Sergio Gallo – Canti dell’amore perduto--- Puntoacapo Editore – Pasturana (Al) – 2019 – pagg. 247 - € 20,00
L’autore del testo che prendiamo in considerazione in questa sede, Sergio
Gallo, è nato a Cuneo nel 1968 e risiede a Savigliano (CN) dal 1981. Ha già
pubblicato alcune raccolte di poesia. "Canti dell’amore perduto" è un testo composito,
dalle molte sfaccettature e significati ed è di un’insolita lunghezza, per essere una
raccolta di poesie. Il libro è scandito in nove sezioni ed è interessante e ricco di
tematiche; inoltre in esso, la densità semantica, e metaforica del tessuto linguistico,
tra detto e non detto, si carica di molti significati che rimandano ad altro, per una
forte dose d’ipersegno. Il testo è scandito nelle seguenti sezioni, molto eterogenee tra
loro; le scansioni, in tutto nove sono: La sestuplice ricchezza, La triplice sofferenza,
Luoghi del passaggio estremo, Alate parole, Il veliero sommerso, La parola
naufragata, Memorie di Tommaso Gastaldi, speziale, Sulle tracce di Giacomo Della
Rossa, Abate in Staffaria. La scrittura di Gallo e chiara, luminosa e ha una certa quota
di narratività. La poesia di Sergio Gallo spazia attraverso molte tematiche, da quella
naturalistica, a quella amorosa. Veramente alta la poesia che apre la raccolta intitolata
Presso il Ginko biloba, che ha qualcosa di programmatico e della quale si cita il
bellissimo incipit: - “Lo diceva anche Pasolini che il sapere altro non consiste/ che in
una speranza di luce. E così seguendo il pulviscolo/ madreperlaceo, le macchie
accese sotto le palpebre, / per vie imperscrutabili sei giunto nel cortile del vecchio
ospedale, / presso l’albero centenario. Non sequoia, cipresso o ulivo/…”. È presente
in questi versi una minuziosa descrizione della pianta Ginko, in tutte le sue parti C’è
una particolareggiata analisi botanica e filogenetica del Ginko, in tutte le sue parti e il
procedimento stilistico avviene per accumulo. Il Ginko diviene simbolo di una forma
di conoscenza naturale, che può essere superiore a quella di un libro. Nelle poesie di
Gallo ci sono molti versi lunghi, che sono ben controllati, in un contesto in cui
emerge una forma compiuta e risolta. Interessante la composizione Quoelet, situata
nella prima sezione. costituita da diciotto brevi strofe irregolari; è una poesia dal tono
gnomico, nella quale l’io-poetante si rivolge ad un immaginario interlocutore, in un
modo serrato e con un tono pacato. È evidente in questa composizione un
procedimento anaforico, consistente nel porre all’inizio del testo le particelle dell’o di
o del, associate ad un complemento di specificazione; in questa poesia l’io-poetante si
rivolge ad un “tu”, di cui ogni riferimento resta taciuto, enucleando argomenti che
toccano tutti i settori della vita, con un tono vagamente biblico (vedi il titolo della
composizione). Questa poesia è detta con un tono vago e allusivo, che tocca la
struttura della vita dell’uomo, per trarne il senso, il suo etimo profondo. Si tratta di
una riattualizzazione del libro veterotestamentario, improntata a considerazioni sul
tempo presente, che stiamo vivendo, il postmoderno occidentale, con tutte le sue
contraddizioni e lacerazioni. È costante, nella poesia di Sergio Gallo, la ridondante e
frequente aggettivazione. In qualche parte delle poesie del libro, il poeta descrive
scene di quel perduto amore, che viene detto nel titolo, con un senso di accorata
nostalgia; qui le emozioni sono ben contenute e, come in ogni parte del libro, la
forma è controllata. Viene detta, in modo icastico, la natura in tutte le sue
manifestazioni, da quelle inanimate geomorfologiche, a quelle del momento del parto
di una donna, a cui è dedicata una poesia. La poesia eponima è situata nella sezione
intitolata La triplice sofferenza. C’è un forte senso di sospensione, nella poesia di
Sergio Gallo. Riscontriamo una forte eterogeneità nelle composizioni di Sergio Gallo:
infatti alcune hanno una connotazione discorsiva, narrativa, mentre altre sono più
complesse, sia a livello di temi che s’intrecciano e s’intersecano, sia per lo scarto
dalla lingua standard, fino a divenire quasi oscure. Traspare anche, spesso, un forte
senso di magia e mistero. Tutti i componimenti sono di notevole estensione e
costituiti da diverse strofe; spesso il poeta utilizza il verso lungo, che riesce a
controllare molto bene. Come scrive Mauro Ferrari nella postfazione, il presente
volume costituisce un unicum nel panorama italiano della poesia contemporanea.
Scrive Ferrari che Gallo ha gradualmente affinato la propria lingua poetica, ma
soprattutto un catalogo delle cose da dire con coerenza di visione e si presenta con
un’opus di straordinaria ricchezza ed originalità. Attento alla natura e ancora di più
alla naturalezza, alla naturalità, il poeta piemontese si inserisce nello stretto novero
dei poeti davvero in possesso di un vocabolario personale – ma, caso quasi unico, non
cade mai nell’idiosincrasia linguistica, nell’idioletto eccentrico, riuscendo ad
inserirsi, da questo punto di vista, nella scia di Bacchini, (piuttosto che Neri, di cui
non condivide il programmatico abbassamento tonale) – a cui, tra i riferimenti
stranieri, aggiungeremmo Neruda Withman e Williams.
Un testo coinvolgente, venato da una forte carica intellettualistica, quello di
Sergio Gallo, che costituisce tout-court, un esercizio di conoscenza sull’uomo
proiettato nella natura e nel mondo contemporaneo, detto attraverso la parola poetica.
*
Raffaele Piazza
Nessun commento:
Posta un commento