venerdì 29 luglio 2016

SEGNALAZIONE VOLUMI = LUCIA GADDO ZANOVELLO

Lucia Gaddo Zanovello : “Consapevolvenze” – Ed. Joker 2015 – pagg. 100 - €14,00 –
Linguaggio decisamente aperto per una poesia che affonda pagina dopo pagina il suo umore nelle policromatiche incisioni della quotidianità. Versi che diventano pennellate di affreschi nel consapevole gioco della memoria , delle esperienze , delle vicissitudini, delle figure , per confluire nel corpus di un realismo magico , solo in apparenza illusorio. Il tangibile , il corpo , la pelle , altro non sono che linguaggio in una catena di simboli , di rimandi , di corrispondenze semantiche e consapevoli , per cui naturalità e franchezza diventano sottile indagine psicologica. "Dal punto di vista formale - scrive Sandro Montalto nella prefazione - questa silloge ricalca sostanzialmente i moduli di tutta la produzione dell'autrice : improvvisi ed eloquenti addensamenti di rime e allitterazioni sopratutto a fine testo; vocaboli rari e preziosi; virate ottenute grazie al cambiamento di una o due lettere..." - Anche se il fiore appare debole creatura la luce del sole inonda ed inebria fra le pietre scomposte, il simbolo palesa le immagini in un contesto naturale del nuovo. “Svegliami da questo sonno/ acceso di dubbio/ togli le lenti spesse degli anni / cadute sull’infanzia d’oro dell’estate/ inesausta di sorrisi…” Iridato barlume di promesse , quasi sussurrato in preghiera, immagini che insistono tra le ombre ed i brividi , per realizzare un tessuto poetico di notevole captazione.
ANTONIO SPAGNUOLO

martedì 26 luglio 2016

POESIA = ANTONIO SPAGNUOLO

“Immagini”
Per raccontare illusioni alla luna
devo ritrovare le immagini del mondo che sparisce.
Forse nel brillare del motivo, che alla deriva insiste
nell’incerta lontananza, bisogna ricucire le ore
che hanno ferito il corpo disciogliendo leggerezze.
L’approdo del silenzio è la rinuncia
che diventa uno sguardo perduto nel tuo segno,
ed il ricordo ha il marmo che scolpisce
grigio il residuo della memoria,
attimi nell’aspro separare il tuo ritorno.
*

ANTONIO SPAGNUOLO

lunedì 25 luglio 2016

POESIA = RAFFAELE PIAZZA

"Alessia e le fresche acque"

Fresca di luglio sorgente
per Alessia nel dissetarsi
dopo aver corso nel prato
scalza giocando alla California.
Il ruscello s’inalvea nel lago
in percorso fantastico
nel lambirne con gli occhi
politi i margini Alessia.
Poi, pari a Laura, entra
nell’acquoreo elemento Alessia
polita come una stella.
Nel rigenerarsi senza limiti
nuotando da riva a riva,
la frescura a giungerle a di
18 grammi l’anima di ragazza.
Il gioco avviene nel meditare
di rigenerazione la gioia
e così esiste Alessia.
*

"Alessia e la conca di tramonto"

Parco Virgiliano, a piene mani
da respirare ossigeno per ragazza
Alessia nell’interanimarsi
con del tramonto d’arancia la
conca. Attimi di limbo rosapesca
e scorge Alessia di un bimbo
l’innocenza giocare a cogliere
dell’erba il verde nello stupore
dell’età a invadere Alessia ragazza
già donna. Tra i meandri del Parco
vede venire Alessia Giovanni
nerovestito e trasale. Occhi
negli occhi (speriamo non mi lasci).
*

"Alessia trascrive il cielo"

Firmamento infinito a sovrastare
del Parco Virgiliano il sembiante,
stelle intermittenti dopo Venere
per prima ad angolo con di Alessia
un rigo del pensiero. Osserva ragazza
Alessia un jet dalle luci rosse, un
gabbiano raro e la rosa canina.
Abbraccio di Alessia con dell’universo
la natura da trascrivere nel puro
incantarsi il cielo. Ecco una nube
da ovest a poco a poco sfioccarsi
grandiosa gioia per Alessia nello
scorgere Giovanni avvicinarsi.
*

"Alessia legge il fiore azzurro"

Discesa nel condominiale
parco di Alessia nello scorgere
una nuvola grandiosa e un
jet che trasporta i nostri figli.
Trasale Alessia nello scorgere
fiori azzurri dalla pianta senza nome
vicino a del limone il giallo.
Chiede felicità Alessia al cielo
che non sia più nuotando esistere
ma vita gemmante in nuovi
verdi di foglie affascinanti.
Poi vede la luna tinta da dei
fiori quell’azzurro che è a lieto
fine favola. Sarà un presagio?
Sarò felice? Si chiede Alessia
e una nave attraversa
un’altra estate. .
*

"Alessia ride d’estate"

Sole nello scendere nell’
anima di Alessia a riscaldarla,
pace di grano nel campo caldo
per Alessia e Giovanni.
Lui la tocca e ride Alessia
come una donna sedici
anni contati come semi.
Fanno l’amore nel guardare
Alessia spighe e cielo
con la paura di essere lasciata
ad accrescere dei sensi
l’estasi. Cerca gli occhi
di Giovanni Alessia.
Li trova e legge cose belle.
Trasale nella gioia rosa
a pervaderla.
*

"Alessia gioisce nel giardino"

Cammina Alessia all’ombra
di centenari da rinominare
alberi. Sorgivo giardino per
Alessia coltivato con degli
occhi la pazienza. Ha sognato
i limoni stanotte Alessia,
il giallo a stellarla nel rigo
della mente. Prosegue e tra
querce e olmi e pini,
un limone intravede e i suoi
frutti. Sala Alessia le scale
del rifugio nel collegare sogno
e realtà nel gioire, Giovanni
attendendo per fare lì
l’amore.
*

"Alessia e il delfino di platino"

Fresche acque del Mediterraneo
dalla pelle all’anima di ragazza
Alessia nel rigenerarla dopo l’amore
fiorevole con Giovanni. Nuota
Alessia pari a un angelo nello
scorgere di platino un delfino
accanto a giocare con ragazza Alessia
nel trasalire per la sua bellezza
(presagio di vita), pensa nel ridestato
stupore nella fabula che finisce
bene e poi esce vincente dalle
acque.
*

"Alessia va a pesca"

Barchetta blumare nell’attraversarlo
spessore acquoreo nell’iridare
Alessia nei giochi del sole a poco
a poco tra luci e ombre con la vita
nell’amo con l’esca da gettare
nella profondità della trasparenza
per ragazza Alessia. Tira la lenza,
l’avverte Giovanni e Alessia
porta su di tre chili un cefalo d’argento.
Erano 4 ore che non prendevano nulla.
Trasale Alessia felice e sudata, si tuffa
per la gioia e rigenerarsi nel liquido
elemento e spera che l’amato
non la lasci, nell’interanimarsi
con la luna assente.
*

"Alessia al matrimonio"

Aria di festa azzurrra di cielo
a interanimarsi con di Alessia
l’anima (si sposa Veronica
l’amica), agosto di sorgente.
Alessia e Giovanni dalla chiesa
escano dopo la funzione
per la vita.
Riso gettato di augurio buono,
a Posillipo di Sant’Antonio
la chiesa. Trasale Alessia
e pensa al suo matrimonio
o se sarà leggera convivenza
senza figli. La mappa per
la duale scelta, limbo
duale per Alessia e l’amato
e Veronica è incinta.
*

"Alessia miete stelle"

Sosta nel giardino segreto
dell’ albereto di pini al Parco
Virgiliano per Alessia
nottevestita a mietere stelle.
Le prende con gli occhi
e le mette in una cesta di
fortuna a brillare come
nell’iridarsi di luce diamanti.
Arriva Giovanni e le dice
che è lei la stella più
bella e vuole mieterla.
Trasale Alessia e si spoglia
tra erba e piante.
*

"Alessia chiede felicità"

Distesa sul terrazzo dell’attico
solo azzurro polito, soltanto azzurrità
per Alessia a farle sorgiva
veste ad angolo con il mondo
per uscire fuori dal palazzo,
scale di marmo bianco a chiedere
felicità. Non elemosina per
ragazza Alessia ma sincerità,
pianta rarissima. Tra segnali
di sguardi conniventi scorge
Alessia di Veronica gli occhi,
amica guarita, e si accende
in quelle sclere e nero di pupille
la gioia di Alessia. (Veronica
le vuole bene). Poi dopo
un ruscello di risate a fare bene
s’incamminano Alesia e Veronica
per il sentiero e la linea di
sorgente. Dice l’amica secondo
me Giovanni te lo sposi, però
devi comportarti bene!!!
Urla il gabbiano: attenzione!!!
Alessia è felice e pensa al
da farsi. Squilla il cellulare
di Alessia, è Giovanni: ti amo!!!
Alessia non ha parole, luce
a invaderla nel di agosto
il sudore.
*
Raffaele Piazza.


sabato 23 luglio 2016

SEGNALAZIONE VOLUMI = BRUNO GALLUCCIO

Bruno Galluccio : "La misura dello zero" – Giulio Einaudi Editore, 2015- pagg. 133 - € 12,50 -

Lobacevskij, Euclide, Newton, Talete, Heisenberg, Einstein, Pitagora, Galois, Gödel sono gli amati maestri del poeta-scienziato Bruno Galluccio, che li convoca nei versi della silloge “La misura dello zero”. Agli ultimi tre è dedicata la brevissima sezione “Matematici”: un trittico poetico di vibrata commozione ed ammirazione per il pensiero ed il destino di questi straordinari scienziati (il primo, Pitagora, famosissimo filosofo-scienziato dell’età classica) capaci di dare vita a strutture e sistemi rivoluzionari attraverso la loro potenza visionaria.
Sono, però, taciuti i poeti che pure prepotentemente spargono i loro echi in questi versi, come Pascoli con la sua vertigine cosmica tra “la meraviglia e il terrore” (pag.100) e il bisbiglio incessante dei suoi morti che abitano la memoria e la polvere, e forse ancora vivono, come ipotizza Galluccio, in prossimità di quel varco di infinite possibilità fra l’essere e il non essere, il cui simbolo, lo zero, è, come scrive il poeta, “un valore esatto che non si può raggiungere” (pag. 6). Dunque è possibile incontrare in questo strettissimo varco i non nati: “nessuna madre mai avuta/ e cosa significhi il quando/ culla sesso niente/ aria inferno di aria”; e perfino “quella che sarebbe potuta essere mia figlia/ sta correndo e mi chiama/ ancora indecisa se esistere”.
E c’è ancora quel Pascoli che tesse straordinarie corrispondenze fra cielo e terra inventando una nuova mitografia attraverso l’irrazionalità delle analogie, la lallazione infantile e l’onomatopea primitiva, allo scopo di recuperare l’innocenza e il sapere pre-verbale.
E, poi, il Leopardi della seconda stagione “filosofica”, che, pur esaltando la razionale conoscenza del Vero, tuttavia sottolinea anche la parallela caduta di rassicuranti riferimenti mentali e metafisici. Così Galluccio, riferendosi ad un’epoca di scienza già fondata su base razionale, in cui, però, non erano stati ancora inventati i formalismi della matematica, scrive: “un tempo dimostrazioni e formule/ venivano espresse solo in linguaggio naturale/ con la magia di adeguare la sintassi/ alle entità che albergavano in mente” (pag. 9).
Ma, sopra tutti, Proust, lo scrittore-poeta della memoria involontaria che riporta alla luce il passato fra lampi illuminanti e oblii. “Grazie all’oblio -come scrive Giovanni Macchia a proposito di Proust- noi possiamo ritrovare intermittentemente l’essere che noi fummo, perché bisogna perdere per cercare di conquistare nel tempo ciò che nel tempo viene perduto”. È lo stesso convincimento che anima Galluccio quando egli dà voce al racconto del suo passato: “chi ricorda è perduto/ ma domani nella sospensione della terra/ di questa penna e dolore per appuntare/ l’impossibilità del ricordo/ sarà proprio il segno dell’essere perduti”, pag. 90.
È importante annotare, intanto, la presenza del lemma variamente declinato “perdere”, che ritorna in questo testo una terza volta, per sottolineare come il lessico gallucciano abbondi in modo tanto sorprendente quanto significativo di termini costituenti una vasta area semantica relativa alle azioni dell’essere abbandonati, del perdersi, smarrirsi, che rivelano un “io” ferito e talvolta disordinato, certamente oscurato da molte ombre d’infelicità.
L’autobiografismo, è, di fatto, uno degli elementi dominanti in questa silloge anche là dove quest’ultima sembri esclusivamente parlare di teorie scientifiche e di dimensioni al di là del tempo e dello spazio dell’uomo, ma che infine all’uomo vengono ricondotte, se è vero che “quando la specie umana sarà estinta/ quell’insieme di sapere accumulato/ in voli e smarrimenti/ sarà disperso/ e l’universo non potrà sapere/ di essersi riassunto per un periodo limitato/ in una sua intima frazione”; e se è vero che l’infinito è un concetto elaborato dalla psiche, per cui “morire non è ricongiungersi all’infinito/ è abbandonarlo dopo avere saggiato/ questa idea potente” (pag. 79).
Si direbbe che Galluccio inventi un nuovo antropocentrismo: quello dell’uomo contemporaneo volto quasi spasmodicamente alla conoscenza degli enigmi della Realtà, sebbene sappia quest’ultima effimera e destinata, come lui, alla morte. È, forse, in questo atteggiamento che si può rintracciare la fierezza e la lucidità, tra i leggendari intervallia insaniae, del poeta latino Lucrezio che storna la paura della morte con la morte stessa. In questo senso non esiterei a definire Galluccio il nuovo Lucrezio della letteratura contemporanea.
Ma con una differenza sostanziale: ché, mentre Lucrezio tenta di spiegare i principi della filosofia epicurea “attraverso il canto suasivo delle Pieridi”, e la poesia rappresenta solo il dolce liquore capace di rendere meno amara una medicina forse sgradevole ma salutare; Galluccio, invece, stabilisce fra scienza e poesia un rapporto di reciproca influenza anche perché percepisce entrambe come un continuum mentale-linguistico in cui si fondono e confondono in virtù delle medesime leggi regolatrici della vita individuale come di quella universale.
A favore di questo strettissimo legame sembrano operare gli scienziati contemporanei, i quali hanno introdotto “simboli per ciò che non è noto/ e farne calcolo e accrescerne la potenza/ la dignità dell’incognita”, rendendo contigui i campi d’indagine della scienza e della poesia, forme di conoscenza entrambe gravitanti nella dimensione del “mistero”.
In un bellissimo testo a pag. 111, Galluccio, rappresentandosi in un anonimo scrittore che “ha appena finito il libro”, spiega la sovrapposizione del suo sentire poetico e scientifico con questi versi: “la memoria accoglie esperienze non vissute/ notte e astri conducono la loro battaglia” e, per quanto riguarda la resa linguistica con questi altri di poco successivi: “uno sciame il discorso che lo attraversa/ simboli di un’appartenenza simultanea/ gli strati multipli del linguaggio”; e, a pag.16, leggiamo: “è un passaggio al limite dell’immaginario/ scoprire anche il vuoto con le nostre parole”.
Proustiana, invece, è la struttura di un testo come “senti la terra delle parole” (pag. 27) un cui gerani e gelsomini rammemorano il profumo di altri gerani e gelsomini fioriti in passato attorno alla casa dell’infanzia evocata a pag. 64, in cui, come nella prosa del celebre romanziere francese, i ricordi sono paragonati a “frantumi che si radunano” ricomponendo “dettagli credibili”; e i giorni dell’infanzia, e la figura della madre – e, in un altro testo, della nonna- diventano lampi narrativi entro “le nebulose” della memoria.
Lo sguardo sul passato, appare quasi sempre doloroso: gelo, abbandono, smarrimento, perdita di sé sono le sensazioni più frequenti. Tra i ricordi sembra farsi maggiore spazio la figura di un familiare precocemente morto, e precipitato nel vuoto del quasi-oblio. Sebbene il ricordo, per la sua distanza temporale, non faccia più troppo male, il linguaggio inconscio della poesia riporta spesso alla superficie quell’esperienza attraverso il ricorrere di lemmi come “aria” e “vuoto”, sui quali lo spavento della memoria sembra restare in bilico, affacciandosi su quell’orribile e misteriosa attrazione, che è poi quella della morte.
L’elemento fisico del vuoto fa la sua apparizione nel secondo testo della silloge di Galluccio (pag. 6), e già in esso i dati esperienziali si fondono con quelli scientifici “il vuoto sempre un enigma e un mito”: così ha inizio il testo dove pure si legge “quel vuoto sembrava proprio/ lì fuori di casa in agguato/ un agguato lontano e incombente/ un allontanarsi da cieco”; ed infine nella terza ed ultima strofa: “oggi sappiamo che il vuoto non esiste/ ci sono ovunque fluttuazioni quantistiche”. Il termine “vuoto”, dunque, ha nella poesia gallucciana un triplice significato: esistenziale, simbolico e scientifico, come verrà confermato da altri testi successivi, in cui l’indagine dell’universo appare una proiezione di quella interiore, in una sorta di corrispondenza sapienziale che ricorda la Tavola Smeraldina ed il suo principio: “Ciò che è in basso è come ciò che è in alto e ciò che è in alto è come ciò che è in basso”, secondo un’unità che per Galluccio è di natura conoscitiva e strutturale, ma non religiosa, a meno che non si consideri l’accezione prima del verbo religare: mettere insieme.
Quando, infatti, alla fine dei tempi, le forme della vita avranno cessato di mettere in scena l’illudente spettacolo della varietà, a testimonianza della sostanziale unità, resteranno soltanto gli elementi più diffusi in natura, dalle stelle (i mattoni dell’universo) agli esseri più elementari: idrogeni, ossigeni, carbonii, come recita la stupefacente nudità del testo di copertina: “oppure tentati come in principio al caos/ non più cellule messaggi in DNA cifrati soltanto/ idrogeni ossigeni carbonii”.
Eppure l’universo di Galluccio non esclude possibilità, anche remote, riguardanti la dimensione psico-fisica e forse anche metafisica. Ecco allora che provvidenzialmente soccorre “la misura dello zero”. Di esso vengono date le seguenti definizioni: “lo zero è una funzione fantasma/ un valore esatto che non si può raggiungere” (pag.6); “il big bang risplende sulle equazioni/ come lo zero singolare/ come uno zero che non ha misura” (pag.8); “simbolo da eresia/ porre un numero al vuoto/ una misura” (pag.18) e, infine, a pag. 80, (sebbene sia una definizione indiretta) “porre un vincolo a due modi separati/ o porre a zero qualcosa/ per risolverla e farla brillare”.
Come dire che, a ridosso dello zero, germinano infinite possibilità, ipotesi, sogni, minimi gesti di bellezza, così che “il racconto che viviamo/ porge una mano che si sposta nei secoli (pag. 114); oppure “un palmo aperto” che “si sporge dal finestrino senza salutare/ forse per riconoscere il fascino del vento” (pag. 94); oppure il ricordo (pag. 196), che come “un’onda si alza nella zona remota del cervello/ si infiamma lungo la colonna vertebrale”, suscitando emozioni che sembravano sepolte nel buio dell’oblio. Si racconta, perfino, come leggiamo nel testo a pag.117, che dopo “questo tragitto/ che hai di fronte/ ci sia aria più netta e tagliente/ che lo scenario non sia quello che vedi/ ma un altro dotato di sovraimpressioni/ che i corpi abbiamo imparato/ siano davvero siano vivi”.
Anche la parola: quella poetica, quella onirica (che meraviglia l’immagine “dei volti che nei sogni si fanno luce”, pag. 129), l’altra parlata della memoria (“il filo del racconto diventava un cesello/ per collegare le persone trattenerle/ tenere insieme il tempo”, pag. 31) che sembrano cucire insieme la dimensione del tempo reale e immaginario, del passato e del presente, del nostro esistere nell’arco dei giorni e delle notti, mente intanto la vita fugge e ci approssima al mistero della morte.
Si tratta di brevi pause consolatorie, di piccole offerte votive da porgere ad un “io” comunque inquieto, che, accumula abbandoni “da entrambe le parti” (il corpo ed il tempo), pag. 81; che ha perduto l’ordine dello spazio euclideo, la sicurezza di Newton che “poteva prevedere/ le orbite di tutti i pianeti per un tempo indefinito”(mentre adesso “siamo nei tempi illuminati dall’incertezza”, pag.19) e che, tuttavia, continua ad esplorare per cercare di capire quella “tanta parte dell’esistente” che “si sottrae/ mentre nutre la nostra meraviglia”.
Tutto sommato, è questa meraviglia che proviene dal limite, come ha raccontato Leopardi nel celebre testo de L’infinito, a sostenere la fame e la sete di conoscenza dell’uomo; la stessa da cui sono sgorgati versi di incredibile bellezza come questi: “inizia la navigazione del tuo corpo/ le scapole sono isole dove mi dirigo/ salpando dall’attrazione della nuca” (pag.47) o: “da un gelo smisurato/ si esce con le mani di pietra/ e con un certo miraggio di bellezza” , pag. 55; o ancora: “ora legati al nucleo bellissimo delle ore”, pag. 89; e, soprattutto: “il cielo è diventato alto aspro di stelle” per la sua stupefacente musicalità favorita dalla triplice alternanza dei suoni vocalici della “a” e della “o”, pag. 40; e, naturalmente, moltissimi altri incastonati nei cento testi di questa silloge di Bruno Galluccio come oggetti preziosi: straordinarie invenzioni dell’orecchio e dell’immaginazione.
Un’ultima considerazione va fatta sul numero di questi testi che sono cento. Ora non mi sembra che ciò sia un caso: infatti il cento era il numero che i Pitagorici consideravano divino per eccellenza, perché dieci volte multiplo di dieci, il numero composto dall’Uno, cioè la Monade e lo Zero, cioè il Nulla. Esso veniva rappresentato con un triangolo equilatero di lato 4, come i quattro elementi cosmogonici. E, inoltre, è risultato della somma 1+2+3+4, indicanti il punto, la linea, il piano ed il volume.
Un numero, il 100, che aderisce perfettamente allo spirito ed alle intenzioni del poeta e scienziato Gallucci. Anche se si trattasse solo di una straordinaria coincidenza, sarebbe lo stesso una coincidenza molto prossima a quel tipo di sapienza a-logica così intrinseca alla poesia.
*
Franca Alaimo

mercoledì 20 luglio 2016

SEGNALAZIONE VOLUMI = ANTONIO SPAGNUOLO

Antonio Spagnuolo, “Ultimo tocco”, Altrescritture, puntoacapo editrice - 2016

Tra le mani ho un piccolo , prezioso libretto di poesie tessute attorno alla perdita e al dolore. Perdita e dolore sono incontri frequenti nei versi: la felicità si vive inebriandosi nella sua breve durata, il dolore si dipana e ci accompagna, fedele nella in una sorte da lui stesso decisa, ingarbugliata e indissolubile.
Le poesie che compongono questo libretto sono dedicate alla perdita della compagna di una vita , perdita ad un’età avanzata che allarga il vuoto lasciato in un baratro in cui mancano appigli per reggerci e sorreggerci.
Non è solo una perdita definitiva , è una perdita incolmabile e incalcolabile.
Il libretto si divide in due sezioni ; nella prima, molto breve e più riflettuta, il poeta cerca di riesaminare la sofferenza degli ultimi giorni, come se esistesse un farmaco a lenire il battito sempre più rumoroso e vicino del ladro di vita.
“ Palpando l’antiquato pentagramma / indifesa memoria spigole ombre/ al di là della porta / ………./ Parlami ancora di te, dei tuoi singhiozzi, / delle incertezze incredule che non hanno senso. /perché un certo infinito gioca a beffare / il turbinio dello’incoscienza. / ….
Non c’è spazio e/o tempo che racconti di re-incontri , oltre non c’è nulla, il dolore riempie ogni anfratto dell’anima, bisognerà tener conto delle memorie, saldarsi all’avveramento del quotidiano, mescolare visioni e profezie obbedire a colei che tanto amata , ora ti dice di allontanarti.
“ Mi prende, mi solca, mi avvolge / come capelvenere, / ed è l’unica angoscia che stordisce domande”; vorrei invitare ad apprezzare il primo verso, perfettamente “ in crescendo” ma anche melodioso al di là del significato letterale.
Sull’ abilità poetica di Spagnuolo non si avevano dubbi: in questa silloge la parte più riuscita è la seconda , titolata “memorie”.
Ormai tutti i giochi sono fatti, non resta che abbandonarsi ai ricordi per rivedere e risentire emozioni nel luogo dove si sono formate.
In questo, che è il più corposo nucleo di poesie, Antonio lascia andare il flusso dei ricordi, sempre teneri, mai stucchevoli.
“ Trappola la primavera / con i boccioli che non potrai toccare. / Hai spogliato la mura ad una ad una, anche i colori./ …..
Le occasioni del farmaco indiscreto / riprendono ricordi / del dirupo del ma-re,/……../La mia mano riprova le vocali / nel gioco indiscreto dei giornali.
Squarci di visioni da cui trapelano istanti di tempo condiviso , memorie che chiudono come in un geode cristalli di felicità. Eppure “ Nulla rimane anche se cento mani / ricamano il vortice profondo che confonde / le mie parole incastrate nel mondo./ …………/ Sei stata una passione, / ora sei gesto di estrema solitudine.
Spero di aver dato al poeta Spagnuolo quanto gli dovevo leggendo i suoi versi e credo che molte donne si rammaricheranno perché nessuno scriverà per loro versi così autentici e veri. Per vicinanza e condivisione lo ringraziamo.
*
Narda Fattori

POESIA = ANTONIO SPAGNUOLO

“Inganno”
Si ridesta color di limone l’illusione
tra i pensieri assillanti delle ombre
nuovo dubbio della tua assenza:
è il tramonto che svela la certezza che non sei
più una creatura in carne ed ossa.
Ubriaco precipito fra gli artigli di mantide
in questo soffocante fantasma
che muove alla fuga e mi stordisce.
Quanto più mi avvicino alla fine
più cicatrici cuciono l’angoscia
dal velluto che sgrana e inganna gli occhi.
*

ANTONIO SPAGNUOLO

martedì 19 luglio 2016

SEGNALAZIONE VOLUMI = CATERINA DAVINIO

CATERINA DAVINIO : "Alieni in safari" - ed.Robin - 2016 - pagg. 221 - € 15,00
Il volume raccoglie suggestioni di viaggi dell'autrice in Africa , India , Nepal , e Sud America. E' un diario poetico e fotografico , un omaggio ai luoghi , ma anche un percorso in luoghi della memoria, che tocca terre vicine e lontane , e l'inquietudine di spazi interiori. Alieno, ovvero radicalmente straniero, è lo sguardo del poeta su realtà esotiche e familiari. "In questo libro di versi Caterina Davinio pone con forza - scrive Francesco Muzzioli nella prefazione - questo problema : il problema del rapporto con l'altro. Il pianeta si è rimpicciolito e i collegamenti aerei possono spostarci rapidamente da un capo all'altro , da un continente all'altro con irrisoria facilità e a costi contenuti. Tuttavia la nostra capacità di rapporto con l'alterità non è affatto migliorata, il turista cerca solo la conferma di un'immagine già ricevuta preconfezionata nel suo pacchetto tutto compreso..." - Le poesie hanno il testo inglese a fronte , nella brillante traduzione di David W. Seaman , il quale mantiene con impegno notevole la musicalità delle composizioni.Ricchissimo l'inserto fotografico , testimonianza viva e suggestiva degli incontri ai quali la poetessa ha partecipato. Un diario dalle vibrazioni policromatiche , un tuffo nelle realtà sconosciute , una ricerca poetica inconsueta e personale , ricca di suggestioni nella prospettiva della fantasia che non conosce vincoli.
ANTONIO SPAGNUOLO

SEGNALAZIONE VOLUMI = LILIANA UGOLINI

Liliana Ugolini – "Appunti sul taccuino del tempo – (I dolmen)" --Fermenti Editrice – Roma – 2016 – pagg. 71 - € 15,00

Liliana Ugolini è nata a Firenze dove vive e lavora. Per 16 anni ha condotto per Pianeta Poesia la poesia performativa e multimediale promuovendo la conoscenza di questa particolare modalità di linguaggio. Ha pubblicato 19 libri di poesia, 5 in prosa e 4 di teatro. Da questi sono stati prodotti 12 spettacoli teatrali andati ripetutamente in scena in moltissime performances.
“Appunti sul taccuino del tempo (I dolmen)”, che presenta una nota acuta ed esauriente di Velio Carratoni, intitolata “Appunti temporali”, è un libro che, per la sua complessità, a livello strutturale, si può considerare un ipertesto. Si tratta di un’opera che sottende una grande intelligenza nell’affrontare il suo tema, che è quello della storiografia. Il modo di trattare questa tematica si realizza nella descrizione e in una messa in scena poetica di episodi fondanti del percorso della civiltà. Non manca infatti un andamento generale teatrale nella disposizione del tessuto linguistico molto eterogeneo.
Il discorso si svolge attraverso la trattazione di molteplici avvenimenti del cammino umano, inseriti in ordine cronologico, a partire dal 61 fino al 2014. Ogni situazione, che costituisce un tassello del mosaico complessivo del testo, è trattata in modo composito, secondo la lucida coscienza letteraria dell’autrice. Infatti, per ognuno degli argomenti che vengono detti, dopo l’anno e la definizione dell’evento, in ogni singolo segmento, risulta utilizzata la disposizione di tre parti autonome anche se legate dal filo rosso dei contenuti.
Nella prima ripartizione, che ha una connotazione introduttiva, con un tono affabulante, viene riportato il fatto storico stesso, attraverso brevi periodi staccati tra loro, che hanno un tono didascalico e un afflato narrativo, anche per la mancanza dell’a - capo. Segue una scansione scritta in corsivo dal significato spesso criptico e oscuro nella quale, protagonisti, di volta in volta, sono i dolmen. Essi divengono figure interlocutorie personificate, simboli ed emblemi della condizione dell’umanità, assoggettata inevitabilmente all’usura del tempo ed alla morte. Non a caso i dolmen stessi sono delle tombe megalitiche preistoriche a camera singola e costituiscono il tipo più noto di monumenti megalitici. La Ugolini sembra suggerirci, ricordarci, che tutto scorre e ogni cosa passa, anche se può essere riattualizzata attraverso la parola, che si fa ricordo, con lo scatto e lo scarto memoriale e può divenire insegnamento di vita.
Dopo l’inserto sui dolmen, magico e suadente, scritto in quella che si potrebbe definire una sognante prosa poetica, segue una poesia che esprime di caso in caso, la voce del protagonista della vicenda in questione o dell’ io – poetante che diviene commentatore in versi.
L’autrice ha selezionato, attraverso la durata di due millenni, numerosi accadimenti, più o meno noti, a livello storiografico, che hanno lasciato delle impronte incancellabili e che divengono per ognuno di noi una provenienza. Da notare che le singole circostanze possono contenere una valenza positiva, felice, come le scoperte geografiche o le invenzioni utili, o, al contrario, un’essenza al negativo, carica di male, distruzione e irrazionalità, come le guerre, le stragi o gli attentati terroristici.
Liliana produce, in modo composito e geniale, un nuovo approccio per accostarsi alla storia stessa, molto più piacevole e leggero di quello dei manuali e, ovviamente, notevolmente diverso. Si tratta di una modalità che sottende il sentimento, l’emotività e la bellezza misurata. Sembra, per il lettore, spesso, di entrare, affondare personalmente nei fenomeni trattati, nell’immedesimarsi con essi e con i loro protagonisti, attraverso una fantasia empatica.
Nei versi si raggiunge una forte rarefazione del senso, attraverso una forma densissima a livello semantico e sinestesico, che diviene cifra essenziale della poetica dell’Ugolini, a tratti vagamente neolirica. Intensissimo è il ritmo cadenzato e sincopato che produce una forte ed avvertita musicalità, attraverso una sublime icasticità.
Nel panorama odierno della poesia italiana contemporanea, ma anche andando diacronicamente nella tradizione del nostro paese, l’opera s’inserisce come un unicum, risultato di un’idea e di un’elaborazione originalissima. Anzi, in nessun contesto letterario, anche a livello internazionale, si può presumere l’esistenza di un testo simile.
Scrive Carratoni nella sua nota:-“Una teatrante. Poeta. Prosatrice alla scoperta di cicli incancellabili…”, riferendosi all’autrice, e coglie nel segno restituendoci l’etimo profondo dell’operazione artistica e culturale in Appunti sul taccuino del tempo (I dolmen).
Esercizio di conoscenza tout-court, quello della poeta, nel quale s’intersecano e interagiscono varie linee di codice nel raggiungimento di una composita armonia nella fusione mirabile dei vari frammenti.
*

Raffaele Piazza

giovedì 14 luglio 2016

POESIA =ADRIANA RINALDI

Ma, chi sei?
Instancabile volto
di generazioni ormai superate.
Sei forse il ramo di un albero ?
Il più antico , semmai.
O la sorgente fresca
di un fiume dimenticato.
Sei forse l' ombra di uno specchio?
O un àncora
che attende
di essere gettata.
Carta straccia o tela
su cui imprimere
un alfabeto di colori.
Sei,
ciò che sei!
Forse profumo
per chi
ancora non ti ha scoperto
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È bastato un attimo
e il cielo è entrato in me.
Una energia
che ha scosso le mie membra!
Quel pianto lontano
si è fatto vicino,
rivelando il calore di una carezza.
Le pieghe dell' Amore
sono talvolta irruenti
come lo è la vita.
Inondano però
di senso
ciò che un tempo
percepii come fremito.
Chiudo gli occhi
e conservo
il tepore inconsueto
di una emozione che si fa eterna.
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Il silenzio della notte,
scopre il velo dell' imperfezione.
Dimora onirica di illusioni,
sfuggite al desiderio della luce.
Sul finire dei ritmi acuti
declina leggera l' ombra.
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Sullo strappo di un foglio ingiallito
scivolano vagabondi pensieri.
Storie e volti
sguardi scrutanti;
incroci di abbracci,
lotte e speranze sincere.
Un soffio
li porta lontano,
in un luogo sacro
alla propria esistenza!
Si alternano
come verdi distese
e paludi aride e devastanti.
I pensieri si scrollano
uno all' altro
pesi e fatiche
seguendo la spinta alla serenità.
Un laccio di Amore
li unisce,
ancora esile ma indistricabile.
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La purezza del cuore non si misura con le parole ma la si coglie nell' anima.
È profonda e delicata brezza !
Nel gioco delle parti non prende posto ed esulta per la coerenza.

Non ferisce, non ricerca successo .
Gioisce del bene e della concordia.
La purezza del cuore
sa accogliere e languire le ferite..
Non si esalta ma attende in silenzio !

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Va la mente libera
scorre trasparente come una goccia.
Danza,
sulla cresta argentata di un fiume.
Chiudo gli occhi
ed arresto il pensiero
che scorre arrogante
nei meandri della mia fisicità.
Mi percorre tutta
inarrestabile turbine
di amare convinzioni.
L'inchiostro
traccia la fine delle mie impressioni,
sincere all'anima.
Mi invade
un sentimento di Amore.
Si intrecciano pensieri
e si espandono come nuvole leggere.
Tornano con leggiadria
sensazioni felici
profumi esaltanti.
Leggera la speranza,
solleva il velo dell'indifferenza
alleggerisce il carico delle angosce.
Lucida attesa,
bagliore di entusiasmi reconditi.
Ai miei occhi
unione ed armonia
melodia di sentimenti rigeneranti
e profusi.
*
ADRIANA RINALDI
*
Adriana Rinaldi, nata a Bergamo il 21.10.1966. Ha conseguito il Magistero in Scienze Religiose presso la Facoltà Teologica dell'Italia Settentrionale, vive a Milano, docente della Scuola Primaria.Scrive poesie sin da quando era bambina; spesso realizza il suo pensiero riguardo ad opere d' arte pittorica in riferimento ai seguenti artisti: Emauela Corbellini Vaccari, Laura Saresera, Tiziana Monti, Rosa Maria Lo Bue, Giancarlo Stefanelli.--Referente dell'attività teatrale nella scuola in cui insegna riguardo ad un progetto di Teatro Didattico da lei elaborato e condotto coinvolgente 15 classi e collaborando attivamente con la Compagnia Teatrale centro Studio Oltreunpo' diretta dal regista Marco Oliva.



martedì 12 luglio 2016

SEGNALAZIONE VOLUMI = GIORGIO CASALI

GIORGIO CASALI : " Diarietto cattolico" - Ladolfi editore - 2016 -
Esiste tra le poesie di "diarietto cattolico" una sospensione filosofica piuttosto evidente. Sono tentativi di realizzazione interiore , nella musicalità di versi originali e corretti. Il tutto sembra essere percorso da un intenso misticismo che si fa parola nell'artificio retorico, che torna a sua volta nelle dimensioni della ricerca esistenziale. La suggestione del significante ha a tratti la vertigine della sorpresa e l'invocazione apre sussurri che vanno oltre la preghiera e l'aspettazione, nel tentativo di amalgamare i vuoti esistenziali che costringono l'uomo a navigare quotidianamente senza un preciso punto di riferimento. "Un po di verità per favore / sul mio corpo che non ha la risposta / dell'anima persa che male." -- Antonio Spagnuolo .

domenica 10 luglio 2016

POESIA = RAFFAELE PIAZZA

"Alessia legge il cielo"

Sera d’arco d’amore della
forma del cielo da Alessia
intravisto tra i limoni al Parco
Virgiliano. Il nero dell’auto
parcheggiata nell’alberata di
pini in forma umana, ritrovo
per Alessia e lui. Fa l’amore
Alessia cullata dal vento
di luglio nel chiedersi se poi
sarà lasciata. dopo essersi
donata pari a fiore colto
per piacere. Legge il cielo
Alessia (se piove non mi lascia).
Ed ecco acque nell’amore
al climax. Sorride Alessia
e cerca di Giovanni gli occhi.
*

"Alessia compra fragole"

Mercato di biologici
prodotti per ragazza
Alessia nell’interanimarsi
con del cielo l’azzurro
tra gabbiani di candore
infinito pari alla vita.
Fragole genuine per Alessia
coltivate onestamente
dalla ditta. Si sparge la marina
verde negli occhi
di Alessia dove si vende il
pesce. Diciotto euro, il commesso
dice ad Alessia che dà 20.
Poi il resto getta nella fontana
dei desideri per fortuna avere.
*

"Alessia naviga sul lago"

Aria di luglio oggi più fresca
per di Alessia l’anima. Lago
per Alessia nel navigarlo al
chiaro di luna in una scialuppa
per la vita con Giovanni.
Si baciano gli amanti e negli
occhi lo guarda Alessia e legge
ti amo. Ansia a stellarla, selenica
luce a irrorarla ai blocchi
di partenza della vita.
Trasfigurato viaggio cammino
nello scorgere prima stella
Venere.
*

"Alessia attende le stelle"

Sera di attesa al Parco Virgiliano
nel bere dei pini l’ossigeno.
Danza arborea nella mente
per ragazza Alessia seravestita
per la vita. Entra in scena Giovanni
nell’interanimarsi con i suoi
occhi Alessia, nell’entrarvi nell’
anima oltre la marina dopo
il tramonto fantastico giallo
e rosato. Attende le stelle
Alessia nel tempo dell’albero
cavo a Ischia otto anni fa
ed è sempre lo stesso. Si muovono
le cime delle piante e Napoli
ancora per Alessia esiste.
*

"Alessia esce dalla nebbia rosa"

Sera si avvicina nell’albereto
a cogliere la fragola nell’intonarsi
con la nebbia rosa, sottesa alla
vita nuova di Alessia nell’amore.
Ieri si è messa Alessia con Giovanni.
La nebbia rosa è bella per Alessia,
che ci sarà fuori dalla fabula?
Si entrerà nel limbo dell’amore
e della felicità, dice l’angelo
cielo vestito. Viene l’amato nell’
aria senza fiato e bacia Alessia.
Liquido lago di bacio a poco
a poco, estate nella linea della
mente. Gli offre Alessia la
fragola.
*
"Alessia e il suo ciclo"

Essenza selentica di fiore
di gioia di Alessia
nell’interanimarsi con l’ossigeno
polito. (Mi sono venute, non
sono incinta, non eravamo
stati attenti!!!). Ragazza Alessia
telefona a Giovanni (Mi sono
venute le mie cose!!!). Felicità
dell’amato!!! Prende Alessia
il motorino e va a casa di Giovanni,
fiorevole sentiero di Posillipo
tra limoni e di pini alberate.
(Ti porto al maneggio per
festeggiare sui cavalli dove
c’è il fieno afrodisiaco).
Trasale Alessia, ansia a stellarla,
nello scorgere i preservativi.
*

"Alessia nella tenda"

Campeggio estivo per Alessia
a Paestum di luglio nell’aria
inazzurrata. Caldo a scendere
nell’anima di diciotto grammi.
A farlo per la prima volta nella
tenda con Giovanni. Segue Alessia
del mare e del vento la sinfonia
fantastica oltre gli albereti nella
mente affilata pari a onda,
miracolo di spiaggia a poco
a poco nel giorno più normale.
Dei gabbiani le voci mentre
Alessia fa l’amore. Ansia a stellarla
oltre delle generazioni
le ripetizioni.
*

Raffaele Piazza

venerdì 8 luglio 2016

SEGNALAZIONE VOLUMI = ANTONINO CONTILIANO

Antonino Contiliano – “Futuro eretico” - Fermenti Editrice – Roma – 2016 – pagg. 65 - € 15,00

Antonino Contiliano vive a Marsala. E’ stato redattore della rivista “Impegno 80” e “Spiragli” Ha fatto parte del movimento poetico che, tra gli anni Sessanta e Ottanta del secolo scorso, operò in Sicilia e si qualificò come “Antigruppo siciliano”.
Ha pubblicato numerosissime raccolte di poesia. tra il 1981 e il 2015. Sue poesie sono state tradotte in lingua croata, greca, francese, inglese, macedone, spagnola, catalana e rumena.
“Futuro eretico” è un libro non scandito che, per i fili rossi dell’ironia dissacratoria e della forma costantemente oscura e icastica, che accomunano i suoi componimenti, potrebbe essere letto come un poemetto. L’eresia detta nel titolo fa riferimento proprio ad un atteggiamento critico ed iconoclastico, fuori dalle righe, proiettato nel futuro, verso ogni tematica sociale, politica e religiosa e sottende un pensiero fortemente divergente.
Il testo include una nota critica di Marcello Carlino acuta ed esauriente. Tutte le poesie fluiscono in lunga ed ininterrotta sequenza, sono suddivise in strofe, hanno un titolo e, a volte, presentano dei versi di raccordo.
Ogni composizione inizia con la lettera minuscola e questo fattore, di volta in volta, accresce il senso e il segno magico di una vaga e arcana provenienza delle parole. Nel discorso è frequentemente inserito un “tu”, presumibilmente l’amata, alla quale il poeta con struggimento e sensualità si rivolge e della quale vengono evidenziati vari riferimenti.
La scrittura, che in alcuni momenti sfiora l’alogico, è anarchica e intellettualistica. e, tra i temi affrontati, oltre ai suddetti, s’inserisce quello amoroso erotico. Spesso prevale il nonsenso che si rivela in versi misteriosi e criptici.
A livello di lessico l’autore realizza, a volte, un impasto linguistico con inserti in corsivo in francese, latino, inglese e tedesco, che creano suggestione, con le variazioni che costituiscono per la lettura. I versi procedono per accumulo creando un ritmo sincopato ed incalzante che realizza una forte musicalità.
In “Nomi nomadi”, prima poesia, viene affrontato proprio il discorso sul nominare e, nel verso singolo dell’incipit, è detto un nome che non ritorna. L’io-poetante chiede al “tu” di dirgli il suo nome. Da notare l’assonanza nel sintagma “nomi nomadi”, che, a livello semantico, potrebbe significare un nome in movimento che cambia significato.
Il linguaggio è permeato da magia e sospensione e viene raggiunta eleganza nel dettato debordante in un modo che si esprime attraverso l’onirismo purgatoriale. Il dipanarsi dei sintagmi è venato da un’amara ironia e spesso da una solipsistica solitudine esistenziale. Sono frequenti rime e allitterazioni che creano ridondanza. E’ ripetuto il tema della poesia che riflette su se stessa. Una parola acuminata e avvertita, che scava in profondità, è la cifra essenziale della poetica di Contiliano.
In “Par Dieu” si assiste ad un’irrisoria invettiva atea ed anticlericale nel rivolgersi a Dio e, leggendo il verso leviatano e vaticano chiavano, si può pensare ad un riferimento ai sacerdoti cattolici pedofili o comunque a quelli che non rispettano il voto di castità.
E’ sentito il dolore, sempre controllato e senza autocompiacimenti, per le vittime delle guerre (per esempio quella in Afganistan) e per le conseguenze del terrorismo.
In Qualcosa di blu si riscontra una certa differenza rispetto alle altre poesie, nelle quali predomina decisamente una forma antilirica e antielegiaca. Infatti qui l’argomento sono i sogni nel loro mistero, definiti un urlo della notte al sole. Si è avvolti nel componimento proprio da un’atmosfera di sogni ad occhi aperti, situati sulla linea del continuum sonno - veglia. Si notano delle accensioni vagamente neoliriche e visionarie e, a tratti, una marcata linearità dell’incanto
In “Folate” è detto il tempo che è in agguato e viene paragonato al vento. E’ presente una visione pessimistica e quasi nichilistica quando è affermato che l’ora non dura più che un’arsura dura.
Gli angeli nel fango, nella poesia eponima, in un contesto surreale, si ubriacano sulla strada e diventano simbolo del disordine della società e dell’individuo. In questa composizione l’io-poetante s’interroga sul tema del pensiero definendolo uno schianto della mente.
Si riscontra spesso una tendenza trasgressiva che si rivela anche in un erotismo esibito e raffinato che non scade mai nella pornografia. A livello civile viene citata la videocrazia per indicare la dittatura mediatica, che entra nelle nostre case attraverso la tv. Inoltre l’io – poetante prova una forte sfiducia contro le democrazie che generano la borghesia.
Un esercizio di conoscenza che si riferisce ad ogni sfera del vissuto, dell’esperienza, quella di Antonino, proteso nella consapevole ricerca di una possibile felicità, di una pienezza tutta terrena, nella negazione implicita di ogni possibile trascendenza.
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Raffaele Piazza

mercoledì 6 luglio 2016

SEGNALAZIONE VOLUMI = GIULIANA LUCCHINI

RASSEGNA A “DELLA PERDITA DELL’ALA” di GIULIANA LUCCHINI - 2016 -
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Con “Della perdita dell’ala”,(L C Poesia Edizioni 2016), la poetessa Giuliana Lucchini implementa la sua già notevole produzione poetica che annovera, fra le opere principali, “L’Ombra gestuale” (2011), “Donde hay mùsica” (2012), “Amare” (2013), “Solas Luce” (2016).
Volume dalla veste grafica elegantissima, impreziosita dalle immagini dell’artista Marta Maria Olga Bochicchio, già una rapida scorsa alla rubrica dei testi poetici offerti al lettore, rende edotti della densità concettuale, meglio filosofica, che ne innerva le pagine.
Titoli quali “Principio”, “Inizio”, “Terra”, “Mondo”, “Bellezza”, “Amare”, “Corpo”, “L’infinito”, “Lutto”, “Morire”, “Ascesa”, “Dio”, paiono tracciare l’itinerario umano e spirituale di ogni individuo, ripercorrendone, nei passaggi essenziali, la trama esistenziale di nascita, compimento e ri-nascita ad una dimensione superiore.
Esistenza che viene poeticamente compitata non secondo una traiettoria banalmente lineare ma nella sua irriducibile circolarità, ove ciò che è iniziante e ciò che è concludente si ammicca, si allude, si incontra, si confonde, si compone.
Non per un caso la poetessa ci rammenta, aprendo la silloge, “dove comincia, anche / finisce ogni parola / d’amore”; in maniera quasi programmatica, nel chiudere il brano “Inizio” (pag. 13), la poetessa ha cura di ricordare che “Ogni fine è l’eco di un inizio”; prendendo a prestito, a pagina 46, T. S. Eliot “The end is where we start”.
La prospettiva prescelta è quella dell’Angelo, protagonista della raccolta ma anche, forse, allegoria del Poeta, di un determinato fare poetico che si colloca nel crinale impervio tra umano e oltre-umano.
Chi è l’Angelo? Nella tradizione giudaico – cristiana l’Angelo è il ponte tra l’uomo e il divino: emissario di Dio presso l’Uomo, dell’Uomo è il più fido custode.
L’Angelo è intelligenza, è grazia incorrotta latrice di purezza (“Dice l’angelo del candore: ‘Questa è la terra dell’amore’”, in Piangendo, pag. 34), è sostanza eterea danzante (e le ballerine effigiate nel testo dalla Bochicchio ben ne sono la specchiatura umana), è spirito del divenire (“Entità d’angeli, anima dell’accadere”, in Celti, pag. 18).
L’Angelo, mai appreso fisicamente dalla miopia umana (“Hanno ombre che non si vedono / non li conosciamo, chi sono mai / (la luce divina non ha forma da visualizzare)”, in Amati, pag. 53), dell’uomo è alleato operoso e indefesso (“Per farti ordine in stanza l’angelo / mette tutti i tuoi libri a pila / sul pavimento, e ti ci pianta in mezzo / un bulbo narciso che fiorirà”, in Stelo, pag. 55).
L’Angelo presidia la convivenza umana (“Angeli di città tumultuose, con ali aperte / a guardia dei ponti, sopra Berlino, / Roma, Parigi, o altri sopra grattacieli, / tutte le città moderne, e New York.”, in Stella, pag. 51). All’Angelo guarda l’uomo come esempio inimitabile (“Per diventare angeli, / il difficile è morire”, in Morire, pag. 22), talvolta certuni sublimi uomini divengono incarnazione di angeli (Lutto, pag. 38), ad ogni uomo è dato di essere angelo (“everyman’s an angel”, nella citazione di Alan Ginsberg).
Come non vedere, negli affreschi della Lucchini, la simbiosi angelo – poeta? Il ruolo di nume tutelare, di fiaccola, affidato al poeta e al suo poetare?
Nota particolare merita lo stile della poetessa.
Il verso, nella silloge, si fa essenziale, alieno da voluttà linguistiche fini a se stesse, ma al contempo procede melodico, fluendo leggiadro e morbido come un adagio di Chopin; quel Chopin che dà il titolo alla poesia, a pagina 81, a chiusura della raccolta praticamente, quasi a suggellarne lo spirito lirico che ne costituisce la preziosa filigrana.
Verso che, nella elegante officina poetica della Lucchini, riesce a coniugare con garbo e mestiere la citazione dotta – la cui abbondanza ben rivela, ad un tempo, e la cultura della Lucchini e la preferenza di quest’ultima per l’esperienza anglosassone – con il gusto intimo, quasi etimologico verrebbe da dire, della parola.
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Roma, 20 giugno 2016
Francesca Lo Bue

venerdì 1 luglio 2016

SEGNALAZIONE VOLUMI = GIORGIO MOIO

Giorgio Moio : “Cento ahi-ku extravaganti” – Youcanprint – self-publishing – 2016 –
Un torrente in piena , che scorre piacevolmente contorto tra le immaginazioni più colorate e i riflessi impetuosi . Cento composizioni fulminanti che cercano di avvinghiare il pensiero del lettore , in quelle che sono le acrobazie del poeta per una ricognizione a ventaglio tra filosofia spicciola e gioco delle metafore,come poesia polivalente ed extravagante. Giorgio Moio elabora così un viaggio affascinante che scivola fra impetuosi sussulti e variegate immagini, un dettato personale espresso con un crudo realismo, quasi a voler rinfacciare agli uomini la rappresentazione misterica di un sopravvivere illusorio. Lo stile rispecchia il ritmo di un canzoniere articolato nella brevità della composizione, fuori dall’endecasillabo e dalla musica , ma ben organizzato nella luce esplosiva del dettato, mirabilmente concentrato nella realtà fenomenica, che a volte annebbia ed illude .
ANTONIO SPAGNUOLO