la festa della sera inverarsi negli
occhi di ragazza davanti alla
tensione di platino alla gioia..
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Raffaele Piazza