martedì 31 maggio 2022
SEGNALAZIONE VOLUMI = MARIA EROVERETI
* MARIA EROVERETI: “FIORI DI LUNA”, ATB EDIZIONI, TORINO, 2022− PAGINE 95 – 16,00 € Terza in ordine di pubblicazione, dopo "Frammenti di emozioni" e "Un piccolo mondo", la silloge Fiori di Luna di Maria Erovereti, ancora una volta sorta di diario dell’anima, si pone, per tematiche trattate, sulla stessa linea poetica delle prime due, in particolare della prima, differenziandosi, però, per una maggiore capacità rielaborativa e di approfondimento, pur nella fedeltà a quello che è il bisogno irrinunciabile della poetessa, e cioè la necessità di cogliere e di esprimere la verità del proprio sentire.
Sia infatti che Maria ci parli del conforto offerto da una natura accogliente che ci aiuta ad allontanare gli affanni e a lenire il senso di solitudine, sia che rifletta sul mistero della vita, affascinata dallo spettacolo del cielo stellato, chiedendosi cosa rimarrà di noi nel cosmo, sia esprimendo sentimenti di tenerezza verso la madre malata ma anche stanchezza per un accudimento che a volte prosciuga le forze, avvertiamo sempre nelle sue parole bisogno di verità, esigenza di penetrare la trama vera del tessuto interiore, la necessità di cogliere ed esprimere l’essenza delle varie condizioni esistenziali. Essenza di noi stessi, scendendo nel nostro animo e non tacendo nulla dei sentimenti e dei vissuti che lo agitano “placate le tormente del cuore / le ansie di futuro sopite”; essenza nei rapporti, cogliendo l’autenticità delle relazioni “Compagna di sogni / di un’età tormentata /…ti sorprendo ancora /…fervida amica”; essenza delle varie situazioni di vita, al di là delle convenzioni e dei mascheramenti sociali. E in questa ricerca si placano le inquietudini, le domande, il senso di solitudine, le amarezze, tutta quella gamma di sentimenti, emozioni, tutto lo sciame dei pensieri che contrassegnano di norma il nostro vivere e a cui molto spesso si risponde in modo superficiale ed elusivo. Non così Maria da sempre impegnata, anche attraverso la forma espressiva della fotografia, in questo lavoro di chiarificazione e ricerca di senso, di ulteriorità, in cui le cose, la realtà oggettiva acquistano significato e spessore proprio andando oltre il mero dato.
Del resto questo lavoro di scavo è dichiarato in modo esplicito laddove confessa: “Poeta? No, minatore” in cui la poetessa precisa di “cercare nell’oscurità / per strappare all’abisso / tesori nascosti, / frammenti puri / di luce / che accendono / d’interezza la vita / e stillano / illusioni di eternità.
Una vera dichiarazione d’intenti, una guida quasi per l’interpretazione della sua poetica.
Vediamoli allora questi frammenti che giacciono nell’abisso, ascoltiamoli i sentimenti, i pensieri, a volte anche inconfessabili, o magari solo troppo intimi che bisogna portare alla luce, e poi i sogni, le speranze, gli ideali che aiutano a mettere le ali e farci sentire leggeri.
Ad alcuni di essi si è già fatto cenno, ad esempio all’importanza delle relazioni con tutta la complessità delle interazioni reciproche che spesso contribuiscono alla nostra serenità, ma che a volte sono anche fonte di delusioni e frustrazioni come leggiamo nei versi “Un bozzolo di silenzio / ti richiude e ti allontana / un muro invalicabile / ti cinge/…Come raggiungerti? ...” Da ciò senso di abbandono e solitudine così che “tornano i giorni / di vuoto nel cuore / e ancora mi perdo / e naufraga / annaspo”. Abbandono e solitudine esacerbati anche da situazioni oggettive che sfuggono al nostro controllo, come è accaduto di recente con la pandemia, anche se “i pensieri sospesi / di miliardi di menti… il silenzio avvolgente / che pervade la Terra” pure ha offerto una sorta di consolazione nel sentirci affratellati da un comune destino. Da qui “un solo sentire / che lenisce l’inerzia /e rappacifica il cuore”. A colmare il senso di solitudine inoltre in questa reclusione obbligata ci pensano “creature discrete (che) / invadono gli urbani / deserti spazi / la Natura ridestata / si riprende la vita”.
Una volta ancora è nella natura che l’anima trova sollievo e conforto, nella sua bellezza, nei suoi colori che si fondono all’ora del tramonto in riva al mare “Cielo e mare / azzurri che si fondono /….delirio d’infinito…”; nel profumo dei tigli che “scivola inebriante / sulla pelle / quale canto d’amore”; dolcezza e conforto persino con un cielo piovoso che, con i suoi bagliori di luce tra cumuli e nembi, rende l’animo inquieto, ma poi in uno squarcio improvviso lascia intravvedere fiori di luna. Eccoli i fiori di luna che danno il titolo a questa silloge che, con un’espressione davvero poetica, sottolineano il senso di questa ricerca: andare oltre quella percezione sensoriale che crediamo vera, per cogliere il mondo dell’anima, andare oltre ciò che è scontato, per ascoltare ed esprimere il mistero in cui siamo immersi.
Nascono riflessioni fondamentali, sorge l’eterna domanda su cosa rimarrà di noi “Cosa resterà /dei pensieri e dei sogni? / Cosa resterà / delle opere e dei giorni? ...”. Ci si interroga sulla nascita della coscienza “…Atomi di pesanti elementi / trasmutati nella levità / della mente? / Sidereo rispecchio / È questo la Coscienza?” E ancora riflessioni sull’avvicendarsi di intere generazioni, sul susseguirsi dei cicli vitali “Miliardi di effimere luci / … accendono e declinano / lo sguardo / sull’immensità del Tutto… / noi / scintillio continuo / di nascite e morti / che sfavillano / fugaci / frammenti di Coscienza.”
Un lavoro impegnativo dunque quello intrapreso da Maria che contempla uno sguardo a tutto tondo sulla realtà in cui viviamo, e un estrarre da sé un caleidoscopio di sentimenti, esperienze, vissuti. E tra questi un tesoro fatto di ricordi, reminiscenze, anche ancestrali, che riguardano quel passato di civiltà millenaria in cui la poetessa affonda le sue radici e che a volte emerge pur contro la sua volontà, così che dal fondo dell’anima “sale un canto / che affonda nel tempo …/ e modula canzoni / che non posso ascoltare.” “…un canto antico sgorga / da radici profonde / …dal fondo di me stessa / io canto da sola / il canto desolato / di chi è andato / e non ha dimenticato…”
Come per le precedenti raccolte, anche in questa la poetessa si serve di un linguaggio misurato, quasi colloquiale ma colto che, nella sua essenzialità, privo di ridondanze ed espressioni artificiose, ancora una volta ribadisce la necessità e la capacità di andare al cuore delle cose, servendosi spesso di immagini sempre molto evocative.
E, quasi testimonianza dell’amore per le immagini, troviamo inserite tra le composizioni poetiche diverse foto, molte quasi ad esplicitarne il senso, come la foto della rosa finta, o della tenda che isola dal mondo, altre meno legate al testo, più libere nella loro necessità espressiva. Del resto, come abbiamo già accennato, sappiamo che Maria accanto alla scrittura da tempo pratica anche la fotografia, scrittura e fotografia entrambe espressioni della necessità, per lei ineludibile, di cogliere ed esprimere la verità al fondo delle nostre esperienze di vita. *
Rosa Sorda
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