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Bruno Mohorovich – Storia d’amore / Una fantasia (Bertoni Editore)- 2015 -Pagg. 80; Prezzo: 9,60euro.
L’approfondimento di un aspetto delicatissimo dell’animo umano, ovvero degli amorosi sensi, viene rappresentato facendo attenzione a qualsiasi comportamento dettato dal cuore, rilevabile donandosi, cioè presi da un vortice generabile rimarcando due elementi propositivi: quello della seduzione, alternabile con l’appuramento in fase contemplativa.
Mohorovich riesce a cogliere tutte le sfaccettature di un dono d’amore non eccedendo e soprattutto non innervosendosi, cioè ben lungi dall’incisività dei legami spezzati; e comunque non occorre scandagliare il vissuto del poeta, e dunque non serve aderire alla realtà per argomentare in questa circostanza, perché, già col fatto di sognare, le volontà che suscitano maggiormente e propriamente intrigo si possono risolvere, decretando passioni in attesa semmai d’essere raccontate, e magari sotto forma di poesia!
L’idea di amarsi viene distinta in un tris di momenti (egregiamente riprodotta anche con le raffigurazioni di Stefano Chiacchella): quando si comincia, quando ci si unisce e quando tutto sembra cessare… cosicché una relazione tra due persone è in grado di comportare il senso dell’infinito, la lettura del cuore per salvarsi sempre, nonostante certe tensioni possano alterarsi con le immersioni nella ragione.
All’inizio, tra i versi di tredici poesie, Mohorovich mira a descrivere le emozioni nel tentativo di approcciarsi con una lei che ti fa battere forte il cuore, e il lettore può notare come sia meraviglioso dichiararsi in teoria; la bellezza dell’innamoramento che profuma le cose in libertà, con tenera leggerezza.
Pagina dopo pagina i versi sembrano somigliare a delle sferzanti sequenze cinematografiche, proprio quelle che hanno graffiato l’immaginario degli appassionati di cotanta arte; se non di coloro che si sono sentiti felici seppur per brevissimo tempo, ben consapevoli che specialmente i saldissimi legami celano cattive sorprese.
“Ci abbandoniamo ai nostri sguardi
cercando una risposta
nel fruscio del vento”.
All’improvviso, ingenuamente, prende forma come minimo quel contatto visivo tra due persone, ed è in particolare la donna a manifestarsi… e cioè due esseri viventi che possono legarsi per sortire l’assoluto, educando artisticamente con un’occhiata, un cenno d’intesa, a forza anche di parlare o di compiere un’azione all’apparenza innocua, insomma… per assicurarci il più bel dubbio, che pulsa nel baciarsi, nel desiderare di centrare l’infinito assonnato magari allo scorgere dell’aria che tira, tra le luci stressate dei veicoli quando a fine giornata si preferisce tacere.
Bruno sollecita l’appetito dei sensi mirando al passato, fertilizza pazientemente speranze dato che viene naturale fantasticare, tutelarsi dall’incipit globalizzante; ritraendo chi ami per mezzo della tua vita, un soggetto lacrimoso e al contempo insabbiante, capace di ledere mentre piove e non v’è riparo oltre all’aria sferzante, che sembra parlarti.
Una relazione sembra non sbloccarsi, schiarendo od oscurando una meta, cosicché tacendo Bruno si distacca per svanire nel turbinio dell’altrove non cercato dalla sua Lei… però alla fine egli ricompare in tutta un’angoscia non sfogata, di stretta appartenenza se si ama, se tenti di comunicare qualcosa di speciale, che non fa altro che barcollare al di fuori della quiete dello sguardo rivolto a nessun altro se non a te!
Mohorovich divincolatosi nella quiete esprimibile dal firmamento raffigura una donna stanca e chissà se integrante pur accontentandosi lui di uno spazio esiguo, senza nemmeno apparire… la rilevanza consiste nel trasparire fisicamente per dichiarare delle volontà poetando e confermare la straordinarietà dell’essere umano, personalmente, pur infastiditi da uno spirito virulento, vagante nella consapevolezza legante sensi d’approfondire.
“ Sei la ricerca delle parole
sei le parole che non trovo
per continuare a dirti: “sei!” ”.
La contemplazione vale la cura per i sogni altrui, necessaria per montare palcoscenici e commuoversi in definitiva, riflettendo sulla considerazione che persiste, per chi si attiva in balia dei sentimenti, ma positivamente; invece di perdersi nella limitazione di un destino, nell’oscuramento di attese illuminanti se s’intende andare oltre, fagocitando l’impossibile.
Il fatto di stare alla larga da un soggetto della natura, sradicato e trascinato dalle correnti d’aria, non avrebbe senso, perciò il poeta baderebbe a conservare nella sua pelle parole di un effetto dovuto solamente dalla sensibilità dell’anonimato; come se consapevoli del percorso da fare, ma anche di perdersi a un certo punto, ossia nodale.
L’importante è sapere che una persona a te cara stia bene, che si emozioni quindi anche e soprattutto leggendo parole da rendere pubbliche senza poi essere censurati, non condizionate dal pensiero che possano tornare al mittente e magari inspiegabilmente… altrimenti per un poeta come Mohorovich il bisogno di libertà varrebbe una prigione, quella più dura.
“Non ti devo più parlare…
Non ti devo più chiamare…
Non è vero.
Non posso smorzare la mia voce
così, come far calare il buio in una stanza
far rinsecchire le radici di una pianta
privare di goccia la pioggia.
Non posso”.
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VINCENZO CALO'
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