Raffaele Urraro – Poesie--Marcos Edizioni – Napoli – 2019 – pagg. 111 - € 10,00
L’autore del libro, che prendiamo in considerazione in questa sede, è nato e vive a San Giuseppe Vesuviano e ha pubblicato numerose raccolte di poesia e di saggistica. "Poesie" è un libro dal tono narrativo e prosastico che ha per cifra fondamentale una certa originalità che si riscontra, particolarmente, nell’accostamento dell’italiano e del dialetto napoletano in uno stesso componimento: si tratta di un’opera che ha per contenuti tematiche intimistiche e introspettive e anche politico-sociali. Il poeta, in questa raccolta, utilizza un linguaggio chiarissimo e quasi elementare, caratterizzato da una scarsa densità metaforica e sinestesica, linguaggio che s’impenna, a volte, in accensioni, ma che, quasi sempre, è piano e caratterizzato da uno scarto poetico minimo dalla lingua standard. Tutte le poesie della raccolta, scandita nelle sezioni La parola e il sangue e La danza delle stelle, sono costituite da varie strofe e il ritmo è sempre sostenuto; possiamo riscontrare anche una certa musicalità nel dettato. Non mancano componimenti che presentano una certa tensione filosofica e speculativa. La raccolta è preceduta da una dedica: in tale breve scritto si dice che il libro è dedicato a tutte le donne che lottano per la loro liberazione dalla schiavitù in qualunque paese e sotto qualsiasi forma essa si manifesta; in modo particolare il libro è dedicato alla poetessa araba Nazu al Malaka e al suo impegno civile e a Neda Sades Hasssein, morta quest’anno per la libertà dell’Iran. A volte, e questo è un elemento positivo, Raffaele Urraro riesce a distendere sulla pagina versi icastici e forti, molto densi dal punto di vista semantico come nella poesia che segna l’incipit del volume, intitolata voglio morire con la parola in bocca:-“/ voglio morire con il fiore in bocca/ la parola per dire/ la parola per parlare una parola/ meno stanca di niente// se mi perdo nel bosco/ a scambiare parole/ non ho più la forza di parlare// la violenza piovuta/ dalle nostre fantasie/ sul mondo di parole/ ha tolto alla parola/ la parola di bocca-…”/; questa poesia può essere letta come un componimento poetico che riflette su se stesso e il senso potrebbe essere quello della parola stessa che si stacca da terra e s’invera sulla pagina scritta, superando l’afasia e la morte, due elementi che, in questo contesto, sembrano entrare in simbiosi. Particolarmente significativa la strofa finale di questa poesia, che ha un tono spiccatamente filosofico-esistenzialistico:-/” ma è ora di stringere il cerchio/ intorno alla vita e dire con il cuore in sussulto/ che fare poesia/ è calarsi nella notte/ con mente, cuore, corpo, anima/ e infrangersi sulle rocce delle cose/ e poi in/ formare una parola/ che scenda dritta nelle ombre/ a portare una fiammella/ di verità scrostata/ dal nulla dell’oblio/ o dall’oblio del nulla-/”: in questi versi si nota una vissuta e intensa riflessione sulla scrittura poetica stessa, nel suo trarre essenza e linfa nell’atto dell’io-poetante di calarsi in zone che il giorno non conosce. È misteriosa la descrizione notturna in questa poesia, in cui il denso buio, dal quale è circondato il poeta, pare farsi, denso inchiostro nero per scrivere, appunto, versi. C’è da notare che entrambi i testi citati fanno parte della prima sezione del libro: è lo stesso Urraro a darci, nella premessa una motivazione esauriente sul senso delle due scansioni del libro; così scrive l’autore:-“ Nella prima sezione del testo ho raccolto i testi composti sotto la spinta e la provocazione della realtà, nella seconda ho raccolto i testi composti nei momenti in cui cullavo il mio pensiero trascinandolo lungo un itinerario dalla terra alle stelle, stelle che assumono, di volta in volta, un significato diverso, ora simbolico, ora allusivo, ora metaforico, ora immaginario, e presentano, perciò una molteplicità semantica…”. Le parole in se stesse possono essere protagoniste delle poesie, le parole dette dal poeta si animano e divengono tema centrale di alcuni componimenti, come, ad esempio, in rimbalzano le mie parole:-“rimbalzano le mie parole/ dalla terra di creta,/ al cielo di cristallo/ e non trovano nulla/ trovano soltanto/ il silenzio dell’assenza ombra grigia/ che pigia le nevrosi/ del sogno// l’uomo è solo…/”: c’è in questi versi una valenza filosofica e una riflessione sulla parola che si riflette su se stessa. A volte, nelle poesie raccolte in questo libro, troviamo una vena sociopolitica tout-court come in siamo noi gli irakeni! che ha per tema i morti della guerra in Iraq: c’è da notare che le poesie della raccolta iniziano con la lettera minuscola, così come i loro titoli; inoltre c’è da notare che la punteggiatura compare raramente nelle poesie, che hanno, talvolta, una certa fluidità e una certa compattezza. Raffaele Urraro, con queste poesie, semplici nella forma, ma dai contenuti profondi, riesce a produrre un testo gradevole per il lettore, a volte, anzi spesso, giocando con le parole, come nella poesia chi so? chi simme? scritta in parte in dialetto napoletano, in parte in italiano in cui l’io-poetante afferma di non sapere più chi sia né chi siano gli altri che lo circondano: - “io e gli altri/ chi cazzo simme…? /”. Si arriva, in questa poesia, ad una paradossale perdita del proprio io che, detta nel tono scherzoso del napoletano, diviene davvero divertente. Urraro s’interroga sul senso della vita, delle diversità delle nazioni, della ricerca di una serenità, se non di una felicità, attraversando con i versi situazioni che scavano nell’interiorità dell’io-poetante e situazioni proiettate nel mondo esterno. Si incontrano nel libro chiarezza e semplicità espressiva, elementi molto rari nel panorama della poesia italiana contemporanea.
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Raffaele Piazza
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