ANNA MARIA GUIDI : “Senz’alfabeto” – Ed. Polistampa 2013 – pagg.88 - € 8,00 –
Un viaggio dagli intrecci inaspettati ove le istantanee si alternano al segno e al simbolo nella pura e impulsiva provocazione del verso, una scrittura sospesa alle altezze proprie della immaginazione, come tentativo di ripensare il limite della parola, il limite della percezione , il limite della riflessione. L’interpretazione della poetessa risponde in prima persona per una sottointesa provocazione che spinge a ricercare nuove esperienze : “Nell’invernino spolto d’una forra / scricchiano i miei passi la sorpresa / d’un gatto bianco e nero / che dalla morte esterrefatto guarda / con occhi di balocco invetriati.”
“Così le parole non lasciano che una flebile orma (flebile è una parola chiave della raccolta di Anna Maria Guidi ) e la loro verità edenica – scrive Giuseppe Panella nella prefazione – appare ormai persa, deflorata dal tempo e appesantita dalla loro inutilità, pronta a perdersi nel labirinto delle interpretazioni e delle chiacchiere, prestata alla morte come il ricordo dei sogni e la labilità del desiderio dei corpi …” Il continuo effluvio che si diffonde trova manifestazioni di interesse crescente nell’intreccio fra il razionale e il metafisico, nelle scansioni di una materia narrativa dedicata alle alterne vicende della vertigine, per la quale i versi straripano in un lucido sorprendersi.
Una certa forma di azione, piuttosto intima e calda, trasporta il poeta al di sopra di ciò che non è affatto, e l’accorda ad un linguaggio superiore, che riesce ad annunciare luminosità radiosa: l’insieme che assicura il privilegio dell’artista al vantaggio di significarsi per elevarsi. Costruzione sapiente e raffinata che fa respirare il testo aprendolo in variopinte direzioni.
Anche il contatto amoroso ha una particolare figurazione : “reduci dal corpo a corpo/ della guerriera fregola / due amanti s’addormono av-vinti / sugli origlieri sfranti / della sfibrata alcova.” Ove il verbo implode in uno stato psicologico dal percorso circolare, lucido , seppure mutevole e trasfigurante.
Una voce che vuole farsi misura e condizione, nei segreti delle immagini e nella vivificazione delle invenzioni.
ANTONIO SPAGNUOLO
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