mercoledì 22 settembre 2021

SEGNALAZIONE VOLUMI = ROCCO SALERNO


***Una originale silloge poetica di Rocco Salerno: "DOLCE, MISTERIOSA ESSENZA DELL’ UNIVERSO"
La memoria di Bambolo, “creatura celestiale”, anima questi versi-palpiti di cui Rocco Salerno – illustre poeta, saggista e critico – alimenta la deliziosa silloge Dolce, misteriosa essenza dell’universo (Macabor, 2021). Alla dedica (“A Rita Agresti e a quanti amano gli animali”) fanno significativo riscontro le frasi offerte in esergo: Paolo VI ci annuncia che “un giorno vedremo di nuovo i nostri animali nell’eternità di Cristo”; Brina Mauer (nom de plume dell’acuta prefatrice Claudia Manuela Turco) deplora che “hanno strappato l’anima alla parola animale” quelli che non amano nemmeno l’uomo; Dostoevskij esorta ad amare gli animali, “a cui “Dio ha donato i rudimenti del pensiero e una gioia imperturbata”, di cui non dobbiamo privarli, così come l’uomo non deve vantarsi “di superiorità nei confronti degli animali”.
L’amore di Salerno per Bambolo si rivela suggestivamente nel compiaciuto stilema kerigmatico che apre la raccolta: “Il gatto claudicante - se randagio o padronale - / salvato dai malanni / chiamato Bambolo ha una casa”. Mirabili per delicatezza, tenerezza e ammirata dipintura sono i versi che seguono: Viene di sottecchi, / il cibo attende, / striscia i piedi, / si gira come un piumino / innevando il cortile / su cui pure ha lasciato / qualche avanzo / della sua grazia. // Si ritrae, timoroso ancora / di frasi accarezzare / dalla ferinità degli umani . // Poi, senza farsi notare, / scompare, / con passo felpato / e svagato / come il suo indifeso sguardo”. Una descrizione che si continua nel secondo componimento (Occhi fosforescenti) ove Bambolo, “statua greca”, accoccolato alla porta attende il “pesce succulento”, leccandosi i baffi, guardando incantato come se volesse “parlare, ringraziare”, per dileguarsi con i suoi “occhi fosforescenti”.
Risaltano, nei versi successivi, i segni della mutevole condotta di Bambolo, del suo apparire e sparire “come un gioco tormentoso”, con il suo sgranare gli occhi come per ringraziare con la parola tacita, lo sguardo silenzioso, porgendo al poeta la zampetta con sinuosa dolcezza. Il piatto d’acqua su cui si china diviene “la purezza”, la sua anima lo sguardo della sua bontà, e Rocco si perde nei suoi occhi : “unico sogno / di questa vita / tempestosa” e lo prega di non allontanarsi perdendosi “nelle quotidiane meschinità”. Di verso in verso, mentre si infittiscono l’ intensità dell’affetto e l’impegno nella protezione di quella creatura indifesa, si costruisce l’ immagine piena della creatura felina come icona perfetta della Bellezza celestiale, “musica eterna” e “melodioso silenzio”, riflesso di “un’isola divina”, armonia che invade le iridi ”come un’infinita atarassia”. E i vari gesti, movimenti, riti quotidiani di Bambolo, osservati dal poeta, divengono altrettante tappe di un itinerario di assimilazione della sensibilità del poeta a quella del felino: “Ormai siamo / la stessa anima / incarnata, / lo stesso fiato…”. Una miriade di immagini, di metafore, di variazioni sul tema del rapporto con il gatto nella chiave della sua dimensione celestiale, che si dispiegano nel numero vario e duttile del verso libero e nella loro cangiante e geniale mobilità, nutrita di morbidezze melodiche come di aspre dissonanze, esorcizzano ogni rischio di monotonia.
Il pensiero corre ai “sereni animali / che avvicinano a Dio” di Saba, alla sua “capra dal viso semita” in cui sente “querelarsi ogni altro male, / ogni altra vita” ; a “Cirì belle”, l’uccellino conforto alla solitudine di Albino Pierro e in genere al “palpito umano delle bestie” da lui cantato; al “compito più alto di un uomo” additato da Emile Zola nel “sottrarre gli animali alla crudeltà”; e anche all’istintiva naturalezza con cui ogni essere diverso dall’uomo esprime la propria natura (correre, volare, nuotare) di cui parla nella Naturalis Historia Plinio il Vecchio (che ad essa contrappone il nihil scire dell’uomo, che invece ha bisogno di insegnamenti per poter parlare, camminare, mangiare). E il monito dostoevskijano all’uomo a non vantare la propria superiorità sugli animali che in filigrana pervade il dipanarsi del tessuto lirico mi fa pensare (anche senza doverne accogliere tutte le conclusioni) alla corrente di pensiero del postumano contemporaneo (massime al bel saggio di Leonardo Caffo Fragile umanità) che contesta la tesi della superiorità dell’uomo sulle altre forme di vita (lo specismo) e prefigura l’avvento di una nuova specie umana, fatta di individui dotati di una sensibilità diversa e un diverso approccio al mondo in cui vivono e agli altri esseri viventi, umani e animali, considerati parte di una stessa sostanza (“…diventiamo un immenso noi con il mondo vivente”). Riferimenti, questi, che, se valgono a valorizzare e nobilitare la sensibilità di Rocco Salerno verso l’animale, non esauriscono, certo, la pienezza, ricchezza, e assolutizzante sublimazione di quel rapporto, una sorta di felineo stilnovo, che esalta appunto il potere di Bambolo di elevare l’animo di chi lo ama oltre ogni ”terrestre limo”, farlo “rinascere a un’altra Alba”. Donde la gratitudine che pervade la sua apostrofe “Unica luce, sogno, certezza / in questa scialba esistenza / che tu elevi a musica eterna. // Sento vibrare in me quand’io ti carezzo / la dolce essenza dell’Universo / nelle vene scorrere / parole di freschezza / dal tuo melodioso silenzio / aperto ai concerti angelici / come Alba sulla mia anima beata…”. A mitigare, poi, l’amarezza per la sua sparizione vale la certezza della “celeste presenza” di lui che, pur invisibile, guida la sua vita ”nelle quotidiane bufere”: “Non sei più ritornato / facendo piangere anche / l’alba // qualcuno avrà spezzato / la favola // ma tu vivi per l’eternità / come una persona amata”. Parimenti la dimensione singolare di questa sublimazione del rapporto affettivo con Bambolo si snoda con naturalezza, singolare leggerezza di tocco, policromia di scene, metamorfosi di sensazioni ed emozioni, fragranza di francescana purezza che si riflette dal gatto all’uomo: Quando stiamo insieme / è come se vivessimo nell’Eden, / nella perfetta innocenza…”. Così come la riflessione assiologica e la meditazione esistenziale non infirmano, in genere, la trasparenza e l’eleganza del dettato lirico, avvalorato da un “lessico moderno e accattivante”, opportunamente rilevato dall’illustre postfatore Antonio Spagnuolo. Donde la lettura della silloge, mentre riesce suggestiva per chi, come me, ama gli animali e per tutte le persone pensose della condizione animale, può riuscire fonte di soddisfazione e di conforto anche per i giovanissimi che amano gli animali, li accolgono, li allevano, li proteggono: Ron e Stella, due splendidi gatti, hanno anch’essi una casa, in virtù delle pronte e amorevoli premure prodigate loro dai miei nipotini! Grazie, allora, a Rocco Salerno per questo canto originale in cui ha tradotto il suo generoso messaggio di solidarietà e di amore per gli animali.FRANCO TRIFUOGGI

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