UNA NOTA DI LETTURA ------
-Tutta l’opera di Antonio Spagnuolo si presenta come collocata sotto e dentro i segni di una unica ed ininterrotta elegia erotica,anche quella non antologizzata(e dispiace) in "Misure del timore" ( Ed Kairòs 2011) ,che offre,titolate in eleganti corsivi inglesi,selezioni da volumi 1985-2010 ;come dire che fin da principio lo scrittore abbia attinto ad elementi post lirici, ben prima che si parlasse di post lirica, senz’altro insieme a ragioni poetiche antecedenti. Si intende:la parola,il verso ed il fraseggio sono campo di epifanie erotiche, luogo elettivo per la manifestazione immediata di un desiderio polimorfo e metamorfico,qua e là sospeso da intermittenti angosce di morte e finitudine,la carica verbale e le stringhe frastiche sono traduzione e trascrizione,il più diretto possibile di peripezie pulsionali. E se storia c’è la si può definire con le parole che usava Ruggiero proprio a proposito di Spagnuolo,definendola come somma delle perdite,e ricordiamoci che, se abbiamo Spagnuolo da leggere, lo dobbiamo agli incoraggiamenti di Umberto Saba,un debito non da poco. In questo volume si va da mottetti e cantabili parigini(ed apertamente mitologici) alle quasi crepuscolari Misure del timore, passando per i finti cantabili di Rapinando alfabeti,opera riuscitissima nella sua programmatica e letterale fedeltà al titolo. Ma potendo vantare una frequentazione delle opere di Spagnuolo fin dagli anni settanta(quelli di Altri termini) mi preme rammentare qui testi che risalgono a date precedenti come Edwy o Melania,dove il gioco della nominazione si faceva subito incantesimo erotico,ed anche come Spagnuolo seppe raccogliere -da vincente -le sfide e le provocazioni del sommamente impoetico,vale a dire gerghi anatomici e clinico farmacologici nell’ambito di una temperie tardo sperimentale che questi utilizzava quasi fossero codici narrativi o clausole galanti per i trovatori di qualche chissà dove. Che poi un medico trovi nella poesia una sorta di elisir di eterna giovinezza potrebbe far riflettere sui limiti tragici del sapere medico e sulle risorse illimitate dell’arte come sapere poetico,trasformando una banale recensione in un sentito cartiglio augurale a forte valenza propiziatoria.
RICCARDO CAVALLO - giugno 2012
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