Nota critica su: "l’Utilità dell’Arte poesia", Aracne Ed. 2013
di Ninnj Di Stefano Busà------
La grande compagna testuale della scrittura lirica del poeta Bonessio di Terzet è la sua visionarietà, che è appunto l’essenza, la categoria portante del suo linguismo e si manifesta chiaramente come forma implicita, fuori dalle righe, mostrandosi punto focale e attraversamento della grande spirale e fatica terrena.
Ettore Bonessio di Terzet ama le ampie volute, le circumnavigazioni della mente, predilige le avventure sempre più temerarie del processo di transitorietà umano che si avvale di voli pindarici per proiettarsi sul destino della specie.
Nel segno della utilità dell’arte egli ci dà delle coordinate degne della massima attenzione da parte della critica che conta, ci segnala l’attraversamento e il percorrimento di un tragitto che pur restando nell’ambito dei confini di una visuale leggendaria, tuttavia sonda, scava nei processi mentali tutte le occasioni di un viaggio off-limit fuori dalla continuità logica dei sensi che lo vede catapultarsi di frequente nelle anse di un enunciato lirico, senza darlo troppo a vedere.
La sua è la storia di un verbo maiuscolo che sa decifrare le armonie universali ed entrare in sintonia con quella forza “ermeneutica” che conquista l’uomo moderno e lo rende responsabile della sua vicenda storica.
Una poetica che si potrebbe definire molto cerebrale, con punte di massima intellettualità, che si pronuncia in modo ampio ed eclettico e con l’autorevolezza con la quale si rende degna di essere ascoltata, fino all’ultima parola, all’ultimo sintagma, come si fa con un silenzio rarefatto, quando l’enunciato spirituale e intellettivo è straordinario.
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