venerdì 17 aprile 2020

POESIA = GINO RAGO

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Poesia contemporanea = Gino Rago

Commenti di Miriam La Matina e di Giorgio Linguaglossa

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"Alla bellezza tutto si perdona"

Chi saprà dire alla Regina d’Ilio
la nuda verità su Elena di Sparta…

Menzogne. Calunnie. Soltanto maldicenze
la fuga, il rapimento, gli amplessi

della spartana sul mare verso Troia?
Prima fra le prime accanto a Menelao,

venerata da Paride al pari di una dea.
Perdonata in patria da servi e da padroni.

La colpa cancellata,
il rispetto e l’onore riaffermati:

festa per Elena presso gli Spartani,
le donne vinte invece vegliano i cadaveri.

Noi siamo qui per Ecuba.
La sposa che mai accetterà gli scorni

di quelle dee beffarde, gelose
delle fattezze carnali di fanciulle

contese dai guerrieri a suon di lame.
La madre che tutto perde nell’inganno.

Lutti. Lamenti. Pugni battuti sulla terra.
Le bende strappate.

I ramoscelli sacri nelle fiamme.
La freccia e il dardo a insanguinare il cuore

della Regina d’Ilio in mezzo al fuoco?
È un’idea, soltanto una idea.

La stessa da quando a corte Elena le rubò il trono.
Vinca la cenere, periscano gli eroi.

Alla bellezza tutto si perdona.

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da Gino Rago: "I platani sul Tevere diventano betulle", Edizioni Progetto Cultura, Roma, 2020, pp. 176, E.12

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Commento di Miriam La Matina, III A- Liceo Classico “V. Alfieri”- Asti

“Chi saprà dire alla Regina d’Ilio la nuda verità su Elena di Sparta?"

Due donne si incontrano, due vite vengono unite da una tremenda circostanza, la guerra. Due destini si incrociano, ma in comune hanno poco. In questo testo il poeta contemporaneo Gino Rago presenta le due eroine mitiche, Elena ed Ecuba, e i loro percorsi dopo la fine della guerra. Elena, in accordo con il mito, è presentata divina per la sua bellezza, che le permette di non risultare mai vinta. In tutta la sua vita ha sempre primeggiato su tutti. La più bella, la regina, l'oggetto della contesa. Anche dopo la guerra non subisce l'onta della sconfitta, ma ritorna subito ad essere la più amata.

"Prima fra le prime accanto a Menelao. Venerata da Paride al pari di una dea."

Bella, così bella da essere comunque pura. Qualsiasi cosa accada, qualunque tremenda situazione lei possa creare, non viene mai corrotta da essa, non diventa mai vittima di rimprovero.

"Perdonata in patria da servi e da padroni. La colpa cancellata, il rispetto e l'onore riaffermati"

Elena è amata, perdonata, ma intorno a lei aleggia sempre una nebbia di mistero. Qual è il suo passato? Qual è la sua colpa? Come tutte le donne dalle capacità straordinarie lei è sia ammirata, sia invidiata. Come può difendersi una persona comune di fronte alla sua spettacolare bellezza se non calunniandola e costruendo su di lei tremende storie?

"Menzogne. Calunnie. Soltanto maldicenze, la fuga, il rapimento, gli amplessi della spartana sul mare verso Troia"

Queste frasi sembrano riprodurre il tentativo degli antichi mitografi di “giustificare” Elena in molti modi, ritrovando la sua “innocenza” nella leggenda del “fantasma illusorio” creato dagli dei che sostituì la vera Elena a Troia. Tutte maldicenze quindi? O la leggenda del fantasma vorrebbe coprire e celare, in modo mitico, una donna realmente colpevole, col suo egoismo e la sua immoralità, di una guerra funesta? Forse la virtù più venerabile è proprio la bellezza, a cui tutto si perdona e in nome della quale gli uomini sono pronti a giustificare tutto. Sebbene la storia sembri affermare ciò, incoronando più i belli che i virtuosi, l'autore prende le distanze da questa concezione, dichiarando, sorprendentemente, la sua preferenza per la regina sconfitta e umiliata, Ecuba, vittima di una guerra ingiusta e meritevole della nostra pietà.

"Noi siamo qui per Ecuba"

E’ lei il simbolo della maternità, e sebbene abbia visto la sua famiglia decimata da un'assurda guerra, conserva la sua dignità pura. La sua forza consiste nell’opporsi alla morte, lei che è il simbolo della vita. Dopo la distruzione viene il tempo della rinascita.

"Vinca la cenere, periscano gli eroi"

Meglio un mondo senza eroi e senza falsi miti di un mondo che fa della menzogna la sua bandiera!

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Commento di Giorgio Linguaglossa

Trovo straordinaria questa poesia di Gino Rago.

Il poeta che vive tra la Calabria e Roma ormai fa poesia «mitica», non mitopoietica, mitica nel senso che ci parla del mito eterno che sta alla base del pensiero mitico dell'Occidente. Il mito della guerra di tremila anni fa, della guerra di Troia e delle guerre di oggi. Tutte atroci. Tutte menzogne. Dire che "Alla bellezza tutto si perdona" è un modo per rimproverare Omero di averci detto una menzogna sulla guerra decennale di Troia. E alzare il dito di accusa sulla falsa coscienza degli achei, di Sparta, di Tebe e delle altre città greche le quali, dopo i dieci anni di lutti e stragi, accolgono Elena come una eroina, mentendo a se stessi, raccontandoci una verità che non è la verità.

Il mentire a sé stessi è la più grande menzogna, quella menzogna che è e sarà il motore della Storia dell'Occidente e la causa di altri lutti, di altre guerre. Dire la Menzogna a se stessi come cuore della falsa coscienza dell'homo sapiens e della sua storia. Della storia dell'Occidente. E, allora, Gino

Rago da poeta coglie il centro della questione e dichiara apertamente di essere dalla parte di Ecuba, della donna vinta e fatta schiava.

Rago sta dalla parte dei vinti della Storia. Questo è il messaggio del poeta di Trebisacce avverso la menzogna degli Achei e della loro falsa coscienza. Oggi, come tremila anni fa, è la falsa coscienza il problema principe della civilizzazione, il mentire a se stessi. E il poeta non deve (questo ci dice tra le righe Gino Rago) assolutamente permettere che la sua parola venga macchiata dalla menzogna. I miei complimenti a Gino Rago, questa è una grande poesia. Gino Rago ha preso un frammento, una scheggia del nostro Occidente, il personaggio di Ecuba, la moglie di Priamo vinta e fatta schiava, non Elena, il trofeo della bellezza che gli Achei innalzano quale simbolo della loro vittoria. La guerra di Troia è vista al contrario, a ritroso, come una guerra che gli Achei hanno perso. E con loro abbiamo perso noi tutti che di quella prima guerra imperialistica siamo gli eredi testamentari. La nostra cultura, la cultura dell'Occidente è figlia di quella lontanissima guerra, e noi siamo i suoi figli. Gino Rago ribalta questa visione e dichiara apertamente che sta dalla parte di Ecuba, la regina fatta schiava, perché Omero ci ha mentito, ha creato il poema dei vincitori, perché Omero era un greco e non un troiano, città già orientale, al confine tra Oriente e Occidente.

Sì, Gino Rago ripete, con Omero, «alla bellezza tutto si perdona», ma lo dice per ribaltarne il significato e mostrarci l'altro lato della Verità, il suo lato oscuro, nascosto.

6 Commenti:

Alle 17 aprile 2020 alle ore 08:31 , Blogger Unknown ha detto...

Nota.
"Alla bellezza tutto si perdona" è una lirica tratta dal mio poemetto
"Ciclo di Troia", ospitato come Sez.5 nel mio recentissimo libro I platani sul Tevere diventano betulle (Ed. Progetto Culturara, Roma, 2020).
E' un esempio di poesia del "metodo mitico", parlare del mito per aggirare la realtà altrimenti indicibile ma è anche il tentativo di rivisitazione e di riscrittura di uno stesso evento dalla
prospettiva dei vinti, delle vittime, dei corpi spogliati di tutto.
Anche della loro identità.

Ecuba, sullo sfondo di Troia in fiamme, è nei miei versi simbolo, figura archetipica di tutte le donne come bottini di guerra cui rimane tuttavia, nonostante tutto, alta, intatta, la dignità di madre.Di sposa. Di donna. Di Regina.

Troia che cade sotto i colpi degli Achei la intendo come luogo archetipico di saccheggio. Della deriva di terra devastata...

Ringrazio sentitamente il finissimo poeta Antonio Spagnuolo per l'ospitalità generosa e fruttifera che anche oggi mi concede.
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Gino Rago





 
Alle 17 aprile 2020 alle ore 08:42 , Blogger Unknown ha detto...

Tema che mi è particolarmente caro questo del mito, soprattutto nel modo in cui lo usa un poeta come Gino Rago, e non nella direzione di espressione gratuita di un sentimento individuale ma come trasformazione dell’esperienza storica in un portato simbolico assolutamente contemporaneo. Non dimentichiamo che Eliot aveva parlato di “metodo mitico” capace attraverso il paradigma storico di ordinare il caos della contemporaneità… e qui mi riallaccio alle acute osservazioni di Ubaldo De Robertis quando afferma che il poeta, oltre tutto, si fa custode della verità storica.
Ecuba, ad esempio, questo “archetipo” drammatico di donna sconfitta pare spiarci quotidianamente dallo schermo del telegiornale, dagli scenari di guerre arcaiche e orrori che non finiscono mai di destabilizzarci…Complimenti al poeta Gino Rago per questo suo testo del metodo mitico.

Letizia Leone

 
Alle 17 aprile 2020 alle ore 11:08 , Blogger Marina Petrillo ha detto...

Non traducibile la bellezza, opposta ad ogni fazione. Traslittera azzerando la distanza tra sacre immagini femminili del cui velo il Mito si nutre. Appare in riflesso autogenerativo,duplicazione cellulare nel Pantheon della Pura narrazione, sentinella dell' ombra generata.
Ecuba del destino infranto a Storia, canto posto a lamentazione della tragedia involta nello spirito del Tempo. L'umano genera il codice sconosciuto agli dei. Non si infrange il riflesso generato ad oblio se, perdura nei secoli, un poeta dalla cui voce spira l' antico detto.
Gino Rago, è quel poeta.
Marina Petrillo

 
Alle 17 aprile 2020 alle ore 12:04 , Blogger Unknown ha detto...

Ringrazio vivamente sia Letizia Leone, sia Marina Petrillo, due importantissime voci poetiche nel panorama della poesia contemporanea, per l'acutezza e l'intelligenza dei loro commenti che dischiudono per competenza interpretativa nuove vie di accesso alla mia parola di poesia.

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Gino Rago

 
Alle 19 aprile 2020 alle ore 12:47 , Blogger Unknown ha detto...

Con questa poesia Gino Rago mi sembra compiere una interessante operazione di custodia e attualizzazione del mito,cogliendo sfumature dell'identità femminile non solo cristallizzate nel compiersi archetipico. I suoi versi suonano come riflessioni forse amare, forse provocatorie su Elena ed Ecuba messe a confronto in una imprescindibile ricerca di senso,estesa alle sofferte espressioni del perturbante femminile su cui ancora ci interroghiamo.
Rossella Seller

 
Alle 22 aprile 2020 alle ore 01:01 , Blogger Unknown ha detto...

Desidero ringraziare Rossella Seller per le meditazioni pertinenti e limpide che dedica ai miei versi sullo scontro fra i due modelli di "Bellezza" (Ecuba-Elena) che a noi giungono da Euripide, con i versi che a me dedica Filomena Rago, una voce di poesia che giorno dopo giorno si raffina e si irrobustisce nella forza di versi essenziali, come del resto in poesia sta facendo la stessa voce poetica della stessa Rossella Seller.
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Filomena Rago
(al poeta Gino Rago)
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Se fossero per me
8 marzo. In sogno questi versi:
L’aedo greco all’amata:«Sei tu la poesia.

Sei la lingua che resta, la parola che chiama per nome
ciò che ho perduto».

La donna all’aedo: «L’usignolo chiese a una mimosa:
“Parlami-di-Dio”.

E la mimosa fiorì».
[…]
Se questi versi fossero per me
Forse m'inchinerei al genio di un poeta.

Ditemi :«Sono per me, soltanto per me?
È "verità" del Signore?».
Se davvero così fosse
di fronte al poeta non esiterei...

*
gino rago

 

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