Fabrizio Bregoli – "Il senso della neve" --Puntoacapo Editrice – Pasturana (AL) – 2019 – pag.129 - € 18,00
La raccolta di poesie che prendiamo in considerazione in questa sede presenta una puntuale prefazione di Ivan Fedeli e un’acuta postfazione di Tomaso Kenemy.
Il libro composito e articolato architettonicamente è strutturato nelle seguenti sezioni: Nel dirupo del tempo, La congettura del canto, Peregrinazioni e altri smarrimenti, Compendio di fisica applicata e Canti del crepuscolo.
Cifra distintiva della poetica di Bregoli espressa in questo libro, a partire dal titolo, è quella di una stabile ricerca del senso innanzitutto quello delle parole quando sono nominate, e poi quello del tempo inteso come quello della nostra liquida contemporaneità, che diviene dirupo.
Un tono di magia si rivela in una luce neo orfica e ogni singola unità minima, congiungendosi con le altre, produce una fortissima dose d’ipersegno calata in atmosfere di stabile onirismo purgatoriale.
Tutto l’ordine del discorso è pervaso da fascino e al contrario della linearità dell’incanto è situato nell’essenza delle parole dette con urgenza l’etimo del dono del turbamento.
Perché Il senso della neve? Sullo stesso tema è uscito il film Il senso di Smilla per la neve e un romanzo di uno scrittore italiano.
La neve potrebbe divenire simbolo, nel suo gelido candore, di purezza e della ricerca dell’innocenza perduta, di un qualcosa che ritempra dopo la sensualità del caldo estivo e autunnale.
Intellettualisticamente Fabrizio gioca con le parole quando afferma in Quel ramo: /e sai che non è ramo quel ramo se non lo nomino/ come non è parola la parola che pronuncio/.
La partita si gioca tra detto e non detto e tra i due termini emerge l’attimo che azzera il tempo producendo appunto il senso al quale si arriva solo con il sentimento quando cosa e parola coincidono.
Un poiein scaltro tra accensioni e spegnimenti, che nulla concede al lirico e all’elegiaco.
Se viene nominata la scacchiera la vita si fa gioco o recita nella quale non è concesso sbagliare.
Un senso d’inquietudine, costellato da luci ombre kafkiane si evidenzia nelle icastiche immagini, che, procedendo per accumulo, sgorgano le une dalle altre.
La forma è articolata e complessa anche per l’inserimento di brani in corsivo che creano delle variazioni.
Le immagini sono spesso tetre come quando si parla di un suicidio appreso nel telegiornale della notte e qui la stessa neve disanimata diviene immagine di morte.
Un tono oracolare e intrigante serpeggia nei densi tessuti linguistici in quello che è tout-court un intelligente esercizio di conoscenza.
Originalità e avvertita, numinosa bellezza se un paesaggio innevato può divenire paesaggio dell’anima da abitare poeticamente.
Versi che spesso mettono il dito nella piaga delle cose e la neve può essere anche interpretata come antidoto al male.
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Raffaele Piazza
Grazie di cuore! Splendida recensione!
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