martedì 19 aprile 2022

SEGNALAZIONE VOLUMI = MARIA EROVERETI


**MARIA EROVERETI: UN PICCOLO MONDO - poesia e fotografia - ATB Edizioni (Torino) - 2020 - pagine 65 - € 28,00
PREFAZIONE DI ROSA SORDA
Ispirate dallo stato di grave malattia della propria madre, le poesie di “Un piccolo mondo” di Maria Erovereti esprimono la complessità di sentimenti, emozioni, riflessioni che scaturiscono da una partecipazione profonda, quasi empatica, alle condizioni di sofferenza del proprio familiare.
Nel linguaggio misurato che le è proprio, ma nello stesso tempo colto, Maria ci consegna una sorta di diario, quasi una confessione, spietata e sincera, in un’apertura direi totale del suo animo, rivelando inoltre una disponibilità incondizionata alla comprensione e all’ascolto. Non c’è più spazio per i propri bisogni, desideri, ora le urgenze sono altre, ora è il tempo, in una sorta di trasmutazione alchemica, del superamento del proprio io con le sue recriminazioni, esigenze e richieste. Ora è il tempo di assolvere ad un compito forte, intenso: accompagnare l’anziana madre malata verso il compimento dell’esistenza, la conclusione della sua parabola di vita, seguirla nell’inevitabile declino, assisterla nei momenti in cui più inequivocabili diventano i segnali della fine. Esperienze a cui Maria non si sottrae, spinta dal suo senso etico, ma soprattutto dall’amore; esperienze che considera, paradossalmente, una sorta di privilegio perché le danno la possibilità quasi di condividere uno dei momenti più alti e misteriosi della vita.
E così vediamo snodarsi, sfogliando le pagine del libro, insieme ai bellissimi scatti analogici realizzati da lei stessa, ricordi, momenti intimi, rammarico per ciò che non è stato e avrebbe potuto essere, in versi di toccante sincerità in cui non si avverte mai una nota falsa, stonata, né tentativi di costruzioni artificiose. Il tutto in un linguaggio quasi di uso quotidiano, eppure colto, incisivo. Del resto questa è la cifra stilistica di Maria, che accomuna queste composizioni a quelle pubblicate di recente in “Frammenti di emozioni”, cifra stilistica che nella sua essenzialità fa maggiormente risaltare il dato poetico. L’analogia, però, tra queste poesie e quelle del precedente volumetto si ferma qui; diversa infatti è l’atmosfera, le esperienze vissute, il percorso compiuto e, se proprio si vuole trovare un punto di contatto, lo possiamo individuare nell’apertura all’arte, nell’approdo ad una dimensione quasi contemplativa che permette di guardare all’esistenza con animo persuaso, nella consapevolezza della problematicità del vivere.
Molti sono i nuclei tematici che affiorano nelle composizioni di “Un piccolo mondo”, coprendo un’ampia gamma di vissuti ed esperienze.
Alla visione della madre sofferente si sovrappone, quasi per una forma di compensazione, l’immagine della fanciulletta felice che correva spensierata per le stradine del borgo “quando bambina / Uccellaccio / volavi agitando le braccia” e che poi, divenuta giovinetta, ha iniziato a sognare la sua vita di sposa e di madre. A tal proposito Maria la ricorda quando giovane e bella giocava al crepuscolo con la sua bambina. Ma poi col passare degli anni il rapporto è diventato meno sereno: i condizionamenti sociali hanno iniziato a frapporsi al libero fluire degli affetti, tanto da vedere nella propria madre una nemica da combattere “per non essere la tua argilla / da plasmare “. Da qui il rammarico per non aver potuto o saputo creare complicità, “il silenzio è calato / su sogni inseguiti / e attese tradite /…il silenzio è calato / sui tuoi giorni incantati / fluiti nella mia vita / che ha supplito la tua”. Quindi i sensi di colpa e “tanta pena per il …tempo donato”, per quello “sguardo / consumato dal tempo / che di tutto ti ha derubato senza nulla concederti”. Quella madre così pronta a donarsi e così poco compresa “La mia mente / altrove protesa / non ha mai varcato / il mistero dei tuoi pensieri”, quella madre sollecita ora è sempre più sofferente e indifesa e allora la tenerezza prende il sopravvento e con essa il bisogno di trasmetterle energia e di accudirla. I ruoli si sono invertiti, adesso è la figlia una volta ribelle che, con infinita pazienza e amore, si accinge ai rituali gesti giornalieri dell’accudimento, scoprendone la bellezza e il significato e accorgendosi che il suo “animo si rigenera e il cuore trabocca d’interezza”. Anche una carezza, un abbraccio possiedono un valore taumaturgico e così le mani si cercano “per afferrare / e trattenere l’esistenza. / S’intrecciano le dita /si propaga la vita…” E ancora: le mani “si congiungono / ma non sono due / una sola linfa alimenta / le stesse cellule.”
A volte, però, nonostante i tentativi di infondere energia e di suscitare risposte vitali, si è accolti dalla sua “fievole voce” mentre il suo sguardo si schiude “sul vuoto del nulla” e i giorni “brancicano faticosi nell’angusta prigione …del corpo ferito”. È talmente angosciante questo stato di assenza e di vuoto, “Mamma / il tuo golgota / ha spento il piacere / e annegato la vita”, che si teme di “cedere all’abisso viscido e oscuro che annienta” e così, per non cadere risucchiati in questo gorgo, ci si aggrappa “alle altrui visioni”. Si cerca quindi di reagire, appigliandosi a ciò che per se stessi è importante: l’arte, la scrittura, coltivando quegli interessi ai quali Maria ha dedicato la vita sottraendosi ad un destino che la voleva appiattita sul modello consacrato dalla tradizione.
Le poesie e anche le foto di questo libro, infatti, oltre ad essere una testimonianza d’amore, assolvono essenzialmente a questo compito, quello cioè di preservare la propria incolumità spirituale, filtrando attraverso la comprensione e uno sguardo consapevole i sentimenti e i vissuti sperimentati. Perché il potere salvifico della scrittura e dell’arte consiste proprio in questo: nella possibilità di realizzare quel distacco necessario alla rielaborazione ed espressione delle nostre esperienze in modo tale che esse, assurgendo ad un valore universale, non ci facciano troppo male. Niente più ci fa paura, neanche la morte, quella nostra e quella dei nostri cari e così possiamo riflettere sulle “effimere luci” che “nel Nulla sconfinato / nell’infinito silenzio …accendono e declinano / lo sguardo / sull’immensità del Tutto”. Ormai consci della realtà della vita, dell’inevitabilità della malattia, della sofferenza, della morte possiamo contemplare “…Miliardi di labili luci / noi /scintillio continuo/ di nascite e morti/ che sfavillano/ fugaci/ frammenti di Coscienza."-
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ROSA SORDA

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