mercoledì 12 febbraio 2014

PRESENTAZIONE VOLUMI = ANDREA MANZI

- Andrea Manzi : L’orma che scavo – Ed. Oedipus – 2013

La simultaneità è una delle cifre costitutive della modernità, dal futurismo in poi. Ed è attraverso il prisma della simultaneità, che si pone in essere Andrea Manzi, cioè si pone in essere la sua vicenda intellettuale e creativa. Giornalista di robusta e tersa vena, docente universitario, suggeritore di idee ed eventi, drammaturgo, poeta, ha già un netto e accreditato profilo per ciascuno di questi settori. Come poeta, ha raccolto consensi di Michele Sovente, di Maurizio Cucchi e di altri critici e poeti prestigiosi e il 14 febbraio (il giorno degli innamorati) presenta all’Istituto Italiano per gli studi filosofici, con interventi di Aldo Masullo e Silvio Perrella, la sua recente plaquette di versi “l’orma che scavo”, postfazione di Elio Pecora, Oedipus, Salerno-Milano 2013 (collana “Intrecci”, dove sono presenti anche Baino, Caserza, Pietropaoli, Giovenale). Fini suggerimenti di lettura sono dati nella bella nota da Pecora, che ci indica come filo rosso di attraversamento “un ritmo che, per varietà di toni e di accenti, anche per cenni e baluginii, reinventa difficili e mobili verità, conduce a percezioni inquietanti”. La verità, però, qui come anche nelle raccolte precedenti, per Manzi non ha nulla di statico e di definito o definitivo, essa piuttosto si innerva e germina nel flusso magmatico della vita, in un continuum di diurnità e di notturnità, di materico e di spirituale. In filigrana, traspare costante un richiamo al garbuglio molto imbrogliato di soma e di psiche. La precisazione è richiesta dall’insistenza dell’autore, anche in altri lavori, come quelli drammaturgici, sull’interstizialità di pieni e vuoti abbastanza spessa, se non vischiosa, che tiene insieme le due facce opposte dell’esser-ci. Nei fatti, unità, verità, sintagmaticità (in senso metaforico) si collocano sullo sfondo: quello che va in scena è il faticoso viaggio in mezzo a tutta questa inestricabilità. Non resta, per la conferma e la cronaca dell’evento faticosissimo, oneroso, straniante, che il riscontro delle orme sul terreno vulcanico, fumigante, arroventato. Riscontro a posteriori, come di chi si volge indietro e resta attonito e incantato dalle tracce, da questi segni impressi indelebilmente sulla piattaforma dove si avanza a rischio e con dolore. E’ significativo, negli appunti presi a brandelli, per guizzi di amebe, un po’ come nella pittura di Klee o di Mirò, che la verbalità acquisti una forte presenza, in un giuoco di accensioni dall’urto fra presente pervasivo e passato puntuativo, crudelmente ermeticamente chiuso in sé stesso.
UGO PISCOPO --

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