Riflessioni sulle poesie di Antonio Spagnuolo
Quali sono le parole più giuste che vorremmo che altri rivolgessero per distoglierci dal dolore esperito?
Non esistono o meglio se anche esistessero parole adeguate non basterebbero per placare la fame e la sete insaziabili di rivelazione di noi stessi a noi stessi!
L’amore investe il tempo della più grande prerogativa della vita: distrarci da noi stessi per aprirci alla rivelazione dell’altro, ammaliati dall’altro dimentichiamo d’essere, dimentichiamo di vivere solo per noi stessi e apriamo il sentire alla pace, all’unione, al completamento che la sola esistenza dell’altro ci dona ed è così grandiosa quest’ esplosione di vita che quando la vita stessa ci toglie questa opportunità restiamo vivi ma come morti, senza più fiato, destinati ad ansimare e ad annegare in noi stessi e nel nostro irrisolto, nel nostro dolore, nella nostra fragile natura per la mancanza di speranza senza speranza o fede, badando di tenere porte e finestre ben chiuse per non rinnovare un dolore già vissuto… poiché non v’è dolore più insopportabile di quello già vissuto!
E allora non resta che rintanarsi e difendersi dal dolore rannicchiandosi nel miraggio del ricordo d’essere stati amati e amanti, nell’inganno d’esser stati vivi anche solo per un attimo, attimo appartenente al passato, nel ricordo d’essere stati vivi perché vivi ci sentivamo amando! Perché vivere è amare: il senso ultimo della vita! Per poi sentirsi addirittura in colpa per essere sopravvissuti all’altro, per essere stati destinati a continuare una vita senza poterla più condividere con l’altro che ci significava e completava!
Noi siamo la nostra percezione del mondo e questa consapevolezza dovrebbe farci riflettere su quale inganno possa essere per noi stessi il nostro pensiero, il nostro percepire il mondo setacciato dalle emozioni: questo il più grande, inclemente e cieco spietato inganno perpetrato ai danni di noi stessi inconsapevolmente!
Essere vivi senza amore, senza più la grazia dell’emozione e del gioire profondo… c’è morte in vita più atroce e tenera?
La poesia non è altro che quest’ operazione di scavo: nero su bianco nel rivelarci noi stessi a noi stessi! E’ un grido d’aiuto, quasi sempre lo è ed è solo per cuori predisposti e preparati all’accoglienza e all’ascolto di sé stessi, per anime avvezze ad avvicinarsi e condividere il sentire proprio e altrui senza paura di accogliere la verità più spietata e dolorosa!
La consapevolezza d’esser destinati alla solitudine, al richiamo della quale nessuno può esimersi è forse in ultimo l’atto di coraggio più difficile ma dovuto col quale possiamo anzi dobbiamo omaggiare la vita!
La memoria resta a farci compagnia e a traghettare l’anima nella dimensione felice dove essere libera linfa d’anima come un feto che vuol tornare nel ventre della bellezza primigenia, amati d’un amore che non conosce morte! Il ricordo appare come culla dove cullare il dolore dell’assenza e da esso trarre il senso ultimo del vivere o meglio del sopravvivere alla mancanza dell’amata!
La poesia interviene con la sua dolcezza lenitiva e curativa a far compagnia in quello che sarebbe altrimenti un abisso senza luce e accade che a tratti nel non detto il lettore senta sulla pelle il tentativo reiterato del poeta di sublimare, trasfigurare il suo dolore con l’amore che ancora resta: l’amore per la parola, fedele a lui in tutti questi anni, alla quale chiede aiuto e luce in tutto quel buio nel quale egli è costretto a vivere!
Il poeta scrive: “Non so trasformare lacrime in versi e versi in lacrime” ma sa far commuovere -aggiungo io- invita il lettore nel suo mondo, lo rende partecipe del suo dolore, dell’assenza cara e dell’angoscia vissuta; è questo un invito a capire in maniera empatica, con tutta la tenerezza e il rispetto possibili quanto la vita sia una cosa seria e quanto essa richieda serietà nel vivere il dolore e la morte, senza averne timore ma mostrando il petto! La consapevolezza che ci regala è impagabile!
Queste le mie piccole e umili riflessioni da lettrice ai due libri di poesie del poeta Antonio Spagnuolo : “ Canzoniere dell’assenza” e “ Ultimo tocco” , il quale con la gentilezza che lo contraddistingue ha voluto onorarmi della sua amicizia e condividere con me la sua opera!
Nella speranza di aver fatto cosa a lui gradita con rinnovata stima!
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Rosaria Chiariello
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