Considerazioni critiche sui testi poetici di Gualberto Alvino inseriti in “Dentro spazi di rarità” Antologia Nuovi Fermenti Poesia – 9 - Fermenti Editrice – Roma – 2015 – pagg. 169 - € 18,00
Il primo degli undici poeti antologizzati è Gualberto Alvino nato a Roma, che si è particolarmente dedicato agli irregolari della letteratura italiana, da Consolo a D’Arrigo, da Bufalino a Sinigaglia, da Balestrini a Pizzuto, del quale ha pubblicato in edizione critica Giunte e virgole (Fondazione Piazzolla, 1996) e altri testi.
Fra i suoi lavori più recenti, la curatela dell’ultima silloge poetica di Nanni Balestrini, Sconnessioni (Fermenti, 2008).
Alvino è presente in Spazi di rarità con la silloge intitolata Mal di testo, costituita da cinque composizioni, che fluiscono in lunga ed ininterrotta sequenza.
In esse si evidenzia un totale azzeramento della punteggiatura (ad esclusione della presenza di due punti interrogativi).
Scrittura antilirica e antielegiaca tout-court, quella del Nostro, anarchica e debordante, sperimentale nel senso di una vaga ripresa dei moduli dei poeti del Gruppo ’63.
In Prima della cosa è detta una descrizione a livello fisico – corporeo di una relazione tra individui indefiniti attraverso i loro gesti e le loro posture con toni vaghi sensuali, allusivi e onirici.
Il ritmo, in questa composizione, i cui versi procedono per accumulo, rende la sensazione di una forte musicalità ed è frenetico, incalzante e sincopato.
Il dettato si configura con segmenti di varie estensioni e il tono è affabulante nella sua tensione verso l’indistinto, con digressioni che sembrano riflessioni dell’io – poetante.
L’andamento è narrativo con una forte sospensione e prevalgono il nonsenso e l’ironia.
Queste caratteristiche vengono riprese negli altri componimenti, la cui cifra essenziale pare essere il senso dell’alogico e dell’arcano.
Notevole la densità semantica nelle poesie, nelle quali l’intelligenza dell’autore domina sui sentimenti.
Un tessuto linguistico nel quale ogni immagine ha origine da quella precedente, con l’inveramento di suggestioni ed emozioni.
Il lettore, per coglierne in pieno il significato, deve leggere e rileggere fino ad affondare nella pagina.
Se paragonata alla tecnica musicale, la poesia di Gualberto si può avvicinare ad una sorta di dodecafonia.
Non gli bastano sette note per farci giungere alla comprensione dei suoi intenti e non sono sufficienti le ottave di un solo pianoforte.
Coscienza letteraria, precisione e icasticità si fondono magistralmente con la fervida fantasia di Alvino.
Uno sgorgare di sintagmi che, più che classico, sembra barocco, quello che ci presenta il poeta romano, un fiume in piena di parole apparentemente irrelate, eppure coerenti.
Uno stile intellettuale che si rivela con una fortissima carica di polisemia e d ipersegno.
Il quinto componimento si discosta dagli altri, per una forma meno oscura e più immediata, per una maggiore chiarezza.
In esso, intitolato Capitulo in che modo combatteno gli omini de Arabia Felice, il poeta realizza una mescolanza linguistica pregevole e originale, del tutto piacevole e divertente per il lettore, nella descrizione di una picaresca navigazione.
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Raffaele Piazza
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