-- Prefazione --
In questi tempi difficili anche per i poeti non è facile trovare un soffio illuminante che crei l’atmosfera magica del dettato , tra armonia del verso e rigore dello stile. . Ma con sorpresa troviamo ancora fortunatamente qualche autore che tenta disperatamente di incidere la sua voce in un panorama culturale purtroppo disattento e impegnato in momenti disastrosi sia politici che economici. E’ il caso di Alfonso Severino , che ostinatamente calca la sua penna con passione , con intelletto lucido e con vigile preparazione. Egli propone in questo volume una ricca scelta di poesie che hanno il dono quasi tutte della semplicità di scrittura e della limpidezza del ricamo che cerca di assumere un rilievo inconsueto per argomento e resa stilistica
Sempre densa di lusinghe , nel riflesso delle luci mutevoli , la poesia appare quotidianamente tra gli anfratti delle sfumature del dicibile. Il linguaggio consuetudinario perde il suo spirito di appiattimento per diventare intuizioni immediate e spirito di deliberazione , referenza nell’ambito della dinamica creatrice dell’idioma. Nelle tonalità , nel timbro , nel ritmo , i versi sono coerentemente ed intimamente connessi al pensiero che vaga in maniera incontestata tra quelle immagini che garantiscono la forma e la sintonia della cifra. Il lievito, che richiede una precisa determinazione, ingenera la natura mitica della poesia stessa , che muta per ampiezza e per sensibilità, e proietta la propria vitalità al di la di se stessa, nello spazio della conoscenza e dentro il sapere .
Tra l’essere invisibile ed il provvisorio ecco l’incrocio della parola , che in un gesto simbolico riflette il riserbo del poeta per poter lasciar coincidere il contrario che appare tra la verità e l’errore. Nel cammino poetico allora la solitudine rappresenta il passaggio cruciale che il battito della scrittura irradia in una navigazione perigliosa tra i flutti della materialità e il sospetto della illusione, perché la metafora disinneschi il rapporto tra realtà e finzione . Anche Severino cerca la strategia dello sdoppiamento, nell’orizzonte della unità che riesca a trattenere la poesia nella materia , il pensiero nel sospeso , la passione nel verso inciso , il tremore dell’anima nell’indeterminato. Tratteggia pennellate di abbandono tra le improvvise visioni di binari roventi nel sole di una stazione, di abiti bianchi in attesa di danze, di parole che riescano a spogliare le pietre, o proietta particolari schermi luminosi tra le foglie , i rami , le mura che ritagliano porzioni di volteggi.
Dentro le cose e dentro le azioni gli impulsi della immaginazione hanno una evoluzione rapida , tale che il pensiero dominante emerge nella rappresentazione, tra le caratteristiche storiche della musicalità e le frequenti testimonianze del vissuto.
Il registro cerca di intravedere un varco nel fragore delle suggestioni che la parola incide, attraverso le armonie che vorrebbero intaccare l’infinito per scardinare il mistero dell’insondabile e ritrovare le sorprendenti tessiture del noumeno . Le immagini quindi hanno la spazialità nella successione temporale che caratterizza la presenza dell’io poetico nel caos delle corrispondenze , nella immediatezza della comunicazione, nella sublimazione dell’invenzione onirica. E anche là dove la spezzatura dei versi irrigidisce il sistema di attesa ci sorprende la voce contenuta , per gli spazi interiori , la velocità cruda , la tenerezza sempre contenuta , il vigore di una testimonianza indiscutibile. Come uno scalpellino egli plasma le partecipazioni dello spirito nell’ascolto dell’indefinito.
Anche la fascinazione estetica gioca un ruolo rilevante , nel proporre un poeta immerso nel proprio tempo , nella scissione moderna del dettato, nel rovello delle vicissitudini della forma , nelle tracce colorate dell’ordito dei ricordi , delle nostalgie , delle speranze , delle illusioni. Momento , in sequenze metaforiche e metonimiche , intrecciato ai simboli, alle icone , alle figure , ai personaggi , al paesaggio, per un’atmosfera ampia e rutilante ove il reale e l’onirico si alternano , si inseguono , si frappongono e si giustappongono , si elidono e si integrano nel dominio di una fertile creatività . Lessico saldo ed effuso ,semplice ma radioso , nella vorticosa congerie della sua personale “recherche” , fra tempo perduto e ritrovato , fra sculture e ondeggiamenti , fulgide rarefazioni , lieti scoscendimenti , friabili volteggi nel controllo dei frammenti cromatici.
“Abito color cioccolato
respiro bianco di colle
celeste cielo nell’iride,
mare azzurro incontra riva ed orizzonte
Mani legate a quest’abbraccio
ti stringo sul petto
piantato tra le nuvole e i sogni
la voce di ogni opera lontana
segni tra cielo e terra
Custode di quest’attimo
infinito annodo fazzoletti
di tutte le promesse degli amanti,
nell’aria corrono nastrini rossi rosa
verde bianchi gialli indaco
sorridono di tutte le incertezze
sulla lavagna del giorno.”
Evocativo e illusorio il verso diviene spettacolo nella lacerazione di un quotidiano dai colori cangianti.
*
Talvolta capita di scorgere il profilo delineato di una persona cara scandita nello scorrere di una traccia , in una rassegnazione che indica lentezze e ripetizioni per non poter far altro che dimenticare. Ma dimenticare non è possibile perché anche il presente ha molto da raccontare in frammenti che solo l’abitudine riesce ad occultare in un crepuscolo , in un fremito , che sembra allontanarsi sempre di più, via via che procediamo nel nostro viaggio verso il giorno, dentro quella luce che è vertice della visone poetica.
Le allusioni sfruttano con sapienza gli interstizi delle parole e delle immagini senza pretendere con esattezza una verità, che esiste soltanto come fantasma della fantasia, delle nostre illusioni , e cercano di testimoniare un transito che ritorna di volta in volta alla memoria per tradurre il tempo e le incertezze.
Così personaggi o paesaggi , visioni o abbagli , diventano bisbiglii che emozionano e lasciano aperta quella spinta interiore a comprendere le profondità remote e segrete della immaginazione
Tutto ristagna nell’anima , in quella zona neutra in cui le emozioni giocano nel luccichio o giacciono nella penombra dell’incanto, per essere improvvisamente partecipe di un qualsiasi rapporto con la quotidianità : il tempo cade nel tranello delle sensazioni, non per capriccio , ma perché guidato da una forza etica che no ammette deroghe.
“Migranti”
La sorpresa , il dolore umano, l’incapacità a soccorrere , la vergogna che sfiora , dilata le pause del ritmo in oscillazioni debordanti , tra assonanze ed accordi , nel groviglio stesso dell’esistenza che accetta passivamente la storia di un mondo alla deriva.
Tutto è ritorno , egli scrive , mentre l’aspirazione dell’artista si ritrae sino a raggiungere nel suo inconscio l’immagine primordiale, che potrà compensare nel modo più efficace l’imperfezione e la parzialità della contemporanea illusione, che si impossessa delle immagini stesse, modificandone le forme e delineandone la cifra espressiva. Senza ricorrere a temi astratti o a complicati esercizi stilistici la poesia di Severino si snoda tra musicalità di sottofondo e immagini che non seguono un metro preciso ma si muovono liberamente assecondando le incisioni che il poeta ricama. Poesie potremmo dire semplici , sbocciate fra le presenze o le incursioni , fra i profumi o le immagini , a volte sincopando la danza , a volte nell’affabile porgere del sussurro. Una poesia che mostra la serenità dell’autore , immerso nei suoi variegati pensieri , che permettono di non scomporsi e di accettare quel che accade , mentre tutto continuerà ad andare avanti come sempre .
La figura femminile appare e scompare , tratteggiata quasi in sospensione , con la semplicità che serve a rendere la presenza quasi un abbraccio allegro, tra sensazioni estremamente elementari e radicate nella naturalezza più accesa. I versi spesso sono accumuli di umori che a volte affiorano nonostante l’attenzione del poeta volesse nasconderli .
Non manca , tra una pagina insolita, anche la denuncia :
“ …Bambole di carne per uomini di carta
spengono miseri destini di povera gente
macelleria a cielo aperto
le loro notti di brividi
La loro anima consumata
da uomini senza vergogna:
politici-servi
tengono aperto il mercato del falso clandestino
complici bastardi nati da parti oscuri
da madri assoggettate al bisogno
da padri vili senza parola
Voi, dal cuore corroso, date dignità al cazzo
non pensate a fare marchette.”
Ove l’abbaglio diventa buio della notte nel rappresentare e suggerire quanto di pericoloso e indecoroso vi sia nel coagulo che attende in occasioni esplosive. Ed ancora echeggia altrove un imperativo suggello nella disperazione di un profugo nero che sussurra titubando alla madre qualche parola di calore , nel grido della disperazione di annegati senza fortuna.
*
L’atto poetico , per quanto in se stesso indefinibile, se non nella pratica che lo fa scorrere , si inscrive in una costellazione di segni e di forze, di momenti e di luoghi che lo inclinano in una certa direzione e ne dicono il come , il dove , il rapporto con il visibile e l’invisibile, recitando nel ritmo il riconoscimento di ciò che può avvenire , attraverso lo sguardo ed il sospetto , la luce e le ombre , e ci apre all’attesa di quel che potrebbe apparire e coinvolgere , nell’inatteso , nel non ancora avvenuto , alla soglia tra percezione ed essenza , apparenza e realtà.
“Quando mi vedi così
non essere triste
non guardarmi con quel viso
ciò che vedi , è la sola mia tristezza
sono quasi felice d’ averla
questa culla che dondola passi lenti
ha imparato da tempo a consolarmi
il dolore che sommano
i tuoi occhi smarriti non lo sento
Viene da un’altra bocca
da altre mani
da un abbraccio perduto
non guardarmi
lasciami come sono.”
Ricucire i sentimenti diventa un momento di abbandono , un leggero tocco che dall’onirico sboccia nella leggerezza di presenze, rese diafane e lattiginose da uno schermo che , mentre le vela , nella loro improvvisa luminosità anche le rivela, e in particolare per forza e suggestione sottolinea la partecipazione del disinganno. Accanto alle esperienze della vita , del quotidiano , l’inventiva fantastica ricompone in questi versi un continuo gioco di autoconoscenza, che continuamente divarica in assonanze ed accordi che sorprendono nel limbo assolato della pannellata.
Il racconto spesso muove dalla convinzione che «alzare gli occhi al cielo», a scrutare il volo degli uccelli, entrare nel fondo di una visione e tendere l’orecchio a riconoscerne il canto, riapre i varchi del pensiero emotivo e fortifica i legami logici del ragionamento, ammesso che si possa inserire una parentesi logica all’abbaglio che non si riesce a decifrare. Il pensiero stesso è sentito dall’Autore come un’immensa nube carica di umido in cui le idee volano sulle ali del simbolo. Nella raccolta si alternano registri diversi. Se in alcuni testi prevalgono i toni lirici,sostenuti da una pacifica e serena aspettativa, in altri è un’amara ironia a caratterizzare una poesia animata da un forte impegno morale e civile che non manca di sottolineare l’indifferenza degli uomini rispetto alle tragedie. Altre volte, quando il dettato si fa onirico, le immagini divengono surreali, come. Le scelte metriche assecondano l’alternarsi di temi, con prevalenza di endecasillabi, mai giocando con rime, assonanze e allitterazioni, a creare un procedere che, con efficacia ritmica, veste i diversi registri.
La materia qui prende di tanto in tanto forma di canto e l’affabulazione è una leggenda che va letta e riletta , per rincorrere le onde della musicalità. Ogni pagina ha la sua filigrana , molto spesso sottile e speculativa , ove la pregnanza è incipit di chiare visioni , di sofferte esperienze, di fanciullesche preghiere , tutto nel crogiolo della “parola” e del “verso”
ANTONIO SPAGNUOLO
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