Star dust
Partire sbriciolando la strada in fine polvere di stelle
e con quei granelli una collana
che mi cinga il collo
splendente
a una a una le perle
circolanti di luce
corona di Dio
io il mio regredirmi nell'universo
da cui esploro meandri di luna e interrogativi bislacchi
nel pieno di una notte stellata
firmamento soffermato
sullo zenit del mio indice
un punto d'assoluto
*
E con le mani nel cielo
sbrogliare la mia speranza
affermando la mia gioia/mestizia
inconcludendo il dafarsi
interrompendo itinerari e transiti verso il confine
dilaniarmi fino al tramonto senza più un grammo di luce
io polvere infinita del mio astro sgretolato
e con le mani nel cielo
affondare nel diafano morboso dubbio
che tutto stia lì
oltre il condominio arrugginito
di queste poche instabili e corte dimore terrene
disperdendo la storia della mia vita
in un soffio caritatevole di Dio
*
Polvere di stelle
star dust
come in un film vedermi piroettare sui petali di rose
delicati e leggeri i piedi sugli Appennini
o sul Tirreno
e lì nel profondo del cielo tutta la mia ragione
disciolta nel profumo e nel sapore
della terra
*
Per sempre avere un alibi che mi giustifichi l'assenza da questa casa
: ho sbarrato l'uscio per incombenze urgenti
oltre l'intercapedine dei sogni raggrumati
tornerò presto con l'equazione definitiva risolta
e un sorriso sufficiente all'angolo della bocca
(sapere che gli estremi hanno ceduto
e che ora sono un tutt'uno nel mio tempo
adagiato qui immobile
sulla coltre della terra)
tornerò sulle tracce lievi lasciate quel giorno di primavera
tra i calanchi e gli ulivi millenari
del campo di mio padre
(lo vedo ancora danzare nel fumo del tramonto
vago d'ombra e luce ma vero
e col suo clarino suona e canta quel motivo languido
che l'accompagnò lungo tutto il suo viaggio
da Salerno
alla devastazione del suo corpo
in un angolo buio della Pignasecca)
Reginè', quanno stive cu mico,
nun magnave ca pane e cerase...
Nuje campávamo 'e vase, e che vase!
Tu cantave e chiagnive pe' me!
E 'o cardillo cantava cu tico:
"Reginella 'o vò' bene a stu rre!"
nun magnave ca pane e cerase...
Nuje campávamo 'e vase, e che vase!
Tu cantave e chiagnive pe' me!
E 'o cardillo cantava cu tico:
"Reginella 'o vò' bene a stu rre!"
tornerò a quella polvere di stelle
con in tasca due note buone
raccolte in fretta per addolcirmi l'anima
prima di scomparire definitivo
verso quella stessa meta di mio padre.
Giuseppe Vetromile
*
Giuseppe Vetromile è nato a Napoli nel 1949. Poeta e scrittore, ha pubblicato diversi testi di poesia. Ha vinto numerosi premi in concorsi letterari nazionali di rilievo. Partecipa attivamente ad incontri e convegni sulla poesia. Dirige la Collana di poesie "Il retroverso" per conto delle Edizioni del Calatino di Giuseppe Samperi di Castel di Judica. Ha curato l'Antologia "Attraverso la città" per conto della Scuderi Edizioni di Avellino. Cura il Blog http://circololetterarioanastasiano.blogspot.com.
Vetromile, in questi lacerti poetici, percorsi da una disincantata auscultazione di sé, ipostatizza la condizione di precarietà e di incertezza propria di un essere umano che si dissolve e si annulla nell'immensità siderale, profonda e quasi metafisica del cielo, per riagganciarsi di nuovo alla fisicità di un ricordo (del padre), di un campo, di una canzone, consapevole che la via d'uscita è a occidente, certo, ma nella speranza e nel "soffio caritatevole di Dio". Catturano il lettore il ben dosato impasto linguistico, la sofferta intensità creativa e il tono quasi affabulatorio.
RispondiEliminaPasquale Balestriere
Ho il privilegio di conoscere Giuseppe Vetromile come Poeta e come persona essendo mio caro amico. La sua poesia mi ha sempre colpito per quell’afflato che chiama gli uomini ad un unico punto di convergenza, quello che eleva dalla natura puramente umana al rango di esseri spirituali. Delle sue parole poetiche ne fa un uso quasi etico, una vera e propria lezione di conoscenza superiore. In questo senso si leggono, a mio parere, anche certi passaggi che possono sembrare più oscuri al lettore, quasi paradigmatici di un rito di iniziazione in cui ad un certo punto si subisce una lenta decelerazione per comprendere, anche se con dolorosa presa di coscienza, l’urgenza di talune scelte al posto di altre. E non si ricavano compromessi, nella poesia di Vetromile, non ci sono scorciatoie. Il mondo è fatto come lo vediamo tutti i giorni e non come vorremmo che fosse. La dominanza che ci consente di cambiare lo stato delle cose è “tornare polvere di stelle “ e riguadagnare ciò che di divino c’è in noi.
RispondiEliminaUn caro saluto, Paola
Desidero ringraziare gli amici Pasquale e Paola per la loro puntuale e profonda analisi del mio mondo poetico, qui raffigurato solo in mimima parte: ma loro, da grandi competenti, hanno comunque ben individuato il mio pensiero e la mia anima. Ciò mi gratifica molto, ed inoltre sono ben felice di ricambiare affettuosamente la loro amicizia, che va oltre la normale frequentazione poetica!
RispondiEliminaUn grazie di cuore anche all'infaticabile Antonio Spagnuolo, che non demorde mai, anche di fronte alle "scomparse" ingiustificate di siti ai quali ha sempre dedicato la maggior parte del suo tempo poetico disponibile. Auguro a lui e a tutti che questo nuovo sito possa diffondersi ed avere i meritati consensi e adesioni da parte di tutti. Sempre avanti, carissimo Antonio!
Un caro saluto e ancora grazie!
Pino Vetromile
Ricevo e pubblico la seguente nota critica di Anna Gertrude Pessina, che ringrazio di cuore:
RispondiEliminaPoesia, quella di Guseppe Vetromile, che ha il dono di sapere transitare, con intensità e profondità di sentire, dalla corposità linguistica, richiesta dal coinvolgimento del quotidiano, alle sfumature eteree di un'immensità in cui l'io coglie il senso della sua finitezza e sente disperdere la consistenza materica nel "soffio caritatevole di Dio. Ma al di là del "dubbio/ che tutto stia lì," la lirica si carica di una dimensione più suggestiva attraverso la figura del padre, col quale il poeta si ritroverà con quella intermittenza del cuore, che attualizza e volge lampi irripetibili, tangibili e inobliabili di passato in un presente che si fa eterno, al di là delle categorie temporali e spaziali.
Anna Gertrude Pessina