martedì 26 novembre 2019

POESIA CONTEMPORANEA = COMMENTI DI GINO RAGO



Pier Paolo Pasolini (1922-1975)

"La mancanza di richiesta di poesia"

Come uno schiavo malato, o una bestia,
vagavo per un mondo che mi era assegnato in sorte,
con la lentezza che hanno i mostri
del fango – o della polvere – o della selva…
C’erano intorno argini, o massicciate,
o forse stazioni abbandonate in fondo a città di morti
con le strade e i sottopassaggi
della notte alta, quando si sentono soltanto
treni spaventosamente lontani,
e sciacquii di scoli, nel gelo definitivo,
nell’ombra che non ha domani.
Così, mentre mi erigevo come un verme,
molle, ripugnante nella sua ingenuità,
qualcosa passò nella mia anima – come
se in un giorno sereno si rabbuiasse il sole;
sopra il dolore della bestia affannata
si collocò un altro dolore, più meschino e buio,
e il mondo dei sogni si incrinò.
«Nessuno ti chiede più poesia!»
E: «è passato il tuo tempo di poeta…»
«Tu con le Ceneri di Gramsci ingiallisci,
e tutto ciò che fu vita ti duole
come una ferita che si riapre e da la morte!»

(Da Poesia in forma di rosa)

Poeta per vocazione, per scelta, per sorte, per disgrazia, per necessità, il timore della perdita della poesia in Pasolini coincide con la paura della perdita della grazia. Ma sebbene già insoddisfatto del linguaggio e della forma-poesia del suo tempo (su cui non è il caso di dilungarsi, dopo l’eccellente saggio di Franco Di Carlo su Trasumanar e organizzar) Pasolini immette negli ultimi versi di questa poesia una novità formale ed estetica: il parlato in forma di dialogo.

Come fu agli inizi del ‘900 nella poetica degli acmeisti a cominciare da Mandels’tam, un espediente per invitare il lettore a entrare nei versi della poesia, sentendosene parte attiva e integrante. E benché i tempi non fossero ancora favorevoli per certe imprese, Pasolini già avvertiva in sé l’aspirazione di far muovere i suoi versi in un’area espressiva più vasta di quella fino ad allora esplorata e attraversata, un’area espressiva che fosse in grado di accogliere le nuove istanze in fermento in una società in movimento, in tumultuosa trasformazione, una società sottoposta a ciò che l’antropologia, la letteratura, la sociologia hanno analizzato come “Mutazione antropologica“ e “Omologazione” anche linguistica. Da qui la necessità pasoliniana di una nuova «forma priva di forma».

Il timore di perdere anche il diritto al sogno ovvero la possibilità stessa di fare poesia non è stata mai estranea a Pasolini che qui recepisce il mondo della civiltà moderna come «macchina livellatrice» in grado di creare schiavi malati.

Per il poeta la città notturna, sentita come un labirinto di sottopassaggi e strade, di suoni ridotti a sciacquii, è un incubo. La bestia affannata e affamata del poeta P A T I S C E l’incrinarsi del suo mondo di sogni ed è doloroso il dileguarsi, con i sogni, di tutto ciò che fu vita… E se nessuno ti chiede più poesia, che metamorfosi può subire quell’essere, quell’anima fatta per ideali voli e improvvise Navigazioni?
*
Gino Rago

2 commenti:

  1. Il tuo commento risulta efficace ma soprattutto esplicativo.Il dramma della mancanza di non aver riscontro da parte del poeta in un sistema che sta affossando la cultura si evince chiaramente dalla tua interpretazione del passo poetico.

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  2. Caro Gino, la poesia che hai scelto è sintomatica di un progressivo distacco di Pasolini dalla verità della poesia, che lui stesso aveva compiuto già da molto tempo, passando alla prosa e al cinema, perché amava la realtà più che la verità. Intendo la verità come dimensione trascendente, ineffabile, oggetto di rappresentazione simbolica, che l'ermetismo aveva cercato di cogliere con un linguaggio che è "un'infinita incertezza fra senso e musica" (Valery), che P. non ha mai riconosciuto come legittimo, lui che fin dalle Ceneri di Gramsci non ha mai rinunciato alla chiarezza, trasparenza, parenesi, impegno ideologico.

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