Alfonso Ravazzano – Luce che nutre---puntoacapo Editrice – Pasturana (Al) – 2016 – pag. 83 - € 12,00
Alfonso Ravazzano è nato a Novi Ligure nel 1963. Ha pubblicato due raccolte di poesia, “Cantilena inesorabile” (1994) e “A Luca” (1996). È stato membro del laboratorio letterario “Parole e cose” di Novi Ligure e ha curato per anni una rubrica poetica per “Il novese” e “Il nostro giornale”. Suoi testi appaiono su siti letterari, sia a nome proprio che con lo pseudonimo Nika Otare. Ha partecipato per Radio Pieve al programma “Caleidoscopio” condotto da Andrea Bobbio.
“Luce che nutre”, il libro del Nostro che prendiamo in considerazione in questa sede, presenta una prefazione di Emanuele Spano ricca di acribia ed una puntuale e acuta postfazione di Mauro Ferrari.
Da notare che tutti i componimenti sono senza titolo e che questo elemento ne accresce il senso di indeterminatezza dal quale sono connotati.
Il testo, composito e articolato architettonicamente, è scandito nelle seguenti sezioni: “L’io dei miracoli, Avrebbe goduto il dolore, La nudità dell’acque e Sincronie”.
Il titolo della raccolta fa pensare al principio vitalistico della luce stessa che fa crescere le piante e riscalda la terra, una luce che pare irradiare le composizioni stesse e farsi foriera del principio primo della poesia stessa in generale, che è qualcosa di catartico e salvifico sotteso al pensiero divergente che è quello che anima e stimola la creatività.
Del resto le poesie, che fluiscono spesso anche in lunga ed ininterrotta sequenza attraverso le strofe, esprimono un amore per la vita e sono a volte permeate da un vago misticismo, come quella iniziale che si chiude con il distico: - “ma l’angelo s’incaricò di lasciarti insonne/ e amando il tuo sguardo lo sorprese” -.
Bisogna mettere in evidenza che un tema centrale del libro è quello del dolore, un’angustia che diviene personificata: - “Avrei voluto essere il tuo dolore…”.
Pare che il dolore detto da Ravazzano sia qualcosa di atavico, che inizia con la nascita, con lo strappo nell’entrare nel mondo e che prosegue per tutta la vita connesso all’esserci nella realtà e che trova nella scrittura la sua espressione nelle immagini, frutto di una fortissima urgenza del dire.
Del resto, tornando al tema dell’origine, della provenienza, che è quella dell’io –poetante, non è un caso che in molti componimenti si parli del padre e della madre del poeta stesso che divengono archetipi della sua genesi e che sono sempre descritti, non a caso, con partecipazione commossa.
Il poeta descrive le figure (e non manca un tu femminile del quale ogni riferimento resta taciuto) come strettamente e necessariamente inserite nel cronotopo spazio – temporale: - “Vorrei inventarti all’origine di tutto/ come se nulla fosse mai stato/ il nulla a creato lo spazio/ oltre si resta avvinghiati” -.
La poetica di Alfonso ha come cifra distintiva una forte carica intellettualistica e i versi si sdipanano sempre icastici e avvertiti.
I tessuti linguistici sono sempre antilirici e anti elegiaci e le struttura delle poesie è eterogenea.
Infatti le poesie sono di diverse lunghezze (da quelle brevissime a quelle lunghe e articolate, da quelle verticali a quelle costituite da versi lunghi).
Quello che emerge come una costante è il ritmo sincopato e serrato che produce una stridente e misurata musicalità.
Ci sono aperture all’ottimismo, secondo il vitalismo di cui si diceva: - “Ho preferito guardarti risorgere, porpora e spirito, quasi invisibile” -.
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Raffaele Piazza
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