giovedì 31 dicembre 2020

SEGNALAZIONE VOLUMI = CLAUDIA PICCINNO


***Claudia Piccinno: “Sfinge di pietra” – Ed. Il cuscino di stelle – 2020 – pagg.140 - € 13,00-
Il titolo si completa con “a stone Sphinx”, perché il volume si arricchisce della traduzione a fronte, in lingua inglese, che si offre stilata dalla stessa autrice. Ella infatti è docente ed ha al suo attivo diversi libri di poesie, anche di letterati giovani, tradotti in più lingue, promuovendo contatti e scambi culturali con Turchia, Germania, Arabia Saudita, Serbia, India e Grecia. Si dimostra in questo suo mandato internazionale quanto grande e pregevole può essere il risultato di quando si lavora con amore e dedizione ad un progetto dottrinario serio ed indagato a fondo.
In queste pagine, nelle quali la Sfinge ammicca per quella sua luminosità di scandaglio, emerge l’attualità misteriosa e perdurante della poesia, intesa nella pulsione che quotidianamente arrovella e supporta le capacità di uno spirito sempre in ebollizione o legato alla contemplazione dell’esserci, attraverso un processo di immedesimazione che trasforma la parola in melodia.
Un ondoso fluttuare di versi, che nella battuta sentimentale consentono all’energia vitale del simbolo le vibrazioni adatte all’armonia. Il “verbo” non stanca quando si sperde fra noi ed è come accendere un fuoco all’interno delle varie storie, nelle quali l’immaginazione rimane stupita dalla realtà che circonda.
La poetessa lo dichiara in prima pagina: “…se un microbo ti trascinasse via/ su altri lidi/ dove non sono ammessi interlocutori, / sfinge di pietra mi murerei. / Piovono parole nuove/ senza alcun senso, / a dare misura di questo vuoto/ che parla sospeso/ in attesa di un verso.” Così che ogni pensiero potrebbe diventare sasso, impossibilitato ad inseguire stagioni di gioia o insolite illusioni, mortificato dal sospetto che sarà impossibile ritornare al gioco di fanciulla, turbato dalla necessità di mantenere a tutti i costi un segreto, o deluso dal fluire della linfa di un lungo inverno, come al sussurro che incanta “e attendo inutilmente un cenno, / un sorriso, un fluido inchiostro/ che prometta un domani. / Siamo radunati dietro le quinte/ di una piazza vuota/ popolata di comparse inanimate/ che osservano senza stupore. / Guardami, scosta le tende.”
“Claudia - scrive Dante Maffia nella prefazione – è cosciente che “non germoglia nulla / senza parole”, che bisogna farsi “verbo” e volare “nel cielo” e che la vita di un poeta, in questo caso la sua, è nei libri che ha letto e nei versi che ha scritto. Ecco perché ha raggiunto la pienezza della libertà e può parlare a voce piena, senza dover nascondere emozioni e sentimenti.”
La quotidianità che la distingue non ha bisogno di acrobazie, perché lo svolgersi dei minuti diviene il momento esistenziale nel quale agire senza compromissioni “scansando gli spigoli taglienti”. L’idea guida di questa stesura è la certezza di riuscire a captare un linguaggio aperto, un taglio che ponga le figure, gli oggetti, le impressioni, le acrobazie, i sussurri là dove la percezione possa raggiungerli, in un processo di significazioni e di metafore costruite sul e nel luogo retorico del linguaggio, linguaggio mai chiuso nell’ermetico, ma sempre proposto nelle interrogazioni di catene maestre, che della consuetudine incrociano la semplicità.
I simboli che attanagliano la fantasia sono per Claudia Piccinno ripresi “…per scelta o per causalità/ non è dato sapere,/ se fosse calcolo o desiderio,/ punto di partenza o destinazione./ Non è dato sapere/ quando un automatismo muore/ e nemmeno se rinasce emozione.” L’immaginario allora travalica questo nostro mondo sempre più ostinato ed ostile e si immerge in una trottola policromatica che in una sorta di valore positivo cerca di rispondere anche ai piccoli interrogativi della idealità.
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ANTONIO SPAGNUOLO **

martedì 29 dicembre 2020

SEGNALAZIONE VOLUMI = ANTONIO FILIPPETTI


***Antonio Filippetti : “Almanacco del tempo del coronavirus” – Ed. Istituto culturale del mezzogiorno- 2020 – pagg. 80 - € 12,00
Una denuncia o un sussurro, una irritata previsione o un semplice arrangiamento, un diario settimanale o un avvertimento? Sulle orme di Boccaccio, o come sostiene a pagina 11 un ricordo del “Dialogo tra un venditore di almanacchi e un passeggere” dell’amatissimo Leopardi, Antonio Filippetti ci riferisce i pensieri calibrati e scottanti che lo hanno travolto nei giorni di clausura forzata tra marzo e giugno di quest’anno 2020, per il tragitto di diciannove settimane.
La violenza della pandemia ci ha costretti ad un improvviso ed inaspettato mutamento della nostra intima vita quotidiana, impreparati per una così devastante sciagura, che colpisce il genere umano con la vertigine della nera falce. Impreparati ad affrontare un catastrofico sconvolgimento delle nostre consuetudini immerse nella indipendenza da ogni illusione.
Ma i risvolti sono molteplici, e l’affondare nel cambiamento radicale dalle nostre abitudini di libertà ed impegno ci avvia verso nuove disposizioni di adattamento anche culturale. Vedi la necessità di rimanere assorbiti dal vuoto che la solitudine accende e cercare di sopperire con stratagemmi casalinghi, tra divano, scrivania, televisione, computer.
“La nuova opportunità del mezzo, infatti, che garantisce a tutti la possibilità di esprimere le proprie idee e convinzioni – scrive Flippetti – è stata associata a una forma di vidimazione di verità assicurata dalla stessa universalità del sistema mediatico.” Purtroppo il virus ha messo in ginocchio ogni prestigio, e poco hanno potuto con lo strapotere tecnologico oggi a nostra disposizione le classi dirigenti, messe alla prova in ogni angolo del mondo.
Nell’arco temporale che ha segnato questo avvenimento non esiste scrittura che continui a limare, a distinguere quel che significa accettare, sebbene parzialmente, un percorso obbligato diverso dal proprio bagaglio vitale.
Il problema fondamentale – conclude Filippetti – è la consapevolezza della precarietà esistenziale, vale a dire la presa di coscienza della piccolezza di ognuno, mettendo al bando presunzioni e illusioni incoerenti quando non del tutto stupide: “caggiono i regni intanto,/ passan genti e linguaggi,/ ella nol vede./ E l’uom d’eternità s’arroga il vanto” (Leopardi).
Scrittura rapida e succulenta, con la quale si arricchiscono le sezioni del volume, capace di rappresentare scorci della realtà con evidenza plastica e ispiratrice.
*
ANTONIO SPAGNUOLO

lunedì 28 dicembre 2020

POESIA = ENZA BERARDONE


***LA MIA MUSA***
Tace la mia folle musa,
avvinghiata alla nuda
schiena del mondo,
inchioda parole,
annoda pensieri,
soffoca i rantoli della notte,
scivola sinuosa
fra gli umidi campi
e il pallore di una sfatta luna.
E mentre distilla
fluttuanti solitudini,
attendo il suo ritorno
sull’ uscio della
mia fragile anima.
+
**L’ ASSENZA**
Gli ulivi del calvario
si colorano d’ argento,
non concede pause il ricordo,
vacilla il nero cielo
nel crudele distacco.
Si ripara il cuore nelle
parole che non ti ho mai detto.
Dilaga l’ assenza nei fermi vicoli,
nella spoglia e lontana altura.
La vita si traveste, non finisce mai,
mi sfianca il mistero di questo svanire.
Sarà Natale e ancora troveremo
nel suo generoso grembo i tuoi doni,
la tua luce che non ha mai tradito.
*
ENZA BERARDONE

POESIA = ANTONIO SPAGNUOLO


***“Falce”***
La falce che rincorre immagini
frantumate dal tempo
insegue i miei giorni. Una bugia
che insinua incertezze quali schegge.
Spietato coltello arrugginito
che divide tepori. Ombra che assedia
e vacilla allo sconquasso delle membra
minuziosamente scolpite.
La senti accostare quasi a dispetto
nello splendore di quei brividi
violati alle minacce del cielo
e si disperde nella massa scarlatta
del mio sangue.
*
ANTONIO SPAGNUOLO

domenica 27 dicembre 2020

SEGNALAZIONE VOLUMI = FRANCA ALAIMO


***Franca Alaimo : “Oltre il bordo” – Ed. Macabor – 2020 – pagg. 60 - € 12,00
Il colloquio che la poetessa intraprende, con se stessa e con altri, è un continuo colorato ricamo che si dipana tra i versi generosamente concessi al ritmo, che a momenti diventa fotogramma dell’attimo stesso in cui recupera presenza e riflesso. Le occasioni più semplici della quotidianità si snodano armoniosamente in tratteggi e richiami che costruiscono o circondano movimenti sospesi nella immersione. Ne deriva così sul piano espressivo una frantumazione del reale in cui si accumulano i simboli, le figure, le sfaccettature, gli avvistamenti, i sussulti, le immagini, le folgorazioni tratte dalle improvvise e spesso concertate visitazioni della realtà circondante.
Le sospensioni attingono al convenzionale e l’accordo fra l’uomo e la terra scorre in diluizioni:
“Mezzanotte”
Tutto è fermo. Dovunque
un sonno come di morte.
La luce dei portici deserti.
Le tapparelle spalancate
sulla voragine del nero.
Un gatto miagola, solo,
affamato. Voce disperata
del male che sta inghiottendo
la carità degli uomini.
Un tratteggiare che rappresenta momenti di meditazione ed interpreta le circostanze che da banali possono folgorare metamorfosi. Esterno ed interno diventano ancora una volta introspezione autobiografica.
Ella si intrattiene innanzi allo specchio più volte e nell’interrogare le variazioni della sua figura riflessa, “i capelli un pò sporchi/ il volto senza un filo di trucco”, rimugina sulla parola “vecchiaia” e ne accetta passivamente il tocco.
Tutta la sua poesia è un elegante virtuosismo interpretativo, descritto con il gioco del verso sempre abilmente composto, teso da quella umanità che non assegna polemiche, ma estrae un virtuosismo lessicale, metrico e stilistico, tale da concedere una tradizionale progressione temporale, interprete dell’incantamento.
*
ANTONIO SPAGNUOLO

sabato 26 dicembre 2020

SEGNALAZIONE VOLUMI = NUCCIO CORIALE


**Nuccio Coriale - "Come soffio leggero"---Libeccio Edizioni – Livorno – 2018 – pag. 101 - € 13,00
Come soffio leggero, la raccolta di poesie di Nuccio Coriale che prendiamo in considerazione in questa sede, presenta una prefazione di Cecilia Minisci esauriente e ricca di acribia.
Le ragioni sottese alla poetica dell’autore di questo volume si evincono dalla sentita dedica che Coriale scrive prima della stesura delle composizioni: infatti dice Nuccio con urgenza: Per l’ardore e l’affetto che riservo incondizionatamente per essa, dedico questo componimento poetico alla mia famiglia. La suddetta dedica, che si riferisce alla dimensione familiare che è decaduta come valore, a partire dalla sua evoluzione da patriarcale allargata a nucleare, ci fa intendere che il poeta, nella nostra contemporaneità liquida e alienata. va controcorrente nel ritenere fondanti per la vita e la felicità gli affetti familiari stessi, quelli che legano i coniugi con i loro figli a prescindere dalla realtà del mondo esterno con la quale comunque è impossibile non confrontarsi. Si può aggiungere che marito e moglie come endiadi possono resistere come coppia anche se la solitudine a due può essere anche un fatto negativo. Come scrive la Minisci, d’altro canto, la raccolta del Nostro è un’intensa descrizione dell’amore che percorre un lungo itinerario della sua vita e fin dalla sua nascita poetica si estrinseca in un connubio di limpide note dei colori della natura. Ed è la Calabria la terra natale che l’autore ricorda… Quindi la Calabria stessa, come spazio scenografico, costituisce lo sfondo, il cronotopo dove si realizza pienamente l’intesa tra coniugi e prole. Natura e cultura si armonizzano in un felice connubio.
--Un amore per la vita stessa contro il nichilismo e l’alienazione che sembrano essere i temi di tanta produzione letteraria contemporanea non solo poetica anima quest’opera che riporta alla mente, anche se diversissima geograficamente e culturalmente l’opera celebre Il canto della vita del poeta indiano Tagore. Anche la dimensione archetipica è sentita ed è forte nel contesto perché come ci fa bene intendere la prefatrice è la terra natale che l’autore ricorda e descrive nel tempo storico degli eventi, decantando l’antica civiltà della Magna Grecia, dove etnie di culture diverse si fondono e si estrinsecano nel verso “hanno plasmato la mia gente”. a fare da sfondo con i suoi colori e profumi che s’introiettano nell’anima del poeta facendo sgorgare con partecipazione sentita e commossa i versi. Fondamentale nel contesto una natura idilliaca che fa da sfondo a tutte le poesie espressione di quello che potrebbe essere definito un poiein neolirico tout-court nel ridefinire stabilmente una dimensione di linearità dell’incanto a trecentosessanta gradi. E in questo idillio emerge la tematica dell’amore sensuale e voluttuoso per l’amata che è fonte fondamentale di gioia in meravigliosi scenari d’alba quando l’unione dei corpi assume toni che rievocano vagamente il veterotestamentario Cantico dei cantici. ----Tutti componimenti sono centrati sulla pagina elemento che ne accentua la ritmicità che si traduce in una musicalità limpida, melodiosa e incantatoria. Una forma nitida e cristallina in una chiarezza rara ed esemplare sembra connotare le poesie raffinate e ben cesellate.
*
Raffaele Piazza

venerdì 25 dicembre 2020

SEGNALAZIONE VOLUMI = BRINA MAURER


** BRINA MAURER: "Vocabolari e altri vocabolari"- pagg.60, Macabor, euro12.
Chi ha convissuto a lungo con un animale: un gatto, un cane ma anche altri, sa benissimo che con loro si instaura un dialogo che è fatto di parole senza parola.
In questa silloge Brina Maurer traduce questa considerazione in poesia. Non è un percorso lastricato di petali di rosa, è anche sofferenza, sangue. Crudeltà che spesso gli umani dedicano non solo a se stessi, ma anche ad altre forme di vita che sono intrinsecamente innocenti in quanto vivono “gratuitamente”, senza la ricerca del profitto, senza la brama del potere sugli altri.
In queste pagine l’autrice suggerisce una logica che può sembrare assurda ma che è molto precisa e anche tenera. Gesù (Matteo 18,3) ha detto: «Se non cambiate e non diventate come bambini, non entrerete mai nel Regno dei Cieli». In queste poesie ci viene suggerito di diventare come le più piccole creature, capaci di amore senza ricompensa. La Vita non è una proprietà che si può dare e togliere, è ciò che pervade ogni atomo. In questa unione anche le offese agli animali diventano offese allo spirito universale. Che sta nei cieli ma anche in corpi con zampe e diversi vocabolari.
Ma c’è anche una riflessione sul senso della poesia che vale la pena di riportare: «Voglio una parola / che sia violenta scarica elettrica / pensiero per immagini, / taglio che chiude la pagina. / Non il sottovoce che non ha funzionato. // Voglio un intonaco arrotolabile / spolverato di cipria di marmo di Carrara / e travertino romano, / per coprire queste pareti di un nuovo inizio / perché l’errore non ricompaia».
*
Federico Caldera
(Recensione pubblicata in «Bacherontius», Dicembre 2020)

giovedì 24 dicembre 2020

SEGNALAZIONE VOLUMI = SIMONA CHIESI


***Simona Chiesi : “Con dita di scriba” – Ed. Tomolo – 2020 – pagg. 72 - € 10,00
Nell’accostare i versi della poetessa sembra immergersi in un tempio che ha del sacro e nello stesso istante del coloratissimo fulgore carnale. Poesia tutta tesa al colloquio, per il quale le tracce più varie si raccolgono e si ripetono simpaticamente fra tenerezze, occasioni di vita, rapporti improvvisi, respiro della natura circostante, lacerazioni del tempo, intrecci della passione, folgorazioni del quotidiano.
Ella ricama con astuta concretezza alcune confessioni, con il candore della gioventù: “Vorrei sentire il fremito dentro/ che riveli l’ansia tenera dell’amore/ e vesta le chiome del tiglio di sospiri/ che frusciano tra le foglie con gli occhi ridenti. / Tra i rami solchi argentei di lumache/ splendenti al tremolio di stelle./ Di novella Angelica sarei riflesso,/ specchio fulgente di brama e ardore,/ che nuda cerca tra i muschi/ la parte più nuda e vera di se.” E con estrema delicatezza ci avvia tra luoghi e visioni, tra immagini pittoriche e sospensioni, verso una luccicante incursione per “movenze di nebbia”, “rivoli e fiumi d’acqua”, “nell’immenso spazio quieto del cielo”, “con la stessa delirante sete/ di grappoli di fiori scarlatti”.
Il tentativo di fuga e di affrancamento dalla precarietà del nostro essere umano qui si discioglie e trova rifugio in rievocazioni che esigono la volontà di prolungare il cammino anche delle illusioni, se esse sono il magma che permette una libera confessione. Gran parte del tratteggio poetico di Simona Chiesi si adagia alla natura circostante e vedi apparire foglie, fiori, rami, ruscelli, nuvole, rocce evanescenti,, tramonti che dissolvono, il tocco del vento, il fiume che si pasce di pianti, lo sfolgorio dell’alba, il cigolio della porta di camera, una rondine lasciata sfrecciare in una pianura impervia.
Il realismo coglie l’attimo, trafigge il pensiero, ha impennate cromatiche dentro la metafora.
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ANTONIO SPAGNUOLO

SEGNALAZIONE VOLUMI = FRANCESCO TERRONE


***Francesco Terrone – Il cammino dell’amore---Guidaeditori – Napoli – 2019 – pag. 73 - € 10,00
Francesco Terrone è nato a Mercato San Severino (SA): è autore di numerose raccolte di poesia. La sua produzione poetica è trattata in varie opere pubblicate da Guido Miano Editore tra cui Storia della Letteratura Italiana. Il Secondo Novecento, vol. IV (2015), Itinerario Organico delle Critiche Letterarie alle Poesie di Francesco Terrone (2016). Dizionario Autori Italiani Contemporanei (2017), Analisi ragionata dei saggi critici riguardo a Francesco Terrone.
Il cammino dell’amore, la raccolta di poesie di Terrone che prendiamo in considerazione in questa sede, presenta una prefazione di Antonio Filippetti. intitolata Temi e valori universali nel “discorso amoroso” di Francesco Terrone, e un’introduzione di Michele Cucuzza, entrambe centrate, esaurienti e ricche di notevole acribia. Il volume. per la sua unitarietà stilistica e contenutistica, oltre che per il fatto di non essere scandito in sezioni, potrebbe essere considerato un poemetto e un canzoniere amoroso.
Cifra essenziale della poetica del Nostro è quella di una vena neolirica che a volte sfiora l’elegiaco, tipo di versificazione veramente raro nel panorama italiano odierno dominato dai nei orfismi e dagli sperimentalismi. L’io-poetante si effonde sulla pagina ed è molto autocentrato nel suo dire con urgenza che ha venature affabulanti.
Anche una chiarezza che non contraddice la complessità, caratteristica che si fonde con la prima, caratterizza il poiein del Nostro. Come scrive Cocuzza nella sua prefazione nella storia della letteratura poetica il genere contrassegnato dall’ispirazione amorosa occupa da sempre un posto di prima grandezza. Dalle origini ai nostri giorni, infatti, gli autori che hanno per così dire focalizzato il proprio lavoro sul tema dell’amore sono con ogni probabilità la maggioranza assoluta. Molto bella e alta la poesia eponima, la prima del volume, che è, come tutte le altre, connotata, da densità metaforica e sinestesica Nella suddetta con uno stile assertivo e diretto, il poeta delinea una poesia sulla poesia e nella poesia descrivendo in versi l’atto creativo della scrittura, la sua genesi. Quando afferma che a piedi nudi, solo, in una primavera di cenere nel buio dei suoi sentimenti ha pensato di scrivere parole, parole di cera. Da questo si evince che domina nell’amore vissuto dal poeta un forte senso di pathos quando dice con urgenza del buio dei suoi sentimenti e questo coincide con quanto affermato dallo stesso Cocuzza quando parla del rimpianto vissuto dal poeta per una meravigliosa intesa sentimentale svanita ma non dispersa, il ricordo dolce dell’appagamento magnifico, l’attesa, la speranza di nuove emozioni. A volte emerge un tu, probabilmente la persona amata alla quale il poeta lancia segnali attraverso le parole dalle quali trasuda un forte carica di dolore per il fatto di non essere ricambiato.
Altre volte invece, in altri componimenti l’amore è felicemente contraccambiato e diviene pure erotico e sensuale nella sua discreta descrizione.
*
Raffaele Piazza

martedì 22 dicembre 2020

SEGNALAZIONE VOLUMI = PLINIO PERILLI


***Plinio Perilli : “La distanza dalle cose” (la poesia di Domenico Cipriano)--Macabor, Francavilla Marittima, 2020 - pp. 64, Euro 10,00.
Lunghissimo saggio offerto alla poesia di Domenico Cipriano, elaborato con l’acume ed il bagaglio culturale ben noto di Plinio Perilli, che stende le sue osservazioni ed i suoi appunti con un’acribia eccezionale, esplosa in pagine equilibratamente ricamate. In apertura egli scrive: “Si parva licet, e a partire dalla sua ispirata ma anche giudiziosa carriera di giovane poeta, Domenico Cipriano non ha mai incoraggiato in se stesso né le fughe d'irrealtà, le pose "orfiche", insomma le affettate derive post-ermetiche... né, viceversa, la prosopopea egualmente esibita, o peggio recitata – in taluni ideologica, livorosa e faziosa – dell'impegno quotidiano, dell'ansia o ansa civile che finisce per schiacciare ogni ideale in ideologismo, ogni malessere in sistema filosofico, perfino ogni briciola di dolcezza o palpito di gioia, in una redenzione forzatamente gnomica, (dis)illusione – diciamolo pure – d'Epochè...” Parole che immediatamente mettono a fuoco quella che è stata ed è tutt’ora la linea di ricerca della parola, che l’ancor giovane poeta riesce ad elaborare, tra incursioni della creatività effervescente ed immersioni colorate della memoria, dentro quei confini che i ricordi incidono con insistenza.
Una sottile autoanalisi percorre trasversalmente quasi tutte le opere, una storia filtrata attraverso il dichiarato e la consapevolezza che la poesia scuote e avviluppa , attanaglia e tratteggia personaggi, figure, pensieri , illusioni, accadimenti, in forme colorite, o in accenni frastagliati.
“Siamo la generazione/ del cambiamento/ manto di vento/ che arrende il tramonto./ Specie protetta – la donna/ – ha maggiore consapevolezza/ ma non comprende/ parità è rispetto/ non conquista di vecchi difetti./ Anni di cambiamento/ in cui molti abdicano/ a stento.”
La rievocazione di eventi segna alcuni dei passi più significativi delle opere prese in esame, per una vitale e melanconica capacità di descrizione, per poi incidere invece con semplicità nella gioia di accadimenti misti al riflesso della immaginazione. I nuclei emotivi, gli squarci del pensiero, i momenti astratti della filosofia si rincorrono fedeli ad un atto di sottomissione quasi religioso, ma fedeli e vitali nella proporzione musicale del ritmo. Evocazioni, avvicinamenti, ripensamenti, affetti, impressioni, luoghi della memoria, elucubrazioni hanno tutti un substrato denso, un afflato personale, prezioso e coordinato.
Il lavoro di Plinio Perilli diviene un brindisi luminoso ed effervescente per un poeta che conosce bene quale sia il nutrimento per sopravvivere al labirinto che i versi sono capaci di tessere.
*
ANTONIO SPAGNUOLO

domenica 20 dicembre 2020

POESIA = RAFFAELE PIAZZA


***Domenica fiorevole di Alessia***
Poi nel tempo prima della felicità
durata già serena dell’anima
di ragazza Alessia domenica
di sole a scendere nelle pieghe
della mente e la memoria
di Alessia per guarigioni
ad ogni passo protesa al sole
di dicembre domenica benedetta
nello spargere la fragola
nel camminare nel condominiale
viale di da rinominare piante
con le tasche del jeans sdrucito
piene di sogni belli.
*
Raffaele Piazza-

venerdì 18 dicembre 2020

NOVITA' IN LIBRERIA ---


****Un volume voluto dal critico Lorenzo Spurio sul poeta “con il fuoco nelle mani”****
Nelle scorse settimane, dopo più di due anni di ricerca, lavoro, approfondimento, studio e coordinazione, - come ha osservato il curatore il critico letterario Lorenzo Spurio - è stato pubblicato il volume collettano Il canto vuole essere luce. Leggendo Federico García Lorca”, con prefazione del poeta partenopeo Antonio Spagnuolo, per i tipi di Bertoni Editore di Perugia.
L’ampio libro, introdotto da uno stilizzato e raffinato ritratto a china del poeta spagnolo (opera del Maestro Franco Carrarelli di Avellino) si compone di tre parti: una prima parte con interventi critici sull’opera letteraria (tanto poetica che drammaturgica) di Federico García Lorca a firma di Lorenzo Spurio, Lucia Bonanni, Cinzia Baldazzi e Francesco Martillotto.
Nella seconda parte stono presenti vari testi poetici di autori classici – coetanei e amici di Federico García Lorca – che gli dedicarono poesie e composizioni commemorative. Vengono riportati testi in lingua originale (e tradotti in italiano) di Rafael Alberti, Manuel Altolaguirre, Luis Cernuda, Miguel de Unamuno, Miguel Hernández, Antonio Machado e Pablo Neruda.
Nella terza e ultima sezione, invece, sono presenti una serie di poesie scritte da autori contemporanei ispirate/dedicate a Federico García Lorca (testi di Lucia Bonanni, Luisa Ferretti, Emanuele Marcuccio, Michela Zanarella, Daniela Raimondi, Giorgio Voltattorni e del sottoscritto).
Non meno influente, per chi è appassionato dell’universo lorchiano, è una nutrita bibliografia sulla sua vita e opera, utilizzata nel corso della stesura del presente volume e alla quale si rimanda per eventuali e ulteriori approfondimenti.
L’importante progetto editoriale ha visto la collaborazione di Lucia Cupertino e Hebe Munoz che si sono occupate di tradurre e revisionare una parte delle traduzioni della seconda sezione del volume e del già citato artista campano Franco Carrarelli – noto come “L’Irpino” – c he già in precedenza, con alcuni suoi schizzi a china, aveva impreziosito con illustrazioni grafiche la plaquette poetica di Spurio, “Tra gli aranci e la menta. Recitativo per l’assenza di Federico García Lorca” (PoetiKanten, Sesto Fiorentino, I-2016; II-2020). Anche in questa circostanza non ha fatto mancare la sua pregevole collaborazione (oltre al disegno di copertina, all’interno vi sono varie altre illustrazioni).****

POESIA = LUCA GILIOLI


***via***
sgombro
il mio volto
via gli occhi
via il naso
via la bocca
che nessuno
veda in me
futuro e
mi oltrepassi
***
***Camilla***
sospiro
un pendolare
d’impiccati
tra me e
l’incanto
di una stella cadente.
**
***la Chiave***
non cerco
la chiave
che apra
tutte le porte.
cerco
la Chiave
che mi permetta
di chiudermi dentro
per sempre.
LUCA GILIOLI
*
Luca Gilioli nasce il 12 dicembre 1984 a Modena. Consegue la laurea in Scienze della Cultura presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Modena e Reggio Emilia. Dall’età di sedici anni scrive poesie, con le quali riceve numerosi riconoscimenti in concorsi letterari nazionali. I suoi testi sono presenti oggi su antologie, riviste e blog di settore. Le sue raccolte poetiche s’intitolano Orionidi (Bernini Editore, 2011), Dodici (Edizioni Il Fiorino, 2012) e Di mossa in mossa (Edizioni Il Fiorino, 2020). In seguito al terremoto che ha colpito il territorio della ‘Bassa modenese’ nel 2012, Gilioli ha curato assieme alla scrittrice Roberta De Tomi l’antologia poetica solidale La luce oltre le crepe (Bernini Editore, 2012). Parallelamente alla collaborazione con varie riviste letterarie, Gilioli svolge l’attività di correttore di bozze.

giovedì 17 dicembre 2020

SEGNALAZIONE VOLUMI = CARMINE DE FALCO


***Carmine De Falco, Meduse di Dohrn , Bertoni Editore, 2020, pag. 117. € 12,50
Il recente libro di Carmine De Falco, Meduse di Dohrn (Bertoni Editore), è percorso e scosso da una tensione che non teme di violare la grammatica e di fare scricchiolare la sintassi: frasi “fatte di grammatiche indigeste”. La sua scrittura è densa, satura.
Nell’ampia e illuminante Postfazione, Ferdinando Tricarico parla di “poesia intesa come analisi della realtà e critica sociale” e di “una lingua del reale deflagrata nelle sue stesse contraddizioni interne”. Anche Luca Ariano, nella breve e precisa Prefazione, sottolinea “l’uso della lingua che, riflettendo certe brutture linguistiche contemporanee, mescola in maniera volutamente ironica linguaggi tecnici e anglicismi, ma anche una personale riscrittura del dialetto napoletano”.
È utile ricordare che nel 2012 De Falco e Ariano hanno scritto a quattro mani la raccolta I Resistenti e che il poeta Tricarico è nato a Napoli proprio come De Falco che però, da tre anni, vive e lavora come esperto di comunicazione digitale a Copenaghen. Napoli è decisamente presente nel libro a cominciare, se non mi sbaglio, dal titolo suggestivo che si rivela un omaggio alla città. Anton Dohrn è stato uno zoologo tedesco che nel 1870 fondò la Stazione Zoologica napoletana la quale tuttora studia le conseguenze dei cambiamenti climatici sulla zoologia marina. La proliferazione odierna delle meduse ne è un esempio. Il volume, che contiene la produzione poetica dell’ultimo decennio, si divide in tre sezioni: “Poesie dei dopo disastri annunciati”, “Quadre danesi” e “Sature”. Si tratta, dice Tricarico, di “una miscellanea di poesie e prose…di poesia in prosa, di prosa poetica”. La scrittura ibrida e ruvida di De Falco, aperta al plurilinguismo e alle contaminazioni, per niente intimorita dall’impoetico, attratta dalla saggistica e dal lessico delle nuove tecnologie, si rivela particolarmente adatta e in sintonia con gli argomenti trattati. Le sue parole non si dispongono ordinatamente e serenamente sulle pagine ma possiedono l’impeto della denuncia e rispecchiano l’inquietudine delle cose, dei fatti, della vita e del mondo. “I temi trattati”, fa notare Tricarico nella Postfazione, sono “le ingiustizie, le violenze, il razzismo, le migrazioni, le sofferenze degli ultimi e degli esclusi…”. Ariano nella Prefazione sottolinea che “le poesie di questo libro descrivono non solo il presente ma anche un ipotetico futuro”. Nella raccolta si parla ad esempio di intelligenze e menti artificiali (“che sapranno riconoscerci”); di radiazioni (“l’aria febbricita di scariche elettriche”); di realtà virtuali, profili social, sensori, cellulari; di robot e droni; di bitcoin e finanza creativa; di pressanti messaggi pubblicitari; di una valanga di informazioni che ci assedia (“è così estesa l’enciclopedia di notizie / che basta un niente ad evocare terrori”); di disumanizzazione e spersonalizzazione (“macchine che costruiscono macchine che costruiscono macchine”); di inquinamento, spazzatura, rifiuti, scorie e roghi (“Le narici sono piene di nausea… / Tocchi l’aria e sa di squame di pesci giganti e particelle / di plastica invisibile”); di profughi, clandestini, barconi (galleggiano nei mari “cadaveri di clandestini a decine”); di solitudini e sopravvivenze.
Tricarico assicura che le poesie di De Falco acquistano “ulteriore slancio comunicativo nella lettura a voce alta”. Quando verrà sconfitto questo maligno virus attendiamo l’autore per ascoltarlo dal vivo. “Meduse di Dohrn è un’opera”, chiarisce lui stesso, “interamente Covid-free, che si è stratificata negli anni ed è frutto degli innumerevoli incontri che ne hanno accompagnato la stesura fino al termine dell’anno 2019”.
*
Giancarlo Baroni

mercoledì 16 dicembre 2020

POESIA = ANTONIO SPAGNUOLO


***Da CANZONIERE DELL’ASSENZA - Cancionero de la Ausencia***
PAROLE
Le mie parole hanno il giogo dell’edera,
strette ai rami, irrequiete al vento per ricordi,
cingono la solitudine in quel nodo
che il nostro amore mostrava insaziabile.
Lungo il tempo hanno un palpito delicato
inseguono il rumore della gente
che non conosce la soglia del cielo
e cede all’ombra dei frammenti
tra le ciglia e gli sguardi.
L’orizzonte incide la tua assenza,
che aleggia timorosa indecisa
nell’eterna vendetta dell’infinito.
"Palabras"
Mis palabras tiene nel yugo de la yedra , estrechadas
a las ramas, inquietas al viento por recuerdos
recogen la soledad en aquel nudo
que nuestro amor mostraba insaciable.
En el tiempo tienen un palpitar delicado
siguen el rumor de la gente
que no conoce el umbral del cielo
y cede a la sombra de los fragmentos
entre las pestañas y las miradas.
El horizonte labra tu ausencia,
que aletea temerosa indecisa
en la eterna venganza del infinito.
**
Traduzione FRANCESCA LO BUE
***
INCERTEZZE
Ho paura per quelle sillabe perdute
tra i versi ancora incerti, che lasceranno una cifra
per comunicare astrazioni, o l’incognita
traccia di una soffice preghiera nei colori.
Ancora il freddo ha il grigio dei sussurri,
nelle frequenze divenute ostili,
inseguendo quel tratto d’ombra
che vortica nella nostalgia dei ricordi.
Forse il segnale che insegue modelli
ha teorie d’emozione, ed io ripeto
frantumi delle palpebre in silenzio.
"Incertidumbre"
Tengo miedo de aquellas sílabas perdidas
entre versos aún inciertos, que dejarán una cifra
para comunicar abstracciones, o el incógnito
trazo de una blanda oración en los colores.
Aún el frío tiene la grisura de los susurros,
en frecuencias ya hostiles
persiguiendo aquel trazo de sombra
que se arremolina en la nostalgia de los recuerdos.
Quizás la señal que persigue modelos
tiene teorías de emoción y yo repito
añicos de los párpados en silencio.
*
Traduzione FRANCESCA LO BUE

POESIA = MIRELLA CRAPANZANO


*** I ***
esistono paesaggi invisibili
che colgo ovunque
con lo stato interiore adatto
se osservo una sedia vuota
la rosa sulla scrivania o ascolto
gli scricchiolii della mia casa
la luce che filtra tra le cose inaspettata
se al mattino inspiro il sorgere del sole
o lascio che sia la voce della luna
il mio silenzio - a volte sono voci
sconosciute ricalcano le ombre
dei miei passi solo per dire che ci sono
altre mi tornano imbevute dagli odori
allargo le narici a comprenderne
i contorni la malinconia che a tratti
ha il volto di di mia madre
l'ultimo abbraccio premonitore
la mancanza e quello che non si
può dire con le parole che arriva
prima a invadere la stanza
***II***
è una notte di cera dove dimorano
sussurrati propositi di resurrezioni
nell'equilibrio dei rami si posa
la neve oltre la cinta screpolata
oltre la pietra sta immobile un corvo
il crepitio del vento traccia venature
sottili al tempo, le scritture nodose
sulle cortecce sono preghiere
per le foglie semisepolte a macerare
nel silenzio fitto del bianco
***III***
alla grammatica del buio oppongo
una rivolta semiseria
sciolgo i pastelli sul bianco della faccia
il rosa ha l’ovvietà nascosta della camelia
l’indaco è nella pioggia che raccolgo
tra le mani come specchi d’acqua per divinazioni
il verde sconfina tra i capelli a riprodurre un prato
il giallo è all’innocenza del matto
l’incoscienza che vira subito dopo al rosso
così dipingo tutto il corpo
traghetto quadratini di viola e azzurro
tutto intorno e rido.
*
MIRELLA CRAPANZANO
*
Mirella Crapanzano, è nata ad Agrigento nel 1959. Vive in Piemonte, nel Canavese. Si occupa di pittura e poesia. Ha pubblicato le raccolte Le stanze del fiore nero, (Lietocolle, 2014), Terracqua (Terra d’ulivi, 2016) Il Labirinto (Il Convivio, 2018) La fragilità del bruco (Macabor 2020). Sue poesie sono presenti in diverse antologie poetiche e su numerose riviste letterarie e blog online.

martedì 15 dicembre 2020

SEGNALAZIONE VOLUMI = SALVATORE QUASIMODO


***Salvatore Quasimodo – "Tutte le poesie"--- Nuova Edizione Mondadori – Oscar moderni Baobab - Milano – 2020 – pag. 661---- A cura di Carlangelo Mauro----- Introduzione di Gilberto Finzi
Il senso della riattualizzazione dell’opera poetica integrale di Salvatore Quasimodo che viene trattata nel volume colma un parziale silenzio della critica sul poeta italiano Premio Nobel nel 1959.
Colpiscono nel lettore oltre ai testi poetici l’attenta curatela di Carlangelo Mauro e l’esauriente introduzione di Gilberto Finzi che colgono nel segno la fisionomia di Quasimodo poeta, letterato e uomo.
Il Nostro è stato un poeta tra i più rappresentativi della generazione post – ungarettiana.--- In lui appare importante una ricerca raffinata dei valori della parola che si unisce al riaffiorare dei miti: Ed è subito sera (1942), Giorno dopo giorno (’47), Il falso e il vero verde (’56), La terra impareggiabile (’58), Pregi notevoli di sensibilità e di stile ha anche la sua opera di traduttore dal greco e dal latino: Lirici greci (1949), Il fiore delle Georgiche (’42), Canti di Catullo (’55), Il fiore dell’antologia Palatina (’58). Sorprendentemente il primo dato che emerge dalla lettura delle poesie di Quasimodo è un’incontrovertibile chiarezza, sia che l’io – poetante autocentrato si ripieghi su sé stesso sia che si apra ad un tu del quale quasi ogni riferimento resta taciuto che presumibilmente è la figura dell’amata. Il tempo è rarefatto e pare farsi verbo in atmosfere che si rifanno al mito che diviene epica del quotidiano e valore universale in una dimensione alta e pregevole nella quale, grazie alla patina classicheggiante, sembra di entrare nella dimensione dell’atemporalità. Di componimento in componimento il lettore constata che Quasimodo tratta epifanie dell vita in cui identificarsi scoprendo attraverso le sensazioni e le emozioni che le parole suscitano approcci nuovi alla realtà nella quale solo la parola poetica diviene l’uscita di sicurezza, il varco salvifico. Colpisce nella poetica di Salvatore la matrice biologica che lo lega alla sua natia Sicilia con le sue bellezze naturali e artistiche, terra che attraverso una parola che ha qualcosa di magico diviene ispiratrice. È una natura quella di Quasimodo che tende a rigenerarsi e a rigenerare come avviene negli emblematici versi: …/ché terra e sole e dolce dono d’acqua/ t’ha fatto nuova ogni fronda. Nel nominare e rinominare la natura contrariamente ad un altro Premio Nobel per la poesia, Seamus Heaney, poeta che descriveva le specie vegetali con precisione tassonomica (per esempio non diceva rosa ma rosa canina), Quasimodo dice albero genericamente universalizzando il suo ordine del discorso.
Tutto il poiein di Quasimodo si gioca nei massimi sistemi dell’essere anche nei sentimenti che il poeta prova per la natura, l’amata e per sé stesso.
*
Raffaele Piazza

SEGNALAZIONE VOLUMI = ANNA SANTOLIQUIDO


***Anna Santoliquido : “Una vita in versi” – Ed. LB Edizioni – 2018 – pagg.228 - € 16,00
Volume molto complesso questo curato da Francesca Amendola, quasi compendio di una vita di ricerca, aggregato ad antologia di testi. I capitoli sono : Interviste e testimonianze, Poesie dedicate, Poesie tradotte in latino, Racconti, Poesie e musica, Disegni e ritratti, Fotografie, Documenti, Bibliografia. Un corposo documentario che vede svariate firme alternarsi tra i numerosi interventi: da Concetta Antonelli a Lorenza Colicigno, da Dimitrios Boukos a Laura de Luca, da Gaetano Bucci a Francesco de Martino, da Andrea Filippetti a Vanna Zaccaro, da Orazio Antonio Bologna ad Antonio Golia, da Antonio de Rosa a Claudio Stea, per citarne soltanto alcuni.
“Anna costruisce le opere sull’entrelancement, per comporre un arazzo- scriva Amendola in prefazione – nel quale riprende e sospende i fili tematici di terra e mare, tra la sacralità delle cose antiche, di cui la casa di ietra è l’emblema, e presagi oscuri che si tingono di sangue e ci conducono nella desolazione dell’incomunicabilità della società liquida.”
Le pagine corrono veloci, tra le copiose sfaccettature che costituiscono il fondamento di una memoria variegata e complessa, nel nome di una docile e coordinata successione, tale da costruire un vero e proprio almanacco, dall’inevitabile sussulto emotivo.
La scrittura consente tappe e luoghi, simboli e metafore, processi sentimentali e incontri d’occasione, in uno squarcio ampio e preziosamente ricco.
La sezione “disegni” apre orizzonti colorati di notevole interesse, firmati da amici come Mario Lunetta, Grazia Lodeserto, Rocco Barbarito, Michele Damiani, Laura De Luca, mentre la sezione “fotografie” compone un album di ricordi per gli avvenimenti simpaticamente disciolti negli anni trascorsi.
Anna Santoliquido ha attraversato decenni immersa nella scintillante cultura che distingue il poeta che riesce a sfolgorare in una centrifuga, la quale sappia tradurre nella pagina i valori di una ricerca tutta tesa nelle sfumature del ritmo musicale dei versi.
*
ANTONIO SPAGNUOLO

lunedì 14 dicembre 2020

SEGNALAZIONE VOLUMI = MIRELLA CRAPANZANO


***Mirella Crapanzano :”La fragilità del bruco” Ed. Macabor – 2020 – pagg. 64
“…incespico sugli attimi/ che afferro se brillo d’emozione/ se appoggio il pensiero a un volo”
Registra in una poesia d’incipit, e sussurra quasi ad avvertire il lettore che il palpito dei sentimenti è perennemente sospeso ad un alito di vento che può vertiginosamente capovolgere ogni illusione. Non disperde l’attimo che dalla vita fugge senza interruzione, passo dopo passo, nel rigoglioso luccichio che il giorno propone ad ogni vivente, e ricamando i versi con ininterrotto sussulto delle armonie cerca di mantenere ben salda la passione che sostiene.
Alcuni passaggi lirici sono dei veri e propri acquerelli policromatici, dove i colori si alternano tra il raggio opale della luna e le linee morbide delle colline, fra la trasparenza dell’acqua lacustre e il volo di una libellula, tra la solitudine del pescatore e il passo cadenzato che si spegne, tra le crepe del muro un esercizio selvaggio e le parole che non sanno fissare un margine. Poesia che si stempera con maestria tra le figure tratteggiate, tra il ripetersi del pensiero, tra le metafore che abbagliano.
“L’osservazione della realtà circostante,- scrive Franca Alaimo in prefazione- da cui si origina ogni testo della raccolta, viene dilatata fino a comprendere la vastità plurisimbolica di ogni elemento che immette il lettore in una sorta di spazio sacro, in cui piante, animali, acque, terra e cieli sono allo stesso tempo concreti e spirituali; quasi che essi iscrivano nello spazio e nel tempo “una danza ipnotica che scorre sulle punte/ ruota come i dervisci spiega l’amore”.
L’universo immaginario viene dominato dalle pulsioni, in una delicata compensazione tra le tensioni del quotidiano ed i fantasmi degli scenari visivi, quasi capace di trasformare il sovraccarico dell’invasivo in una vertigine esistenziale che sospinge verso il salvifico. In privato ella scrive: “È un libro frutto della mia ricerca spirituale nell' avvicinarmi all'essenza delle cose, all'amore quindi, attraverso il mutamento delle abitudini, la riconquista di arti, segni, sensi e linguaggi che possano innamorarci della vita in tutte le sue declinazioni e forme.” Derivare quindi l’accento del ritmo dalle intime vertigini che coinvolgono il sub conscio, quando interroga le proiezioni della realtà che ci circonda, e fornisce percezioni ed incitamenti che provengono dal mondo esterno, e distacca i coaguli dell’immaginario in una logica che sembra razionale, ma che ha le particolari sintonie dell’irrisolto. Scrittura che si offre nelle sue variabili combinazioni strutturali, tra un verso che accenna all’endecasillabo ed un tocco saltellante, musicalmente orecchiabile, nella quale l’autrice rispecchia un processo di elaborazione che investe l’archetipo e raggiunge il flusso continuo delle agglutinazioni. Un fluire inaspettato del tempo che corrode tutto ciò che ci appartiene, ma in contemporanea l’attesa di un’illusione quasi mistica, o contemplativa, che cinga di metafisico per rigenerare i sentimenti.
“tra le foglie il passo cadenzato che si spegne/ piano dove finisce il giorno la compostezza/ di un addio che scivola lento come una carezza.” L’avvio che scioglie l’inevitabile dissolversi del tocco, che potrebbe rimanere assolutamente invisibile , ma che non sarà mai assente, se si affida alla sorte o al declino dello stupore.
**
ANTONIO SPAGNUOLO

SEGNALAZIONE VOLUMI = FRANCESCO TERRONE


**Francesco Terrone – Quando finisce la luce Guido Miano Editore – Milano – 2019 – pag.87 – 4,00
Francesco Terrone è nato a Mercato San Severino (SA); è autore di numerose raccolte di poesia. La sua produzione poetica è trattata in varie opere pubblicate da Guido Miano Editore tra cui Storia della Letteratura Italiana. Il Secondo Novecento, vol. IV (2015), Itinerario Organico delle Critiche Letterarie alle Poesie di Francesco Terrone (2016). Dizionario Autori Italiani Contemporanei (2017), Analisi ragionata dei saggi critici riguardo a Francesco Terrone.
Quando finisce la luce, il libro di poesia di Francesco Terrone che prendiamo in considerazione in questa sede, presenta una prefazione di Nazario Pardini esauriente e ricca di acribia. L’opera è illustrata con fotografie di dipinti eseguiti con varie tecniche e di sculture in legno di molteplici autori. Si crea così una interessante osmosi tra poesia e arti figurative anche se non necessariamente le poesie hanno un’attinenza con le sculture e i dipinti. Del resto è indicativo a tale proposito l’inserimento nel testo prima della prefazione dello scritto Parallelismo delle arti di Michele Miano. Il titolo della raccolta è tratto dall’ultimo verso del primo componimento intitolato La rondine e la zanzara. Lo stesso titolo evoca un senso di perdita e di pessimismo un sentore di spleen che è tipico nelle opere anche di poeti contemporanei. Del resto i poeti sono spesso ultrasensibili e la loro produzione poetica stessa diviene il viatico per superare le difficoltà della vita che non è arte e spesso dà scacco all’individuo. La raccolta non scandita potrebbe essere letta come un poemetto o canzoniere amoroso e se è vero che l’amore stesso fa soffrire può riservare gioie ineffabili connesse alla capacità di controllare le emozioni e tutto questo discorso è connesso alla capacità d’amare che è espressione nelle persone di intelligenza e sensibilità nel manifestare i propri sentimenti. Le poesie di Terrone neo liriche tout-court sono sempre in bilico tra gioia e dolore nel relazionarsi dell’io – poetante alla figura dell’amata nel creare situazioni nelle quali tutti potrebbero identificarsi. È struggente il pathos espresso da Francesco in molte poesie per il manifestato timore di non essere ricambiato dalla sua donna. Come contraltare incontriamo anche componimenti nei quali l’autore manifesta intima e profonda gioia vincendo la malinconia nel vivere lasciandosi andare nella sua passione. In Ti amo il poeta ci presenta la rima cuore – amore che è tipica di molti poeti del passato. L’amore stesso trova sfondo in contesti naturalistici anche idilliaci e le emozioni provate dal lettore si amplificano attraverso la contemporanea fruizione delle opere figurative che sono di grande pregio. Il poeta esprime una notevole linearità dell’incanto attraverso composizioni che sfiorano anche l’elegiaco e si esprime con un versificare luminoso e narrativo nella sua forte chiarezza e immediatezza che ha una forte presa sul lettore.
**
Raffaele Piazza

sabato 12 dicembre 2020

POESIA = EMANUELA DALLA LIBERA


***Addii***
Ho attraversato molti addii,
giorni affollati di voci tramontate
nelle forme eterne della luna
dove indimenticate effigi restano
a navigar la luce nei malinconici volti
della sera quando il mondo ha un altro suono
e la notte si avvicina accendendo stelle
nell’arsura dell’universo e della vita,
e nella marea silente delle ore ammutolite
lampi si accendono di memorie inascoltate,
parvenze irrinunciabili di storie non più vere.
E sono i nostri gesti e le voci e gli sguardi
e il sentire nostro fermi nella voragine
del tempo e gli addii si incollano ai vetri
e ai balconi nelle sere in cui il vento
soffia piano e pare sibilare un pianto
tra le foglie che cadono nel fiume.
*
***Bianchi monti di là del mare***
(Un giorno a Trieste)
Ho visto bianchi monti di là del mare,
vette lontane nel cielo chiaro. Ho goduto
un giorno quieto come pochi, un giorno
raro, voci intrecciate all’aria in riva al molo,
passi colmi di vita e di clamore nelle piazze
dove il sole stampa sui palazzi il suo fulgore
e sulle statue epigoni di una storia ammutolita.
La collina resta arsa alle mie spalle, come la vita
che torna sul crinale a spegnersi la sera, e a dirsi uguale.
Ma oggi le ore sapevano di nuovo, diverso
il loro ticchettare tra strade che non ripeterò domani.
Ritornerò, domani, al consueto andare.
Fuggiasca in un giorno fuggitivo di pace inaspettata,
sguscerò anch’io, senza saperlo, senza volerlo,
da questa calma luce che scivola sul molo,
da questa quiete che nutre pochi istanti e reclina
il capo sul tempo che non dura, da questo giorno chiaro che palpiti bisbiglia, e nel volo di un gabbiano,
in un battito di ciglia, dall’orizzonte sale e piano muore.
*
***Senti, ascolta***
Senti. Si dilata un suono di là della collina
dentro l’aria che immobile lo accoglie.
Dalla torre vecchia rintocchi lenti si adagiano
sui vicoli del borgo, tra l’amore dei vasi
sulle soglie e le ombre delle pietre nel tramonto.
Ascolta. È il suono che ho sepolto nel passato,
nelle notti abbracciate al firmamento,
quando, paga di vaghezza e di contento,
cedevo al sonno buono che serbava l’innocenza
e mi scorrevano negli occhi giorni ignoti
in lontananza, visioni appese a un domani
fiducioso. Bastava, allora, a preservar dal fato
l’ingenuo abbandono al tempo che fuggiva,
un rintoccare lento sperduto nella notte,
poi la quiete, il silenzio, e un vento di ponente
a diradar le forme già vissute, di nuove note
accendere il presente sul giorno incline
alle trame disegnate. Lento mi si spegne
ora l’eco tra le mani nella sera che i suoni
sparge al borgo e sulle alture e tra i boschi
li depone, reliquie dolci di un mondo di confine.
Vedi, sulle ali del mio tempo, profondo,
un altro tempo per sempre mi sostiene.
*
EMANUELA DALLA LIBERA
*
Emanuela Dalla Libera scrive:
Sono nata a Vicenza dove ho vissuto a lungo e dove ho insegnato Letteratura Italiana nelle scuole superiori.
Per ragioni familiari ho vissuto lungamente all’estero, in India e negli Stati Uniti. Da qualche anno trascorro gran parte dell’anno in Maremma Toscana dove ho iniziato a dedicarmi alla scrittura poetica.
Ho pubblicato una raccolta poetica dal titolo “Lo sguardo altrove” edita da Gilgamesh, risultata finalista o premiata in vari concorsi di poesia, e una seconda raccolta, “ἡσυχία, Sedimentare il tempo”, ugualmente edita da Gilgamesh. Altre poesie singole o sillogi hanno ottenuto premi da podio o riconoscimenti in concorsi nazionali e internazionali.

POESIA = RAFFAELE PIAZZA


***Alessia alla scuola della vita***
Nell’aula del Parco Virgiliano
nel freddo del sole di dicembre
a proteggere una zona d’ombra
del volo più basso dei gabbiani
sente Alessia la voce a dirle
di non avere paura, di non telefonare
di aspettare… Scuola della vita
nell’accendersi dell’azzurro
degli occhi di ragazza Alessia
e poi squilla il telefonino.
*
RAFFAELE PIAZZA**** Raffa

SEGNALAZIONE VOLUMI = MASSIMO MORASSO


***Massimo Morasso : “L’amore, il silenzio, la bellezza” – nella poesia di ogni tempo e paese- Ed. AnimaMundi 2020 – pagg. 128 - € 12,00 –
“Difficile, se non impossibile, leggere questo libro, senza soggiacere alla potenza iconica che si sprigiona dal titolo, con quella triade d’eccezione- amore, silenzio, bellezza-, qui convocata a suggerire, oltre ai cardini tematici, gli snodi figurali di un percorso sapienziale dove il linguaggio, i nomi, ci vengono incontro come grandi allegorie”. Sono queste le parole con le quali apre la sua postfazione Daniela Bisagno.
Un viaggio che apre il ventaglio multicolore della poesia di autori ben noti e scrupolosamente approfonditi durante l’arco della ricerca culturale, sostenuta nei secoli e ripetuta con prestigiosa epifania. Da Saffo, Petrarca, Catullo a William Butler Yeats, Mario Luzi, Emily Dickinson; da Rainer Maria Rilke, Paul Celan,Novalis a Giuseppe Ungaretti, Sylvia Plat, Michelangelo Buonarroti; da Friedrich Holderlin, Guido Cavalcanti, Ezra Pound a Charles Baudelaire, Jaime Saenz, Thomas Stearns Eliot, per citarne solo alcuni di questa corposa antologia, dedicata alla illuminazione dei versi, così come una galleria che propone visioni che sono capaci di annullare il silenzio.
Ma la ricchezza dell’opera consiste nella avventurosa inquietudine che Massimo Morasso ha saputo incidere nelle pagine citate, con il tocco magico della interpretazione di ogni singolo testo, affondando la sua “reazione” nelle emozioni e sensazioni che ogni poeta appone con il suo sigillo.
Un’operazione condotta con la certosina caparbietà dello spigolatore, il quale, ri/leggendo i versi dei grandi, traduce la sua interpretazione in brevissimi saggi, passo dopo passo, attraverso i quali la grazia poetica della scrittura si insinua nello splendore di un’atmosfera di chiarezza avvolta nella tipica stesura della esperienza personale.
I segni che uniscono tutti questi poeti e la grazia con la quale essi vengono decodificati sono delle perle prestate all’ascolto, nella stesura essenziale del sentimento che si manifesta cromatico dentro i confini del simbolo.
*
ANTONIO SPAGNUOLO

venerdì 11 dicembre 2020

SEGNALAZIONE VOLUMI = FRANCESCA LO BUE


Recensione di Aurelia Rosa Iurilli =
Albero di Alfabeti/ Árbol de Alfabetos - Raccolta poetica bilingue di Francesca Lo Bue**** =
E se dai testi precedenti il lettore oramai conosce le predilezioni letterarie e spirituali di Francesca Lo Bue, in questa ultima silloge Albero di Alfabeti/Árbol de Alfabetos, accanto ad ella sfoglia i simboli e le lettere e le pare di toccare il mistero, il nome e l’essenza del mistero. Con lei esplora la definizione di mistero, di cosa è fatta la sua alchimia sfuggente. Ma il mistero è ancora più in là. Mistero è il segno tracciato di ogni lettera, mistero è la congiunzione di caratteri che formano il nome: nome dell’universo e delle cose che sono nell’universo, nome del Fattore e di coloro che sono stati fatti. Yahvé è il nome. Yahvé è il sacro, la cifra, la destra di misericordia. Yahvé fu il tuo nome nell’antica lingua. Yahvé fue tu nombre en la antigua lengua de los Padres Perché l’alfabeto è la parola che dice “eccomi” spiega Francesca nell’Introduzione. Orbene. L’intreccio e la qabbalah, la cifra e il nome, il segno e la parola, si moltiplicano e schiudono a ventaglio nel testo secondo una architettura simmetrica. Dopo l’Introduzione in italiano, è prima il poemario secondo l’alfabeto italiano e la corrispondente traduzione spagnola. Poi, il poemario secondo l’ordine dell’alfabeto spagnolo e la corrispondente traduzione in italiano. Infine, nella terza parte, sottotitolata appunto Traduzioni, traduce poemi di Neruda, Dickinson Kavafis, i cui temi sono affini al mistero-tema che ella propone nei suoi: l’esilio, la casa, le mura. La quotidiana e semplice scrittura è un rito. È la forza di un’acqua aurea che mi chiama al rito, eccelsa di poesia. Esorta a compiere parole di armonia. Es la fuerza de un agua áurea que me llama al rito excelso de la poesía. Exhorta a cumplir tus palabras de armonía. o un tabernacolo a cui si accede ed entra invocando-tracciando la magia dell’alfabeto quale talismano: L’alfabeto è la scrittura, generazione di alfabeti, riscatto, talismano, respiro di parole, strumento per entrare nell’Immensità, ossessivamente definisce Francesca nell’Introduzione, e sembrerebbe essere giunta a una certezza: Nel grande alveolo dell’alfabeto –il Linguaggio- c’è un io che dice testardamente i nomi. Sacralità della scrittura, sacralità del gesto, sacralità del suono a cui il segno rimanda: C’è Dio nelle parole... Esse sono il suo dono, cifra e chiave. E c’è il nome nelle lettere: i tuoi nomi infiniti, il nome che racchiude una città, Rimembro il nome, talismano, ma soprattutto Nome d’acqua è fecondità e salute. Il nome terrorizza nelle notti insonni delle brame, Tu nombre de agua es fecundidad y salud. Tu nombre terrorizza en la noche insomne. la sacralità è nella voce, nel respiro e nell’alito creatore, nella parola alfabeto… Hapax, chiave e ora giusta del mio alfabeto, Hallalì, hallalì, nel silenzio! Hay una llave maestra para el instante único. Entrar en el alfabeto infinito, Il sentiero che mano nella mano abbiamo percorso con la autrice ci ha portato a un punto molto alto di spiritualità Yahvè fu il tuo nome nell’antica lingua,/Yiddish ti pregava, davanti a un muro secco./Yoghin inerme balbettava il tuo nome in una cella nuda e lo/Yemenita ti scrutava fra gli specchi allucinati delle sabbie./Yahvé fue tu nombre en la antigua lengua de los Padres./Yiddish suplicaba delante de un muro desnudo. Amaba y bendecía el/yugo de tu nombre. =
Il perché del titolo
Bel simbolo è l’albero e ricco di messaggi. L’albero è asse che congiunge cielo e terra, è croce, è albero del bene e del male. L’albero ha i rami lanciati al futuro per cui è albero genealogico, albero della vita, della conoscenza, albero di alfabeti o delle ventidue lettere che insegnano i sentieri della saggezza. Albero che può presentarsi terreno e che Francesca può coprire di fiori: albero di zagare, albero di stelle. Albero ripete la metafora di Libro, di una precedente raccolta di Lo Bue.. Albero e libro concepiti come elementi che raccolgono e contengono: albero che raccoglie alfabeti, libro che raccogli parole. Albero e libro sono metafora dell’atto corale che compie l’umanità. E questo continua l’idea di molteplicità e di infinito: ogni generazione coniuga l’alfabeto secondo l’impronta del suo tempo e aggiunge la sua pagina al libro infinito. =
Quando il dolore diventa lirica. Il problema della traduzione Versi di Esilio e riscatto una composizione più lunga di Neruda, 609 di Emily Dickinson e Le mura di Kavafis costituiscono Traduzioni terza e ultima parte della presente silloge. La scelta, ancora una volta, è soggettiva molto soggettiva. Le tre composizioni riprendono il tema dell’emigrazione, dell’allontanamento e della dimenticanza di chi parte e di chi resta, e il ritorno vissuto come un secondo esilio. Lo ripete allora con Neruda, Esilio! La distanza si fa densa,/respiriamo l’aria della ferita:/“vivere è un precetto obbligatorio”. e con Dickinson soffre il rifiuto e separazione, segnato dalla porta, Lontano da casa sono stata molti Anni/e adesso davanti alla Porta/non mi azzardo a entrare, magari un Viso/mi guarda impassibile/e mi domanda Cosa faccio li/“Cerco solo una vita che lasciai/rimane ancora qui?”/Estuve muchos Años lejos de la casa/y ahora estoy delante de la Puerta/No me atrevo a entrar no sea que un Rostro/Que nunca vi me mire impasible/y me diga Que hago allí/“Busco una Vida que dejé. /¿Todavía sigue por aquí? e ancora con Kavafis: separazione e segregazione segnato dalle mura innalzate attorno al soggetto. Senza pietà, senza riguardo, senza pudore/muraglie alte e grandi mi hanno eretto attorno,/Sin piedad, sin pudor, sin consideración, muros altos y grandes me erigieron alrededor. E tanto per ricordare, nella sua ultima silloge Canti del Pilota diceva: In esodo partii/verso pareti gemmate di gocce celesti,/En éxodo huí,/hacia paredes bruñidas de gotas celestes. Questi intenti di traduzioni sollevano due aspetti della stessa problemática, e sono inerenti alla peculiarità della sua biografía. Un primo aspetto riguarda le due lingua madre - quella della nascita, quella appresa durante l’adolescenza, prediletta per scelta e affettività - che si confondono e continuano una nell’altra sino a diventare una, spagnolo-italiano, una sola lingua che si esaurisce e completa con due sistemi linguistici. Quindi il bisogno di dire e ripetere l’idea e l’immagine, ascoltarne il suono delle parole nel doppio sistema della stessa lingua. Poi equivalenza e coincidenza dei suoi stati d’animo -ma quasi sempre riguardo la sua emigrazione- con poeti conclamati, i classici. Equivalenti sono il proprio esilio e quello vissuto da Neruda, il rifiuto ricevuto e allontanamento dagli affetti sono come la Porta di Dickinson e la suo essere e sentirsi esclusa sono come il muro di Kavafis. Nessun proposito accademico, dunque, la conduce a proporre queste traduzioni ma un sentimento di ammirazione per i maestri –insuperabili-, ma soprattutto per coloro che hanno già tracciato e sofferto il medesimo dolore. Dolore più incisivo in Francesca che lo ripete, come fosse litania, in spagnolo in italiano, in sapgnolo-italiano, circolo equivalente, senza fine.

giovedì 10 dicembre 2020

SEGNALAZIONE VOLUMI = ENZA SANNA


***Enza Sanna – Frammenti Lirici----A.G,A,R. Editrice – Reggio Calabria – 2014 – pag. 95 - € 30,00
Poetessa, scrittrice, critico – letterario Enza Sanna è nata a Genova dove vive, opera e ha svolto una lunga carriera di Docente di Lettere nella Scuola Media. La scrittrice collabora a numerose Riviste culturali ed è presente nei Cataloghi e Dizionari degli scrittori del Secondo Novecento. Le sue liriche sono pubblicate in molte Antologie letterarie e scolastiche, nei Tomi dei poeti italiani del Secondo Novecento e nell’Antologia “Poeti e Muse” –produzione lirica italiana di fine secolo di Lineacultura. Pluriaccademica, ha ottenuto molti Primi Premi Nazionali e Internazionali.
Frammenti Lirici, la raccolta di poesie della Sanna che prendiamo in considerazione in questa sede, presenta una nota di Maria Teresa Liuzzo acuta e centrata e una prefazione di Mauro De Castelli esauriente e ricca di acribia. Il libro è composito e articolato a livello architettonico ed è scandito nelle seguenti sezioni: Nelle pieghe dell’anima, Sacralità del quotidiano, Dettagli e La parola irrelata. Accanto alle poesie ritroviamo riproduzioni di opere pittoriche figurative dal vivacissimo cromatismo che bene s’intonano col il contesto per il loro carattere evocativo e sembrerebbero addirittura le liriche ispirate da questi quadri. Scrive la Liuzzo nella sua Nota dell’EDITORE che sebbene il titolo, “Frammenti Lirici”, potrebbe far pensare, ad un’opera la cui caratura sia essenzialmente lirica, nella realtà la poesia della Sanna risulta molto più complessa, poiché anche nelle forme espressive più densamente liriche, emerge, ipostaticamente e s’irradia, dall’interno al di sopra della superficie, una forma solida e complessa di pensiero, che attualizza i canoni della riflessione filosofica, dai presocratici a Popper e trova la sua giusta sede, in una sorta di esistenzialismo di estrazione cristiana e concilia, in altre espressioni, immanente e trascendente.
Eccellente la prefazione di Decastelli intitolata Dipingon le parole come su tela, I “Frammenti Lirici” di Enza Sanna e la sua capacità sapienziale di vedere “in un pittorico linguaggio”, denominazione che, aggiungiamo, fa venire in mente il detto antico ut pictura poiesis. Scrive De Castelli, facendoci intendere la capacità metafisica della poesia di annullare spazio e tempo, e a questo proposito viene in mente l’attimo heideggeriano, che la distanza, e non importa che sia di tempo o di spazio, oppure entrambi, permette di varcare i limiti del concepibile, se la ride di ogni legge di gravità e natura: rende ciò che è grande minuscolo, ciò che è solido morbido, aereo, ciò che non è più nuovamente caldo di vita; dà impulso, quasi una “fata morgana” da troppo “desertum” o di lontano eremo, alla nostra svogliata immaginazione, per creare opere sublimi nascenti dall’inconscio, come osiamo chiamare la parte sotterranea e non visibile di noi, piena di fantasmagorie e indispettite domande per la coscienza. Non solo neolirica ma anche idilliaca ed elegiaca può essere definita la vena creativa di Enza che si esplicita attraverso tessuti linguistici precisi, icastici, luminosi e articolati nella loro velocità e che procedono per accensioni e spegnimenti. L’io – poetante, che è molto autocentrato, sembra ripiegarsi su sé stesso in un riflettere che ha qualcosa di solipsistico anche quando si rivolge ad un tu del quale ogni riferimento resta taciuto e che presumibilmente è la persona amata. Anche il tema morale è presente, per esempio nel componimento Etica dei muri a secco, tratta dalla sezione Dettagli quando nell’incipit la poetessa fa divenire gli stessi muri a secco correlativi oggettivi di un’inconscia aspirazione all’ordine per un più vivibile ambiente e per una forte presa di coscienza. I dettati, pur nel tendere alla linearità dell’incanto hanno una complessità intrinseca e sono connotati da un forte scarto poetico dalla lingua standard e si percepisce il dono del turbamento in atmosfere spesso melanconiche e dolorose che tuttavia si aprono alla catarsi che è raggiunta anche con la salutare contemplazione della natura e la fusione dell’uomo con essa attraverso la trasfigurazione dei versi sempre raffinati e ben cesellati che nel loro fluire hanno qualcosa di liberty. Al cospetto della natura stessa la Sanna è capace di stupirsi e provare una grande meraviglia quando il giardino che potrebbe essere quello segreto, quello interiore, diviene magico con il pesco nuovamente in fiore, la luminosa leggerezza del mandorlo in festa e la luna di trine rosa se l’immaginazione è più vera certo di ogni conoscenza. Nei suoi versi la Sanna rivela la sua capacità di stupirsi e anche la capacità d’amare accresciuta dall’evanescenza di quel tu al quale si rivolge con trepidazione e devozione sincera.
Un canto della vita quello della poetessa che lontanamente ricorda quello del poeta indiano Tagore, un canto che diviene intensissimo anche per le rime e le assonanze.
C’è anche religiosità nella poetica dell’autrice quando l’interlocutore diviene Tu con la lettera maiuscola e potrebbe essere Dio o Gesù, presenza che dà conforto perché Momento di grazia è pensarTi. E l’amore pare essere il filo rosso che lega i componimenti, amore cosmico che la poetessa prova per la natura, per l’amato e per Dio, sottesi tutti alla ricerca dell’essere nella poesia, ricerca senza la quale nel mare magnum della nostra liquida contemporaneità, la vita del tran tran quotidiano darebbe inevitabilmente scacco per la perdita dei valori e anche della sintonia con la natura stessa.
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Raffaele Piazza

SEGNALAZIONE VOLUMI = LUCIO ZANIBONI


***Lucio Zaniboni : “Il tempo e l’eterno” – Ed. Giuseppe Laterza- 2021 – pagg. 106 - € 15,00-
Un titolo così impegnativo predispone il lettore ad un momento di riflessione o almeno ad una pausa dalle pre/occupazioni quotidiane che mantengono quasi sempre sulla corda della frettolosità e della non curanza ai problemi filosofici. Un semplice invito alla meditazione o anche una delicata carezza al vertiginoso proporsi dei versi.
“Finiamola di stringere i denti/ come cavalli al morso” scrive Lucio Zaniboni immerso nella visone di pascoli verdi, di un fiume che scorre lento, di un cielo azzurro, così come “La canna segue il moto/ dell’acqua/ e il girasole/ segue l’astro in cielo.”
Il poeta scandaglia le sue profonde emozioni e cerca di indagare tra le parti oscure dell’individuo anelante. Traspare nella sua emozione il sotterraneo celarsi di quegli ardori che rendono improvvise le sensazioni esistenziali, fra il tema della morte, che non lascia speranze se non come condanna finale, ed il tema dell’amore , inteso come sentimento finemente condiviso. E’ l’anima che conquista parole e pensieri per esprimersi nello scandire delle ore, verso il tocco finale di un Dio che potrebbe tutto ammantare. Un poemetto che si distingue per coralità e per l’accenno a preghiera, sussurrata quasi nella penombra. Ciò è l’indice di una concezione onnicomprensiva della realtà, di una visione, e introspezione insieme, dell’essere nella sua totalità, nella sua pienezza vitale: cosa che equivale ad un atteggiamento speculativo, in cui il soggetto e l’oggetto, il sé e l’altro da sé, sono un binomio interattivo, costituiscono una sola entità, una sola essenza per cantare gli scatti che la fantasia poetica riesce a conquistare.
“E venne un uomo./ Diede luce ai reietti,/ libertà ai soggetti,/ amore a cuori spenti./ Compresero in molti/ che era il Figlio di Dio” – Dalla preghiera al colore: “Le nostre frenesie,/ i nostri sogni/ li vediamo a volte/ bolle di sapone./ Iridescenti al sole.” E ancora “Il tic tac dell’orologio/ lacera le budella./ Il tempo è una iena/ in attesa/ di pascere carogne.” Il risultato ritrova lo smarrimento del poeta intervistato nella sua schiettezza liricamente vissuta, per una poesia fluida, densa, ammiccante i cui legami abbracciano gli abbrivi positivi di un elemento in continua ricerca.
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ANTONIO SPAGNUOLO

POESIA = CARLA MALERBA


***NON È PERDERTI***
Quante volte non ci siamo parlati,
eppure ci udivamo
nelle notti lunghe
in cui i ruoli si erano capovolti.
Ma prevalevano gli sguardi,
i tuoi azzurri di sempre
investono ancora la mia mente.
Mi oppongo alla memoria
che si disgrega , al pianto
che non sgorga.
Tuttavia adattarsi ai giorni,
non è perderti, padre.
***VEGLIA***
Un piccolo lume
in questa veglia
nel chiuso delle case
l’amore un filamento
di fumo parola impastata
dal sonno corrotta
dall’abitudine lo sguardo
si allunga a spiare
barlumi di faville
che brillano nel buio
il tempo di un batter di ciglia.
***LA NOTTE COME UNO SPOSO***
La notte come uno sposo
mi accudisce
mi circonda
col suo silenzio
mi regala spazi lucenti
ma vita e notte
nulla sarebbero
-ancelle amanti fra le più care-
se non ci fosse poesia
a suggerirmi parole
che si posano
sulle nervature delle foglie
tremanti
sull’orlo evanescente del sogno
(del sogno che è la vita)
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CARLA MALERBA
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Carla Malerba è nata in Africa Settentrionale, ma risiede in Italia da molti anni. A Tripoli, sua città natale, ha frequentato il Liceo Scientifico “Dante Alighieri” e ha pubblicato i primi versi su quotidiani locali. Iscritta alla facoltà di Lettere Moderne di Catania interrompe gli studi a seguito di eventi politici legati al paese di adozione. Si laurea nel 1986 presso l’università degli Studi di Siena. Ha insegnato lettere ad Arezzo, città nella quale vive. Sue pubblicazioni sono: Luci e ombre(1999), Creatura d’acqua e di foglie(2001), Di terre straniere(2010) Vita di una donna(2015), Poesie future(2020). Le sue liriche sono presenti nell’antologia “Novecento non più-Verso il Realismo Terminale, La Vita Felice, 2016; nelle riviste Pioggia obliqua- Scritture d’arte; Fiordalisi-Menti sommerse, in Tanti Pensieri, in Poeti oggi, Poetare, Poetry Factory e su alcune riviste. Ha ricevuto riconoscimenti per la poesia inedita in alcuni concorsi nazionali tra cui il Gran Premio della Giuria per le sezioni A e B al premio Le Occasioni 2020.

mercoledì 9 dicembre 2020

POESIA = EDOARDO GALLO


***"Parole"***
Ho nostalgia delle parole;
le mie parole rampicanti.
Quelle che ramificavano come il glicine,
che si scagliavano al cielo come soffioni nel vento,
aggrappate come un'edera ad ogni tuo respiro.
Quelle che nidificavano tra il desiderio e l’incoscienza,
tra un sussurro ed un silenzio.
Quelle che incrociando il tuo sguardo
ti trovavano sorpresa e nuda;
quelle che sgorgando come acqua alla fonte
dissetavano la mia vita
****
***"Infinito"***
C'è un'aria strana che mi soffia dentro.
La sento, la annuso.
Sai l'odore della neve,
del vento sulla pelle, del salso,
l'odore della pioggia?
...ecco questo odore sa di ricordi,
di tempo.
Tutto è eco, è risonanza, è vibrazione.
È odore di trasformazione:
da corpo, occhi, mani, respiro
ad anima, luce, pensiero, infinito.
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EDOARDO GALLO
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Edoardo Gallo poeta vicentino. Ha pubblicato tre libri in forma collettiva esprimendo poi la sua cifra poetica originale e polimorfa nelle tre raccolte personali “Giorno Zero”, “E' Solo Poesia” e “La Verità è un Bambino dagli Occhi Grandi” di recente pubblicazione. Ha partecipato a Poetry Vicenza, Flussi Diversi di Caorle, Parole Spalancate Festival Internazionale di Genova e al Be_Art Festival dell'arte e della letteratura a Vicenza. Con la poesia “Io sono mio padre” è vincitore assoluto del Premio Letterario Nazionale Giorgio Gaiero 2019 ed è finalista alla XIV^ edizione del premio Letterario Città di Livorno con la poesia “Le cose difficili”. Nel 2020, quale rappresentante della poesia italiana, è invitato a partecipare alla mostra virtuale “Mediterranean Anatomy” patrocinata dall'Ambasciata Italiana in Grecia. Con il pianista e compositore sannita Giuseppe Laudanna crea il progetto artistico PoeMusìa.***

lunedì 7 dicembre 2020

SEGNALAZIONE VOLUMI = LORIS MARIA MARCHETTI


***Loris Maria Marchetti – Le incognite dell’anima----- puntoacapo Editrice – Pasturana (AL) – 2020 – pag. 133 - € 15,00
Loris Maria Marchetti (Villafranca Sabaudia 1945) ha all’attivo una ventina di opere poetiche, due volumi di racconti, un romanzo breve e alcune raccolte di elzeviri e prose varie.
Le incognite dell’anima, il volume di poesie del Nostro, che prendiamo in considerazione in questa sede, presenta una postfazione di Mario Marchisio centrata e ricca di acribia intitolata Il pendolo dell’incertezza. Scrive Marchisio che è un dato di fatto che l’autobiografismo, in Loris Maria Marchetti, s’impone e detta modi del suo percorso letterario, ad ogni tappa destinato a piccole o grandi variazioni intorno a questo nucleo germinativo. Viaggi, amori (e disamori), perplessità metafisiche “dislocate” in scorci cittadini, ricordi frammentari, sogni.
Il libro è articolato nelle due sezioni IERI – OGGI e PERDONO (2016 – 2019).
La prima scansione racchiude componimenti poetici prelevati da Il prisma e la fenice (1977), La via delle ortensie Itinerario pugliese (1981), Le tre inferme (1989), Mercante ingenuo (1994), Concerto domestico (2002), Stazioni di posta (2007), Regesti del cosmo (2011), Suite delle tenebre e del mare (2016). La seconda parte è suddivisa a sua volta in due sezioni. Maniera prevalente della poetica di Marchetti pare essere una parola precisa che crea immagini affabulanti e chiare, tendenti a illuminazioni e spegnimenti. Il poeta spesso indulge in descrizioni naturalistiche rarefatte di marine, spiagge e campagne e una certa magia connota i suoi versi, una tensione verso una vaga bellezza, raggiunta attraverso la sospensione e la densità metaforica e sinestesica. Una poesia spesso intellettualistica che sottende l’uso accorto degli strumenti da parte di un autore scaltrito, con una chiara coscienza letteraria. Perché l’autore ha intitolato quella che in senso lato può essere considerata un’antologia della sua opera in toto Le incognite dell’anima. A questo proposito si deve affermare che tutto nel poiein di Marchetti nella sua copiosa produzione parte, ha come primo livello i sensi, il corpo che, attraverso lo scatto e lo scarto memoriale capta sensazioni che sono rielaborate dalla mente, dall’anima, come dice il poeta stesso, anima che trova le suddette incognite nella trasformazione attraverso lo stordimento delle figure che si fanno verbo e quindi poesia a partire dai sintagmi che associati producono i metamorfici tessuti linguistici che emergono tutti raffinatissimi, affascinanti e ben cesellati tramite un’innata propensione dell’autore nel creare senza sforzo l’incanto. Sia che il tema sia quello erotico-amoroso frequente nei suoi lavori, sia che sia quello metafisico di un cercato e scettico rapporto con Dio, sia che sia quello dei luoghi strade e piazze osservate attraverso la lente del sogno ad occhi aperti, sia che sia come si accennava quello di un’idilliaca natura ritrovata attraverso ogni sua parte come la scheggia metonimica di una foglia parte di un albero che potrebbe essere considerato l’albero della vita, Loris Maria Marchetti è sempre capace di creare nel lettore emozioni forti e indissolubilmente con queste un’identificazione con l’io-poetante e le situazioni che vive che attraverso il veicolo della poesia si fanno esercizio di conoscenza tout-court.
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Raffaele Piazza

domenica 6 dicembre 2020

SEGNALAZIONE VOLUMI = FRANCESCO TERRONE

***Francesco Terrone – "Amalia" -- Luoghinteriori srl – Città di Castello – 2019 – pag. 83 - € 12,00
Francesco Terrone è nato a Mercato San Severino (SA); è autore di numerose raccolte di poesia.
Amalia, la raccolta di poesie del Nostro, che prendiamo in considerazione in questa sede, presenta una prefazione di Marcello Teodonio esauriente e ricca di acribia intitolata Mongolfiera al vento. Il volume per la sua unitarietà formale, stilistica e contenutistica e anche per il fatto che non presenta scansioni, potrebbe essere letto come un poemetto. Come scrive il prefatore c’è un filo che lega le 61 poesie che compongono questa raccolta: il filo che collega il Titanic del primo componimento alla mongolfiera al vento dell’ultimo, da un naufragio alla leggerezza del volo. In un certo senso la raccolta potrebbe essere considerata un canzoniere amoroso nel rivolgersi stabilmente di composizione in composizione il poeta ad un tu femminile, presumibilmente l’amata, in modo trepido ed accorato che sottende l’eros, il pathos, le gioie e i dolori sottesi all’amore stesso e pare che il poeta ne sia conscio e scriva pure per migliorare la propria capacità d’amare. Cifra essenziale del libro pare essere una vena neolirica e neoromantica tout-court che a tratti sfiora l’elegia.
In un panorama poetico dei nostri giorni dove sono frequentissimi gli orfismi e gli sperimentalismi la poetica di Terrone esce a trecentosessanta gradi dai canoni consueti per la sua chiarezza e per il raggiungimento della linearità dell’incanto, poesia vera nella quale l’io-poetante chiede in maniera determinata e ansiosa all’amata di restituirgli il vero senso della vita nel corrispondere e ricambiare il suo sentimento fortissimo e struggente. Potrebbero apparire elementare la scrittura di questo autore che va controtendenza e l’amore è detto come categoria fondante non solo a livello della sua esperienza personale e soggettiva, come nella maggior parte dei casi, ma anche come sentimento in sé stesso, esperienza vissuta da ognuno di noi. Infatti scrive il poeta nel componimento Notti: /Cantono gli angeli/ nei cieli/ al nascere/ di un nuovo amore…/”. Immagine suggestiva che ricorda le parole di Goethe che ha scritto che gli dei si compiacciano per le coppie d’innamorati che si amano, nella concezione personale del poeta che in epoca romantica recuperava un ideale neoclassico. I versi, nella loro esemplare chiarezza e luminosità che sfiorano il prodigio, decollano con leggerezza sulla pagina e sono densi, compatti e icastici e fanno venire in mente i poeti classici greci e latini per la loro immediatezza e vaga bellezza nel loro essere raffinati e ben cesellati.
Anche il ricordo di momenti legati all’esperienza amorosa trapela nelle pagine e alcune immagini potrebbero essere considerate nerudiane come per esempio in Il colore nei miei occhi: Nei tuoi occhi vedo il colore degli aquiloni, / vedo la vita che corre verso il mare/ vedo la strada che si restringe e si allarga e profuma di rose/. Sempre in bilico tra gioia e dolore il poiein di Terrone che non affronta solo la tematica amorosa con pennellate aeree ed eleganti ma anche quella della solitudine, forse una solitudine a due. **
Raffaele Piazza