Carlo Di Lieto : “La donna e il mare” (gli archetipi della scrittura di Corrado Calabrò) – Editore Vallardi – 2016 – pagg. 256 - € 12,00 –
Realizzare una monografia così ricca e così preziosa non è fatica di poco conto , e Carlo Di Lieto , con la sua profonda cultura umanistica e il suo agguerrito occhio critico , immerso da tempo nella ricerca di inflessione psicologica , completa l’exursus con impegno dall’ampio orizzonte. L’analisi si delinea lungo tutto l’asse della produzione poetica di Calabrò, che parte dagli anni sessanta dello scorso secolo, con un elenco di libri da invidiare, offrendo una fantasia di figurazioni e tessiture rapide e dense , nel registro stilistico del tutto personale. Interessante l’obiettivo di Carlo Di Lieto, perché cerca una logica nello scenario inconscio che trova asilo nelle opere di poesia, una ricerca continua che attinge alla logica attraverso la realtà fantasmatica, per prendere avvio dai versi. Le emozioni che acuiscono la fantasia hanno la voluttà delle pulsioni esistenziali , per cui l’universo immaginario si immerge in compensazioni e tensioni che sono il flusso vitale dell’eros , o il fantasma di visioni proiettate nel doppio , nel profilo della donna. Una gestazione che inconsciamente proietta al coagulo delle immagini. “La scrittura di Corrado Calabrò – scrive in prefazione – merita un’analisi concentrica, attraverso l’esegesi psicoanalitica; discussa e analizzata dalla critica militante nell’arco di oltre un cinquantennio (1960-2014), è stata esaminata nei suoi valori formali ed espressivi, ma non è stata sufficientemente valorizzata nelle sue forti peculiarità psicologiche. Ed è ciò che si tenterà di fare , in quanto lo si ritiene un completamento assolutamente necessario , e forse imprescindibile, per comprendere appieno questo complesso ed originario poeta.”
Partendo da una rapida rivisitazione dei dati biobibliografici lo scenario si dipana nelle sorprese di una forza avvincente che sembra pervadere la preparazione culturale, avvincente e originale, del poeta. Le interviste, che hanno segnato il passo e sublimato la condensazione del pensiero , hanno la forza dirompente di lunghe gestazioni, per quella propensione alla visionarietà dell’insoddisfazione.
L’amore e l’oggetto dell’amore diventano tensione pulsionale e spinta attrattiva per una carica deflagrante che sospinge il verso. “Il poeta si riconosce nel raggiungimento dell’oggetto e nella possibilità di fissare in maniera indelebile l’esperienza, che così si connota, in un momento esistenziale di speciale identificazione.”
La materia dei sogni parte dall’illusione visiva e dalla luminosità mnemonica , e qui prevalente nel discorso poetico. L’eleganza formale ha la natura stessa dell’inconscio per la vertiginosa presenza dell’oltre, in copresenza di un infinito irrazionale e impensabile , dove spazio e tempo, esterno ed interno , finito e infinito creano l’intensità spirituale del verso.
L’accenno alla querelle critico letteraria nata tra Domenico Rea e Pietro Cimatti pone un aggiustamento obiettivo per la singolarità del tracciato segnato da Calabrò, quali la stratigrafia dell’animo dello scrittore nel suo motivo scatenante di un’alterità imprendibile e gli scenari che si delineano nella dimensione dell’incognito.
Una nutrita “ antologia” interrompe il saggio , per riprendere con il capitolo “Il poeta alla griglia”, un estratto già pubblicato nella rivista L’illuminista nel 2003, nel quale il tratteggio corteggia la poesia immersa ed emersa dalla glaciazione che la cultura rappresenta senza limiti negli anni contemporanei.
Si conclude il volume con un accenno ampio e succoso al romanzo di Calabrò “Ricorda di dimenticarla” , che ebbe fortuna nelle sue riedizioni, e con una “intervista” densissima , che apre ampi spazi allo sguardo che interroga , alla memoria che risponde.
ANTONIO SPAGNUOLO
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