ACHILLE M. CHIAPPETTI : “L’inafferrabile presente” – Ed- Passigli poesia – 2013 – pagg. 128 - € 14,50 –
Achille Massimiliano Chiappetti adotta le migliori lenti, quelle di Eschilo, di Sofocle, di Euripide, attraverso cui osservare e giudicare il senso epico e il grado di moralità di questa società.
Tutte le sezioni della sua terza, ponderosa raccolta, propongono, perciò, con consapevolezza dei propri mezzi linguistico-espressivi, un impianto poetico di sguardo fermo sul male, sul dolore, sulla morte; ma anche di pietà profonda sulla condizione dell’uomo di questo tempo, non disgiunta dalla coscienza dello splendore della vita e della speranza, richiamando così i poeti a riassumere il ruolo che dovrebbero svolgere. Chiappetti si è tenuto estraneo ai fuochi pirotecnici dannunziani, al pastello dei crepuscolari, alle tentazioni fono-simboliche care al “fanciullino” pascoliano, come alla religione assoluta della poetica della parola, fiorita sui tavolini fiorentini alle Giubbe Rosse, tra gli ermetici entre deux guerres, stabilendo un contatto d’atmosfera non già linguistica, con il mito negativo della “città moderna come deserto o bordello” di Sbarbaro, a sua volta influenzato da Baudelaire e dalla cultura poetica francese, ancorché fittamente coniugata con Leopardi. Tuttavia, mentre Montale ci avvertiva che nell’opera sbarbariana (Trucioli, in particolare) “tira un vento di malattia; ma calma, quasi sorridente, quasi compiaciuta di sé”, in Chiappetti la parola chiave è kairos, ovvero il tempo favorevole, nel quale ogni cambiamento è possibile, pronunciata con voce spoglia in una poesia vigile, curata, non scevra di raffinatezza, forte di quella qualità, a Guglielminetti cara, che in buona sintesi è l’equivalente armonico della rima, cui si legano i numerosi enjambements che cercano di frenare la ritmicità ossessiva del verso senza cadere in esiti prosastici, in fedeltà piena al principio, anche verlainiano, dello scontro fra aulico e quotidiano nell’accostamento del basso con il sublime. Giorgio Linguaglossa in una sua lettura di questo libro poetico scrive:«C’è un cuore antico in questa poesia, come bene ha scritto Gino Rago, dove pulsa l’eco dell’endecasillabo, talmente insonoro da far sospettare che i silenziatori siano stati adeguatamente messi nella giusta posizione[…] “Qualche stentata parola” [un verso di Achille M. Chiappetti] forse ci soccorrerà, è questa l’ultima illusione di Achille Chiappetti; la poesia è ciò che appartiene al meta-sensorio, ed occorre un metalinguaggio per farne esperienza estetica. Nella poesia di Chiappetti è la nostalgia che abita il «bisbiglio» del significato». Ed emerge così una cifra decisiva dell’ars poetica di Chiappetti: il bisbiglio, l’arte del bisbiglio. All’urlo patologico di un mondo in frantumi, e che ha perduto il centro, Achille Chiappetti risponde con il bisbiglio: “Succoso, come carnosa matura papaia, / miele troppo dolce, indolente / è il tuo tempo presente, gioventù; / uscio che troppo adagio s’apre / verso gloriosi avveniri con ansia attesi; / soglia che senza rimpianto varchiamo /con esasperante mal tollerata lentezza …” Anche per versi come questi Antonio Spagnuolo, da competente interprete della poesia contemporanea, nelle sue meditazioni su "L’inafferrabile presente" icasticamente indica nello « stile colloquiale» la cifra che «caratterizza questa scrittura, tutta tesa a rielaborare sentimenti e misteri che potrebbero rivelare inattesi miraggi, misteriosi brividi, improvvise ombre, nel sussurro delle occasioni perdute». Poesia confidenziale, potrei soggiungere, questa di Achille M. Chiappetti, poesia che sa guardare al futuro del dopo innico-orfico, come del dopo elegiaco-crepuscolare, con una pronuncia intonata al sussurro.
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Gino Rago
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