Antonio Nesci – Scarpe senza lacci----puntoacapo Editrice – Pasturana – (AL) – 2018 – pag. 85 - € 12,00
Scarpe senza lacci, la raccolta di poesie di Antonio Nesci, che prendiamo in considerazione in questa sede, presenta un’attenta e acuta prefazione di Antonella Jacoli e una postfazione di Ivan Fedeli centrata e ricca di acribia.
Il volume è scandito in due sezioni: Corsa verso il fiume e Sasso frantumato.
Pare essere tema centrale del volume quello della ricerca della propria identità da parte dell’io-poetante tematica esplicitata per esempio nei seguenti versi: Ancora chi siamo? Chi sono amico e fratello nell’universo e L’illusione di esistere.
Il suddetto tema serpeggia costantemente nel fluire nei versi anche tra le righe in tutti i componimenti.
Nella poesia senza titolo sui lacci smarriti che riprende il titolo del libro i lacci delle scarpe stessi divengono correlativi oggettivi che rimandano a presunti legami persi presumibilmente di tipo amoroso o amicale.
Le scarpe senza lacci potrebbero essere anche metafora e simbolo dell’impossibilità di camminare nelle strade del mondo se la vita stessa è un viaggio che andando avanti nel tempo diviene sempre più difficile e che ha per termine il limite, la morte.
L’io poetante è sempre calato nella ressa cristiana montaliana e c’è anche il tema del peccato.
Il tono dell’ordine del discorso è narrativo e affabulante nella sua marcata discorsività intrinseca tanto che a volte pare di essere davanti a frammenti di prosa poetica.
Tutti i componimenti sono senza titolo e questo accresce la loro intrinseca indeterminatezza.
L’autore riesce a creare atmosfere di vaga bellezza tramite immagini cariche di magia e sospensione calate in una vaga aurea di onirismo purgatoriale
Un doloroso senso di inadeguatezza alla vita non tanto per l’inettitudine, ma più per l’incapacità di trovare armonia ed equilibrio, fusione con le cose, si nota nell’effondersi antilirico dell’io poetante.
Di tanto in tanto emerge nelle pagine un tu al quale il poeta si rivolge tu del quale ogni riferimento resta taciuto a parte il fatto che sia femminile e il poeta si rivolge a questa persona con dolcezza e tenerezza.
Nel riflettere sull’essenza ontologica dell’esserci sotto specie umana il poeta si chiede se siamo solo parole o il ritmo di una canzone che ritorna e rianima la speranza producendo un paradosso che fa riflettere.
L’io - poetante è molto autocentrato nel suo solipsistico ripiegarsi su sé stesso e dallo stesso inconscio emerge la fantasmagoria dei versi.
Anche una natura rarefatta soprattutto attraverso immagini vegetali emerge sullo spazio scenico di questo libro e non mancano descrizioni di piogge che s’inseriscono in materici paesaggi che divengono paesaggi dell’anima.
Uno stile e una forma raffinati e ben cesellati connotano i versi nel loro fluire sulla pagina e la poesia qui diviene tout-court esercizio di conoscenza.
Raffaele Piazza
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