FRANCESCA LO BUE, “Moiras”, Scienze e Lettere, Roma 2012, pagg.144.
Lirica ‘soggettiva’di gusto neo-latino, scrittura moderna.
In una bella ‘Premessa’ di prosa e poesia, Francesca Lo Bue dichiara apertamente il suo amore per Roma:
“Chi sogna il sogno di Dio vive a Roma, è scelto da Roma”-
‘Espero surge’ (Virgilio, Egloga X).
Monumento virtuale alla città, questo libro corposo come una stele inscritta di poesia su entrambi i lati, esprime in doppia lingua, matrice neo-latina, il legame che esiste fra tempo antico e tempo moderno. Spagnolo/Italiano – Italiano/Spagnolo: coppia d’amore duraturo, con quale direzione di precedenza di pensiero, di luogo?
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“ Pietra ci sei?
Ci sei, e permani
con la tua voce ferma e il tuo rostro straziato.”
“Piedra ¿estas?
Estás y permaneces,
con tu voz detenida y tu rostro despedazado.”
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“Ci sei, ci sono ...
ci aspettavamo.”
“Estás, estoy …
Nos esperábamos.”
Appena due spicchi di lingue nell’arancia globale, il frutto della Torre di Babele significativo del mondo.
Aprono porte chiuse le chiavi del cuore. La poetessa vi gioca il ruolo di sentirsi ubiqua. Da continenti opposti, Italia e Argentina parlano per bocca di poeta una sola lingua d’anima, Patria, cosmo, natura, viaggio, essenza umana. Un linguaggio che si sente risuonare sui sampietrini di Roma, pavimentazione romana per piedi venuti da lontano, che portano lontano, in un geometrico e sempre in bilico necessario andare di corpo fisico e virtuale: il tacco della scarpa guida ai pericoli da affrontare. Quadrato per quadrato, ciò che si lascia salvo, ciò che si arrischia. Il passato di un giorno è il passato di secoli, le rovine si assembrano alla mente, felicità perdute, bellezze funeree di un tempo trovato/da ritrovare.
“Desenterar un cielo de palabras/”
“Disotterrare un cielo di parole”
Parole-calamita (..”salvami, Calamita, con la parola prima ..”). Da poli opposti, versi ricchi di figure retoriche amplificano le visioni. Il poeta insegna poesia mentre la muove nell’onda del suono, tacita voce-alta vibra all’orecchio interiore, per ossimori, antitesi, contraddizioni, parole che aprono e chiudono logiche di pensiero dal fondo segreto della sua anima. La voce arriva da dietro le quinte della mente in un teatro dell’assurdo che nella parola chiarifica l’emozione.
‘Lirica ‘soggettiva’: impasta un quadro a colori tempestato di pietre d’artista. L’io afferma la propria identità mentale, circondata di solitudini. L’inventiva soccorre il verso che quasi da solo si crea. La parola sposta immagini impensabili a mezzo di paragoni e accostamenti imprevisti, a sorpresa. Così si cattura l’ascoltatore in una musica fuggitiva.
“quiero escribir tu libro”/ “voglio scrivere il tuo libro” (“La Ciudad ideal”/ “La Città ideale”, v.11).
Sul primo risvolto di copertina si legge in doppia lingua questo bel testo:
“Nella Roma dei Santuari della meraviglia celeste
l’Invisibile scorre.
È l’invisibile morte che sogna catena di vivi
che non morranno mai,
sono la scia smeraldina del pensiero di Dio.
E’ il sogno del Padre che semina la vita
in un nido di papaveri,
il canto poliglotta della notte insonne,
un canto d’acqua di cisterne
e di odorose stelle viventi.”
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“En Roma, en los Santuarios de la Maravilla celeste
el Invisible se desliza.
Es la invisible muerte que sueña eslabones de vivos
che nunca màs moriràn.
Son la estela esmeraldina del pensamiento de Dios.
Es el sueño del Padre que siembra la vida en un nido de amapolas,
el canto poliglota de la noches despiertas,
un canto de aguas de acequias
y de perfumadas estrellas vivientes.”
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Dove sta dunque la poesia? Si trova nell’insieme del testo, nel risultato globale che la tecnica poetica conduce, oppure appare in ogni singolo verso? “Il verso è tutto”, scriveva D’Annunzio riassumendo entrambi i punti di vista.
Se fosse ogni singolo verso ad essere portatore di poesia, come ogni singola battuta di uno spartito musicale, finirebbe per diventare stucchevole, privo dell’interesse del bello che posa sul sempre nuovo, sull’eccezionale. Sentimento e concetto zittiscono. E’ nell’insieme delle regole del movimento che si articola l’armonia, quando pensiero ed azione progrediscono per il piacere dell’orecchio sensibile, che viene a coinvolgere tutti gli altri sensi della percezione.
In Francesca Lo Bue si trova poesia in entrambi i punti di vista, nel verso singolo, nell’insieme del testo. Nel verso singolo, bene articolate parole-scelte danno la forma dell’oggetto artistico. Si possono citare versi a caso, presi variamente in testi diversi come esempio; ad apertura di libro. Ogni testo ne è portatore. Alcuni versi qua e là :
“..sempre rimane qualcosa di te, vecchia eternità sottile”;
“Il libro delle calligrafie scorre nella sera vergine delle stelle”;
“Scrivo al cuore di Lui, l’essere al mio risveglio..”;
“Sempre qualcosa si spezza e secca/ sempre qualcosa singhiozza, si ferma e passa”;
“Come trapasso il peso della mia soggettività?” (si avverte un pensiero filosofico che scorre dentro tutto il testo).
Se all’interno di un testo compiuto, lungo o breve, a più livelli di interpretazione si muovono i concetti, gli artifizi sono la procedura di cui si serve la tecnica poetica. Le figure retoriche formano il materiale oggettivo da cui esce il pensiero spontaneamente, adeguando una scrittura scolara a diventare maestra di poesia.
Molti sarebbero i testi da citare in questo libro. Fra essi il seguente, preso a caso:
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Un albero di parole
Balugina il minuto,
aspettando un albero fiammeggiante.
Ci sei Tu,
aperto mondo antico irto di distanze, di voci ..
Dissotterare un cielo di parole fra colline in ombra.
Una mano si alza,
un albero si sbriciola nel grigiore della luce di tutti.
Non c’è fretta,
l’emozione delle essenze
arriverà nel maggio delle ghirlande
con stille di braci nel cuore.
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Árbol de palabras
Centellea el minuto,
esperando un árbol flameante.
Estás Tú,
¡abierto mundo antiguo espinado de distancias y de voces.
Desenterrar un cielo de palabras entre colinas en sombras.
Una mano se levanta,
un árbol se desmigaja en la grisura de la luz de todos.
No hay apuro,
la emoción de las esencias
llegará cuando abril florece,
con rocío de brasas en el corazón.
La bellezza di articolare due lingue contemporaneamente.
Il pensiero si sovrappone a se stesso con parole uguali e diverse.
Quale parola arriva per prima? Mistero della mente mescolatrice del flusso della coscienza, indefinita sostanza d’informazione.
Il monumento sentimentale che F.L.B. erige sulla pagina per Roma, si fonda su un verso affermativo: “Salvezza è ritrovarsi, /abbracci in giardini addormentati,/fragranze significative che si adagiano in urne trasparenti./ (‘Incontarsi’, vv.1-3, pag.95).
Nella sezione “Appendici”di fine libro, la poetessa, a chiusura, traduce in spagnolo da vari poeti testi in dialetto romano di gustosa ironia.
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“MOIRAS”: il titolo intraducibile sottende l’implacabile Destino. L’Amore che si divide.
Non comune raccolta di poesia. La consistenza dei testi trasporta i mezzi del discorso in innumeri prove di retorica. C’è di tutto: per il tono, assonanze, consonanze, allitterazioni, amplificazioni, antistrofe; per il pensiero, parole d’accostamento paradossale, polisindeto ed asindeto, chiasmo, circolo; ed ancora, sinestesia, metonimia, metafora, inversione sintattica; ed ‘enjambement’, ossimoro (di cui è straricca ). Chi più ne ha, più ne metta.
Altrettanto il ritmo si adegua, lento o veloce, meditativo o solenne, spezzato …
Poesia completa. Bisogna leggere tutto questo libro.
Il timbro della voce poetica, nel gusto di cultura spagnola fin troppo denso di aggettivazioni e di sollecitazioni emotive, conduce i versi in un ben definito carattere solare, amplificatore dell’abbondanza.
Accattivante in questo senso la copertina del libro, di forte impatto per il quadro che la poetessa ha scelto, “Carità romana” di Niccolò Tornioli, dalla ‘Galleria Palazzo Spada’ di Roma (si trova nella prima Sala). L’artista illumina l’Amore generoso che nutre, bivalente, il presente e il passato, il bimbo e il vecchio: nutrimento del Padre e del Figlio in grembo alla Donna, la sempre Madre misericordiosa, elargitrice di vita e di bellezza anche sul limite dell’estremo.
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GIULIANA LUCCHINI