RAFFAELE PIAZZA ,”Del sognato. Poesie” in “Sguardi”,
collana diretta da Gabriela Fantato, La vita Felice, Milano 2009.
“Del sognato”, già dal suo canone onirico, lascia le sue tracce, in tempi e luoghi diversi, di ricordi destrutturati e ricostruiti contemporaneamente, Raffaele Piazza conferma la sua scrittura di tipo allucinatorio per guarnire di ricchi simboli un quotidiano sentito come una realtà scarna e laconica. La ricchezza della simbologia contenuta nel suo “Sognato”, le rapide associazioni tra contenuto e impennate di colori, somiglia al sonno REM, quello della autorappresentazione spontanea, con tutta la sua livrea biografica di associazioni feconde.
L’apertura della silloge ha la cornice mediterranea. La smagliante Partenope introduce il lettore a ritrovare tracce di verità in un caos biografico di fatti malsicuri. Ed ecco il suo teatro di fiori improvvisi, sollevati dal turbine delle memorie. Ma attenzione: le linee di significato sono volutamente anarchiche. Non virgole e punti, alla maniera della scrittura medievale di un codice manoscritto. I significati sfuggono e bisogna cercarli in una rincorsa continua di contenuti non lineari. La nota critica di Gabriela Fantato alle poesie di Piazza fa molta luce nella soffitta congestionata dove ogni frammento di sogno è stato accolto al buio, come se il protagonista volesse dimenticare. Eppure una tale foresta affollata di esseri, simboli, colori e situazioni cronologicamente sconnesse, è consistente per la sua stessa anomalia formale. Si entra al buio e lentamene si accendono tutti i sensi del passato, si ripropongono vivi, in difficoltà nei movimenti, curvi di memorie, ma poi si distendono, essi stessi forniscono la loro luce e il buio della soffitta si rischiara. A quel punto, nei flussi continui di parole come luci che si accendono e si spengono, che scorrono nei versi ed all’interno del ritmo, si infrangono senza vincoli logici, impariamo a seguire il “sognato” del poeta accettando la sua scrittura che ha rinunciato ad una dimensione narrativa regolare.
Si va tra il Mediterraneo e Partenope, viva miracolosamente per apparentamenti misteriosi, tra realtà e invenzione. Tra oggi e ieri, nel materiale accantonato di una personale archeologia biografica. Il poeta Piazza ci ha fornito, pudicamente, un tenue filo di Arianna per lasciarci entrare nella sua intimità labirintica. E ci si chiede alla fine, che vuol dire “verità” se nel vissuto ci è sembrato di sognare? E’ forse il problema dell’anima, della sua immensità, che tormenta in misura assai maggiore l’uomo moderno, che non i suoi avi prossimi o remoti? E poi affiorano realtà che si pronunciano paradossalmente “Internet e mail rosapesca”, “attimi di margherita”, “l’essenza degli orgasmi”, “rosa sudore dei giorni”, fino ai “tavoli di lavoro” alla luce chiara del giorno, in città, quando è inevitabile che arrivi “l’epifania di pagine del tempo” , lungo “il sentiero nella città che porta al mare”.
- FRANCO CELENZA
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