domenica 1 dicembre 2019

SEGNALAZIONE VOLUMI = FABRIZIO LOMBARDO

Fabrizio Lombardo: "Coordinate per la crudeltà", collana di poesia “rosada” ideata da Milena Magnani, “Note a margine” di Caterina Serra, copertina di Emanuela Frassinella, Edizioni Kurumuny, 2018.

Una radicale, incoercibile tristezza pervade la raccolta del poeta bolognese Fabrizio Lombardo intitolata "Coordinate per la crudeltà", da poco edita da Kurumuny nella collana di poesia “rosada” ideata da Milena Magnani. Una tristezza che si posa, come una corrosiva e logorante patina di ruggine, su persone e oggetti (“la vita arrugginita alle pareti”).

L’inesorabile e crudele trascorrere dei giorni e degli anni rende la nostra esistenza e quella della realtà che ci circonda precarie, transitorie, instabili, incerte, passeggere: “quando meno te lo aspetti certe cose / finiscono l’anello portato per anni. / il rumore fastidioso del frigorifero di notte. / un cambio di indirizzo. solo un silenzio / improvviso nella casa.” E` inutile tentare di contrastare e di resistere, ma la resa e la sconfitta (“prendo nota della sconfitta”) generano inevitabilmente amarezza, inquietudine, smarrimento, sconforto, malinconia. Se non possiamo e non riusciamo a bloccare il corrompersi progressivo delle cose, se non è possibile frenare e opporsi al degrado, allora non resta che scegliere posizioni e coordinate più marginali e laterali (“in un angolo del paesaggio”), in disparte e ai bordi, allora meglio “farsi da parte, dirsi fuori quota”, “risparmiare fiato per i giorni che verranno”.

Qui, ai margini, prevalgono la solitudine (“la solitudine degli oggetti dietro le finestre”), il silenzio “delle cose lasciate andare” e “che precede le parole / cercando le crepe, i nascondigli in cui ritrarre la vita. / Nessuno ha saputo niente ancora. Neppure noi / sappiamo come vivremo domani”. Nel seguente bellissimo verso i silenzi, “lasciati accanto alla porta prima di uscire”, prendono corpo e si materializzano diventando parte dell’arredo domestico. Ci vuole davvero una notevole maestria e qualità di scrittura, una sottile sensibilità poetica, per adoperare “parole smangiucchiate” e frasi dette “a mezza voce”, per confrontarsi con la “grammatica del vuoto”. Fa notare nelle “Note a margine” la scrittrice Caterina Serra: “La poesia di Fabrizio Lombardo è incline all’obliquo, …quel tipo di insoddisfazione che a volte accompagna il rimpianto di non aver tagliato di netto mai nulla, quel modo di concepire l’intero un po’ storto…”.

Se diventiamo “chirurgo del silenzio” e “palombaro del vuoto”, allora orologi, azioni, fatti, emozioni, rallentano, trascinano i piedi, rinviano gli appuntamenti, esitano, si sottraggono, si bloccano, tendono all’immobilità (“tutto resta immobile”), si congedano, si perdono, vengono meno: “Serve più coraggio / a vivere i pochi gesti possibili /quelli rimasti”.

Con chiarezza si manifesta nelle pagine una fatica di vivere (“quel trascinarti / a fatica dentro alla domenica”), una stanchezza (“anche oggi sarà un giorno da sopportare”; “un’alba di lontananze, visi stanchi, autobus deserti”): sintomi di quel malessere e di quel male di vivere che così profondamente caratterizzano e hanno contraddistinto la nostra letteratura. Il verso “sono l’insetto stecco sulla porta verde di casa, rifletto” mi pare quasi un omaggio a Kafka.
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Giancarlo Baroni

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