venerdì 5 febbraio 2021
SEGNALAZIONE VOLUMI = ANTONIO SPAGNUOLO
**Antonio Spagnuolo :"Polveri nell'ombra" - Ed. Oedipus 2019 - pagg.96 - € 12,50 **
**RESISTERE… NEL SEGNO DELLA BELLEZZA**
POLVERI NELL’OMBRA (Oèdipus Edizioni, 2019) di Antonio Spagnuolo è un viaggio in versi, intensi e delicatissimi, che parte da una perdita profonda (dalla “tua tela disfatta”) e riesce a trovare una persistenza preziosa che strizza l’occhio all’eterno sfiorando “vertigini di memorie”.
La prima sezione porta lo stesso titolo del libro ed è tutto un suggestivo “traboccare” di versi necessari, di segni e ricordi “che permangono ancora”, di lampi importanti che accompagnano la descrizione del sentire (“e il dubbio ha gli argini fissi / dell’improvvisa inquietudine”). Si capisce da subito che la partita più delicata si gioca, “nel tremore della notte”, tra l’infinito e il tempo: reclama spazio e dignità con delicati sussurri (“L’assurdo poema dell’illogico sognare / ha raffiche di vento, dal profondo sospetto / del nulla, che il ventre apre al sussurro”) che puntano a solleticare le corde alla ricerca dei suoni più adatti (“sull’orlo dell’arpa affidata alle meraviglie”). Musiche leggere si alternano ai silenzi evocati, alle maschere, alle trasparenze, ai colori; il tu, che manca e che ostinato resta, sembra il motore di ogni emozione, di ogni gesto riflesso (“Hai disperso i segreti, le lusinghe, i coltelli / fra le ombre assediate dai ricordi, fino a sbiancare nelle pupille irrequiete”). Si confronta con il buio, con l’attesa, con un silenzio frantumato in lunghissimi istanti. Tutto rimanda ad un incanto evidentemente perduto, che continua però a regalare bellezza: “L’ombra frana e s’incrina nei dettagli, / nell’urgenza della tua figura, / quasi fantasma immobile nelle crepe del muro, / che mi opprime ogni sera, che incombe / a schiacciare i miei muscoli invecchiati / (…) / Il gelo ha il vecchio impatto della notte”. Tra desiderio di resurrezione e umanissime paure (“i tuoi chiodi hanno la ruggine dei secoli”) i versi di Spagnuolo inseguono sorrisi, speranze, silenzi e le ombre che popolano gli istanti evocati hanno il dono di dipingere paesaggi interiori, giocando con i contorni e i profili, sfidando l’ignoto, cercando con determinazione un corpo, una fisicità ritrovata; ma ogni freccia scagliata è un’attesa, un ricordo che resta tale, nell’incubo costante di un’illusione: “Ho plasmato la tua figura nella mia memoria / per correggere il fato, / ma il filtro del saccheggio ha le insidie di attese”. Incontriamo miraggi, gabbiani, danze, frammenti, ritmi, orizzonti… come fiori delicati di un mazzo donato, ma anche come colori e come forme che ricordano La persistenza della memoria di Dalì (“Ora che il tempo della solitudine / avvolge i silenzi / la tua presenza ha sconfinati orizzonti, / e non ha nomi / se non di celesti ritorni”). Ogni scheggia tratteggia poesie, traduce in voce e parole una profonda passione, offrendo “l’autentica verità dell’amore che dura contro la morte”, come giustamente suggerisce Giorgio Bàrberi Squarotti. Incombe il marmo di una sepoltura sul canto di queste pagine e mentre “La carne era l’attimo sublime / che interrompeva il ricordo”, tuttavia “Cambiano i fantasmi nello scatto di armonie / per raccontare il sospiro delle insidie del tempo”.
La seconda sezione, SVESTIRE LE MEMORIE, torna a giocare su musiche soavi e trasparenze, quasi filigrana di ciò che resta. Tra riflessi nuovi e vecchie vertigini, “Il ricordo ha l’incanto del sogno, / il profumo del baleno che rincorre, / che varca i mari del naufragio, / che inghiotte le illusioni, / e la memoria inciampa nel miraggio”. Tra tempo sospeso e penombre tornano profili incerti e ossa in bilico, tra segni, parole e colori, tornano a farsi spazio fantasmi e trasparenze (“Alle pareti il fragore del nostro pentagramma / grottesco infinito di passioni / confuse nel racconto lungo ciglia / per cancellare il richiamo / soffocato nel vuoto”). Ed è tutto un persistere della memoria (“mentre la tua bellezza crolla / nella dolorosa inquietudine del grido”) con l’iride squarciato in sospetti da tarocchi e velluti “ed il filtro dei miei anni a ritroso”. Un vagare attento tra speranze, incursioni, frammenti e riverberi (“Vagavi delicata fra le foglie d’autunno / e tra le labbra i petali di rose, / innamorata e gentile eri la ninfa / del viaggio indefinibile”), con la consapevolezza di essere rimasti prigionieri del sogno più crudele, sempre in attesa di una liberatoria e definitiva notte (“Sarà la notte ad acquietare tutte le indecisioni, / le tregue scatenate dei fulmini, delle nubi, / sarà l’estrema danza delle illusioni clandestine”). Appare un desiderio costante, in un contesto quasi da fiaba: pensare alla fisicità di quel tu che è volato via e quindi ecco le “tue mani”, “le tue braccia”, il “tuo corpo”. E ancora “il tuo sorriso”, “L’ombra tua vagante”, fino all’approdo ad un distico finale intenso e dilaniante: “C’è ancora un canto a fine di orizzonte / per le mie palpebre ferite dal silenzio”. Questa evocata fisicità è portata, naturalmente, sempre al cospetto dell’eterno e di tutto ciò che resta (“hai lineamenti d’ombre, / ed ora il tuo abbandono è gioco dell’eterno”.
La terza e ultima sezione, NUOVO REGISTRO, riesce a sorprendere distendendo il verso, scegliendo quasi il tempo dilatato del sogno e regalando pagine tutte da leggere e da scoprire: “Ancora l’esplosione della luna ripete agganci solitari nella / notte a segnare le confusioni del tempo rinnovati nel linguaggio e persino nel coraggio di affrontare carnefici e personali paure (“Dio senza inaridito o le / illusioni di un vecchio incitrullito dal sogno”. La cadenza diventa quella di una prosa lirica, che regala fendenti inaspettati, pur ripiegando sugli stessi temi e sorridendo alle medesime illusioni (“Circondavi le note a trascinare certezza e silenzi, per / immergermi sottile”, oppure “Sembra sfuggire anziché apparire l’unità, coesa ed ingrata, / che tentiamo nelle incoerenze e nelle tensioni della nostra / esistenza, nei recessi oscuri della nostra coscienza”). Sono testi potenti, tregua mi riporta ogni notte disastrato un / incubo a colori. / Ho paura del sonno nell’estrema possibilità del nulla / come di un gran buco colmo di un vago orrore e scorgo / l’infinito da tutte le finestre illuminate. / Preda della vertigine il grido accenna agli scambi proibiti / dell’amore, limbo dei numeri segreti”). Ci si accosta alla fede. Si esalta la vita, vissuta, sognata e condotta con fatica. Ci si prepara all’abbraccio di un Dio assolutamente non facile da capire: “Un Dio molto complicato mi ha concesso in comodato / gratuito ossa e carne per un corpo che avesse le facoltà / ben note di pensare, immaginare, amare, procreare”.
POLVERI NELL’OMBRA di Antonio Spagnuolo è, soprattutto, un tangibile esempio di resistenza, uno spiazzante inno alla vita, un invito costante a non rinunciare mai, in alcun caso, alla bellezza, continuando a sognarla, ad amarla e, quotidianamente, istante dopo istante, a crearla. Da leggere con gli occhi bambini della condivisione e con il dovuto tremore.
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DAVIDE TOFFOLI
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