I quaderni dell’Ussero
a cura di Valeria Serofilli
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Laura Meini – Impronte---puntoacapo Editrice – Pasturama (Al) – 2019 – pagg. 69 - € 8.00
Laura Meini è nata a Livorno; ha pubblicato una serie di poesie nella collana Viaggi in versi.
Le sue poesie abbinano l’elemento autobiografico, le memorie di eventi vissuti, alla descrizione degli elementi della natura, in particolare il mare, con intenti simbolici e allegorici.
Impronte, la silloge della Meini, che prendiamo in considerazione in questa sede, presenta una prefazione di Valeria Serofilli, che riesce a cogliere con grande acribia gli aspetti della poetica dell’autrice.
Cifra essenziale della scrittura di Laura è quella della ricerca e del ritrovamento di una linearità dell’incanto, di una vena neolirica tout-court che tende alla ricerca dello stupore e dell’incanto con una vaga visionarietà.
La raccolta non è scandita e, per la sua unitarietà, e la sua coesione interna può essere letta come un poemetto.
Chiarezza, nitore, luminosità e leggerezza caratterizzano questo libro che, ad una prima lettura potrebbe, sembrare elementare nell’universo letterario della contemporaneità, nel quale predominano forme che tendono alla complessità.
La Meini, pur nella sua semplicità, riesce a produrre un gioco di accensioni e spegnimenti, attraverso una parola detta con urgenza e ben controllata, sempre in bilico tra gioia e dolore.
La raccolta si apre con la poesia eponima nella quale la parola Impronte si ripete all’inizio di ogni strofa cinque volte creando un riuscito procedimento anaforico e una certa ridondanza.
L’impronta diviene simbolo di una traccia, di qualcosa di vago e significativo che resta indelebile nella memoria che si fa verbo.
Frequente è l’uso dell’aggettivazione in questo libro che in molti momenti raggiunge una certa vena elegiaca.
Protagonista della raccolta è la natura contemplata e vissuta felicemente in tutti i suoi palpiti e le sue meravigliose bellezze e, talvolta, nella natura stessa, tra ulivi, campi di grano e cipressi può stagliarsi un edificio, un’antica abbazia, un elemento della cultura, per esempio nella composizione Sant’Antimo.
Poetica della contemplazione quella della Meini, attraverso il doppio livello dello sguardo puntato sul mondo esterno e quello della ricerca e della tensione verso il ricordo, un passato che non potrà tornare e che si può riattualizzare solo nei versi, come in Scalando le mura del passato, dove la poeta si rivolge ad una rosa dai petali vellutati, sfioriti, quasi pronti a cadere; la rosa qui diviene regina del giardino ma anche solo illusione della mente.
È presente anche una vena mistica in questi componimenti che sono spesso un inno alla vita, anche se è presente il tema della morte attraverso testi dedicati ad amici e amiche scomparsi.
Come scrive la Serofilli nella prefazione, una scoperta, progressiva e costante del mondo esteriore ed interiore osservato con stupore e rinnovata meraviglia, istante dopo istante, caratterizza le liriche della Meini.
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Raffaele Piazza
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