SIMONE MORANO: “Hai perso una goccia” -Fermenti Editrice, Roma, 2013, pagg. 79, €12,00
Simone Morano è nato a Seregno, in Brianza, nel 1987; “Hai perso una goccia” è il suo primo libro.
Il testo presenta un’articolazione interna e una struttura architettonica, sottese ad una già matura coscienza letteraria ed è scandito nelle seguenti sezioni: “La reputazione dell’amore”, “Incroci nell’aria”, “A ridosso”, “Tra argento e cotone”, “L’impero delle briciole”, “A chi corre sui cristalli”, “Il suo cognome”.
Il primo dato, che emerge dalla lettura di questo libro, comune denominatore per tutte le sezioni, è quello della diseguaglianza della lunghezza dei versi: infatti, in ogni singola composizione, si alternano segmenti brevi o brevissimi con altri lunghi e di media estensione.
Quanto suddetto crea nell’ordine del discorso, attraverso un ritmo interno e sincopato, in ogni poesia, un senso di musicalità del verso, un’armonia e anche una malia intrinseche, che sono alcune delle caratteristiche della poetica dell’autore.
La sezione iniziale può essere letta come il canzoniere di una travagliata e sofferta storia d’amore; in “La reputazione dell’amore”, in quasi tutte le poesie, l’io poetante si rivolge ad un tu femminile, la ragazza amata, con un tipo di espressioni fatte spesso di reticenza e timore, con la stabile paura di non essere riamato.
Intenso il gioco psicologico messo in scena dalla voce del poeta, che ha come etimo il desiderio struggente di essere ricambiato nei suoi sentimenti, per cui, attraverso la parola, adopera tutte le strategie per realizzare al meglio la sua capacità di amare.
La donna sembra, fin dall’incipit della prima poesia, sfuggente e quasi crudele nei riguardi del suo amante:-“/Solo perché non dormiamo insieme da sette anni/ non sei autorizzato a volermi bene/.”
Si tratta di versi intensi e spietati che mettono in gioco tematiche riguardanti quello che ci può essere di doloroso nei rapporti di coppia.
Eros e pathos si rincorrono come motivi fondamentali in questa prima parte del libro, che, a tratti, per l’accentuarsi della sofferenza del poeta, tocca toni struggenti.
La donna detta da Morano pare altera e distaccata, insensibile agli slanci dell’amante.
Lo stile della raccolta è scattante, nervoso e icastico e l’autore riesce a creare un senso di magia e sospensione in tutte le composizioni del libro.
Cifra essenziale pare essere quella di una scrittura avvertita, scabra ed essenziale, connotata da un certa inquietudine interna, che risulta ben controllata.
Poesia antilirica, quella del nostro, che, nella sezione “Incroci dell’aria”, assume toni visionari e magmatici e diviene persino anarchica nella disposizione delle parole sulla pagina.
Qui l’io-poetante è molto autocentrato ed è presente una forte densità metaforica e sinestesica.
Quella di Morano è una poesia che a volte sfiora l’alogicità, seguendo una linea che tende all’oscuro, senza essere per niente solo un frutto disordinato dell’inconscio.
Nonostante la giovane età, il poeta può considerarsi abile nel comporre il suo tessuto linguistico e, inoltre, la sua poetica è caratterizzata, a livello formale, da una certa originalità.
Nella poesia eponima, situata nella sezione “Incroci dell’aria”, l’autore adopera un procedimento anaforico, ripetendo iterativamente il verso Sussurra l’uomo con le spalle larghe; quello che il protagonista afferma a bassa voce pare che non segua un filo compiuto e coerente dal punto di vista razionale, come quando si chiede perché gli assassini non possono sorridere o nei versi in cui afferma che spettinato carezzava le strade in bicicletta e saliva sui pinnacoli del tempo.
Spesso è presente nelle poesie del nostro un tono sognante, che si coniuga ad un senso di onirismo purgatoriale, in una vena di forte surrealismo.
Nella poesia suddetta è presente fortissimamente il tema del male (/”/Lo proteggevo/ dal raggio che ammazza il male//”); inoltre vengono detti gli assassini sorridenti.
Un versificare dai contenuti sofferti, quello del poeta di Seregno, che, qualsiasi delle tante tematiche affronti, è sempre umbratile e pervaso da una grande inquietudine.
In alcuni componimenti della raccolta c’è anche un “tu” maschile, al quale si rivolge l’io-poetante, una figura che resta indefinita.
La scrittura procede in modo fluviale e irruento; a tratti i versi sono scabri ed essenziali e tutte le poesie sono ben risolte in una sola strofa.
Un esordio sorprendente, quello del giovane autore, che conferma quanto possa essere ancora la poesia strumento di bellezza e di conoscenza, attraverso messaggi in bottiglia, nel nostro postmoderno occidentale, che vincono l’afasia e l’incomunicabilità, sfatando del tutto la fine della poesia, annunciata erroneamente dopo la seconda guerra mondiale, quando Paul Celan scrisse “Di soglia in soglia”.
RAFFAELE PIAZZA ---
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"Carta e nome di fiore"
Solo perché dormiamo insieme da sette anni
non sei autorizzato a volermi bene
Ti ho trovato in ritardo
all’uscita di Missori
con un serpente di nei sul collo
che non sapevo.
Mi tengo in mano
e applaudo
T’ho sorpreso
sdraiato nei trifogli
accettando le tue regole sui baci.
Ruotare sui propri secondi
di tesori palpati
M’hai trovato a guardarti
stupito e ingenuo
a pagare il fio con i cuori di prima.
Da qualche parte dondola una virtù
su rime ondulate
M’hai sorpreso
che tu sia custode
di tanta poesia inconfessata.
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