ALBERTO CAPPI – Poesie (1973 – 2006) FORMAT – puntoacapo – Novi Ligure (Al) – 2012 - pagg. 311 - € 20,00
Alberto Cappi nasce a Revere (MN) nel 1940, muore nel 2009, dopo lunga malattia. E’stato poeta, saggista e traduttore. Il volume che prendiamo in considerazione in questa sede include le seguenti raccolte di poesie di Cappi: Alfabeto (Milano 1973), 7, (Torino, 1976), Mapa (Mantova, 1980), Per Versioni (Milano, 1984), Casa delle forme (Udine, 1992), Piccoli dei (Faenza, 1994), Il sereno untore, (Latina, 1997), Quaderno mantovano, (Mantova, 1999), Quattro canti, (Faenza, 2000), Visitazioni, (Ascoli Piceno, 2001), Libro di terra (Civitanova Marche, 2003), La casa del custode, (Bologna, 2004), La bontà animale, (Faenza, 2006). Cappi è un poeta dalla cifra originalissima, che ha attraversato ormai quattro decenni di vita poetica, compiendo un percorso coerente, esito alto di una forte coscienza letteraria, presente in lui fin dalla pubblicazione del primo libro di poesia intitolato Passo passo, (Firenze 1963). Con il passare degli anni, lo stile di Cappi ha avuto una forte evoluzione, risultato anche di un’assimilazione, da parte dell’autore, delle correnti poetiche che si sono sviluppate in Italia, e non solo in Italia, nel corso degli anni. Il poeta, negli anni Sessanta e Settanta, è stato influenzato da un certo sperimentalismo filosofico, attento al pensiero d’oltralpe. C’è stato un momento di passaggio, di mutamento nello stile e nella forma della poesia di questo autore: infatti Cappi ha prodotto, inizialmente, come dice Mauro Ferrari nello scritto intitolato Per Alberto Cappi, per la sua poesia, scritto inserito nel volume, una poesia dispersa e frammentaria sulla pagina, disseminata a livello di significante e opaca a livello di significato, poesia che, all’avvio degli anni Ottanta, si è illuminata, gradualmente, di una nuova trasparenza del dire, con un’urgenza di dare voce alla propria interiorità che si depositava sulla pagina in un verso minimale, ma mai minimalista, e musicalmente attentissimo, quasi ammantato di silenzio. Sono i versi composti nei due decenni a seguire, davvero sussurri di chi non grida una propria identità, ma punta su uno stile pacato come l’unico e forse ultimo modo di comunicare che possa dirsi davvero umano, ridando senso a quella parola tremenda che è “Io”, dietro la quale si avvertono sia un “Noi”, sa l’alterità di un “Voi”, che va ricondotto a una paziente condivisione, con amorevole Cura Il momento centrale dell’evoluzione dello stile di Cappi, attraverso il cambiamento della forma, avviene nel passaggio dalla raccolta Mapa, del 1980, ,al testo Per Versioni, pubblicato nel 1984; mentre fino a Mapa, la poetica di Alberto Cappi è vagamente sperimentale, pur essendo distante da quella del Gruppo ’63, con Per Versioni, la stessa poetica dell’autore approda a forme già più strutturate, a poesie, nella maggior parte dei casi brevissime e caratterizzate da venature filosofiche: è proprio la differenza della disposizione dei versi sulla pagina , il primo dato che balza agli occhi del lettore delle poesie nelle due fasi della produzione di Cappi: infatti, prima di Per Versioni, le poesie dell’autore sono costituite da sintagmi sparsi sul bianco de foglio in modo irregolare; inoltre si tratta di poesie prive di nessi logici chiari e distinti, anzi tendenti spesso all’alogico. A partire da Per Versioni, come si accennava, si assiste ad un processo di normalizzazione della forma, che consiste nell’uscire totalmente dagli sperimentalismi, con una produzione di testi molto concentrati e anche oscuri nei significati, caratterizzati da allitterazioni e assonanze frequenti. C’è comunque un denominatore comune che caratterizza i due momenti del percorso poetico di Cappi: questo punto in comune può essere individuato nella originalità di uno stile sempre controllatissimo e levigato, del tutto privo della minima traccia di liricità.
RAFFAELE PIAZZA --
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Da Per Versioni -
Nelle acque primeve
occhio polla
coppia culla
bocca bolla
nulla
la di dio
sillaba del do
L’emersione
sterco covo
sparo cavo
seme uovo
avo
da di ala
cantico del tuo
L’ordine
palmo doglia
pianto faglia
patto soglia
ciglia
la di era
titolo dell’ovo
Da La casa del custode
Il fuoco dei profeti
Tu sei la scheggia che ferisce il canto,
il graffio sulla roccia che acque
libera ai sogni. Il fiume ha la secca
tosse del fulmine e accende la sete
delle nubi.
Il Cane ha già morso le stelle, uggiola
ulula nelle trame dei venti. La pianura
è muro e suono che la voce inonda.
“Non ricordare. I giochi sono persi.
nel letto dei torrenti, la terra è scesa
in se stessa, ora abitate il cielo”.
Le navi partirono al mattino tra
il brivido dei pruni Uni e altri nel
lamento spensero i lupi della mente.
Tu infiamma la mia visione, sei
il fuoco dei veggenti.
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