venerdì 4 dicembre 2015

CONSIDERAZIONI SU POESIE = di GIOVANNI FONTANA

Considerazioni sui testi di poesia di Giovanni Fontana in “Fermenti” 243 - (2015).

Giovanni Fontana è presente con "Per le segrete stanze, interrogazioni itineranti su tempi e spazi".
Con la suddetta opera l’autore si conferma nella sua ricerca sperimentale personalissima, antilirica e antielegiaca al massimo grado, tendente all’alogico, a tratti anarchica, debordante, tra echi e suggestioni dalle molte provenienze e con inserti in lingua inglese.
Da notare che lo scritto è stato redatto per un gruppo di artisti e registrato con Massimiliano Cerroni al clavicembalo.
Quindi il lavoro è da considerarsi il testo per una perfomance di poesia sonora, espressione sulla quale il poeta ha scritto vari saggi.
"Per le segrete stanze" può essere definito un poemetto per la sua unitarietà, anche se è difficile identificarne i contenuti, le tematiche.
La cifra distintiva della poetica di Giovanni è quella di un’esplorazione delle varie modalità formali e semantiche di esprimersi con la parola scritta.
Quest’ultima, nel suo caso, si rivela spesso in commistione con la parola recitata, con un sottofondo musicale, producendo risultati intriganti, degli ipertesti, attraverso le diverse linee di codice utilizzate.
Già in "Osservazioni ed adattamenti", silloge inclusa nell’antologia Dentro spazi di rarità, “Fermenti”, 2015, è evidente la scrittura personalissima dell’autore, che tende a sovvertire i canoni consueti dell’ordine del discorso.
Un linguaggio criptico, accattivante e affascinante, segreto (non a caso il titolo della composizione è Per le segrete stanze), caratterizza questo lavoro di Fontana.
Elemento chiave per entrare nel merito del componimento è la ripetizione martellante di che dire, sintagma che si ripresenta per tutte le dieci pagine.
Un progetto, che ha qualcosa di neo orfico si evince dall’affascinante sgorgare dei segmenti, che sono il risultato di un praticare la poesia in un modo modernissimo, con versi anche di una sola parola e termini composti inventati (per esempio chedire è il primo verso della stesura).
Il risultato è quello di una fortissima icasticità del dettato, tra sospensione e magia, raggiunte anche tramite segni grafici come parentesi quadre e freccette, che sono molto frequenti.
Non manca musicalità nelle varie strofe e il ritmo è serrato.
Il che dire, come una formula incantatoria, si riferisce di volta in volta a molteplici concetti ed oggetti, tra i quali ricorrono luoghi, tracce e spazi e tale espressione sembra calata nella temporalità di un eterno presente.
Essa produce quindi il senso del cronotopo, dello spazio nel tempo, tempo stesso che diviene feritoia dell’attimo, punto atemporale, tra passato e futuro.
Sembra, leggendo il testo, che ha una natura multiforme, di camminare per una strada luminosa e numinosa.
Si nota un certo autocompiacimento, secondo le intenzioni di Fontana, nel tessuto linguistico, che riflette su se stesso e sul processo creativo al quale è sotteso.
Da considerare i versi nei quali il poeta parla dei pensieri che prendono forma e che sono quelli che emergono dalle stringhe di parole, spesso irrelate tra loro.
Da notare che la disposizione dei vocaboli stessi sulla pagina (allineati sia a destra che a sinistra e anche centrati e disposti in maniera sghemba), bene si presta alla volontà di Giovanni di produrre uno stabile straniamento.


Raffaele Piazza

Nessun commento:

Posta un commento