venerdì 18 novembre 2022

SEGNALAZIONE VOLUMI = FRANCESCA LO BUE


**Francesca Lo Bue, Albero di alfabeti, Árbol de alfabetos, Raccolta poetica bilingue, pp. 69, € 8,00, Società Editrice Dante Alighieri, Roma 2020
Albero di alfabeti è una nuova interessante prova poetica di Francesca Lo Bue, poetessa italo- argentina, da anni trapiantata a Roma, che ha già al suo attivo diverse raccolte di poesie tra cui Moiras, Edizione Scienze e Lettere, Bardi editore Roma 2012, Itinerari- Itinerarios, Società Editrice Dante Alighieri, Roma 2017, con le quali si è fatta conoscere al pubblico, ottenendo lusinghieri apprezzamenti dalla critica.
Quello di Francesca Lo Bue è un caso davvero singolare di un doppio espatrio: lasciata l'Italia ancora bambina con la sua famiglia che, alla metà degli anni Cinquanta del secolo scorso, si traferì in Argentina da Lercara Friddi nel palermitano, vi ritorna nel 1979, dopo la laurea in Lettere e Filosofia conseguita presso l'Università Nazionale di Cuyo di Mendoza, grazie a una borsa di studio del Ministero degli Affari Esteri Italiano, stabilendosi nella capitale, dove, tra l'altro, ha l'opportunità di specializzarsi in Filologia Romanza alla “Sapienza” sotto la guida del professor Aurelio Roncaglia, il quale intuì per primo le sue potenzialità di studiosa della parola.
Le due lingue: l' italiano, appreso in età pre-scolare, verosimilmente mescolato al dialetto ( in seguito riconquistato attraverso gli studi universitari e a contatto con la lingua viva) e lo spagnolo (la lingua acquisita in Argentina e che l'ha fortemente plasmata culturalmente) sono rimaste entrambe dentro di lei ponendosi all'incrocio del suo lavoro poetico. Francesca, di fronte alla scrittura, si trova perennemente davanti alle sue due lingue-come alle due patrie che si porta dentro- senza poter scegliere tra l'una e l'altra. Per questo le sue poesie presentano una doppia redazione in spagnolo e in italiano, dove la prima non va considerata, come erroneamente si potrebbe pensare, il testo a fronte della seconda, bensì un testo che coesiste accanto al primo.
Con questi presupposti non sarà difficile comprendere come il linguaggio sia presto diventato il fulcro del suo itinerario poetico che in questo Albero di alfabeti trova la sua formula più esplicita e radicale.
Citando in esergo un verso del poeta spagnolo Gerardo Diego: “La vida es un único verso interminable”, Francesca Lo Bue costruisce, misurandosi con la tecnica dell'acrostico alfabetico - partendo dalla A fino alla Z- una doppia sequenza di componimenti in versi liberi in italiano e in spagnolo (e viceversa) proprio come fa un albero che propaga le sue fronde. L'incipit del suo discorso poetico è aperto dalla lettera A “Aspirazione è dissotterare il ritmo del tuo/ alfabeto./Acque solenni desidera il mio cuore che mastica desolazione,/aria limpida e sedili di pietra per leggere nei solchi del tuo/abaco enigmatico” - Aspiración es desenterrar el ritmo de tu /alfabeto./ Aguas solemnes quieren mi corazón que mastica desolación,/ aire limpido y asiento de pietra para leer en los surcos de tu/ abaco enigmático”, p.9.
Si tratta indubbiamente di una dichiarazione di poetica, ma per comprenderne appieno il significato vale la pena di richiamare qui di seguito alcune riflessioni premesse dalla stessa autrice nell'Introduzione e che ci guidano nella decifrazione di una raccolta che a una prima lettura appare criptica se non addirittura astratta: “L'alfabeto germina dal caos”...”L'alfabeto è vita e ordine di suoni che divengono sensi, sentimenti, pensieri, visioni, armonie del vero, intuizioni dell'universale” (p.5); “Nel grande alveo dell'alfabeto - il linguaggio- c'è un io che dice testardamente i nomi”(p.6).
E' del tutto evidente da queste annotazioni che Francesca non ha fatto ricorso a questa tecnica come ad uno strumento ludico con cui sperimentare le sue capacità retoriche (e il sospetto, in un primo momento, potrebbe essere giustificato), al contrario per lei l'alfabeto è fertile humus in cui sono depositate le parole che aspettano di essere chiamate ad una ad una a nuova vita . Leggiamo la poesia a p. 53 corrispondente alla lettera P: “Palabra, de ti espero. Apojo mis / pasos claudicantes en las sendas de tus melodìas”. “Parola aspetto da te/ passi nel sentiero delle tue melodie”.
La ricerca della parola poetica non è mai agevole, spesso coincide con l'attesa (Pazienza! Nell'aria /plumbea dello stagno le/paulonie imputridiscono”, p.24) oppure con la solitudine (Solitudine,/ salice nel declivio,/ sapore di esilio, crogiulo bruciato” - “ Soledad, / sauce en el declive./ Sabor de exilio, alquimia quemada”, p. 27). Talvolta sembra invece germogliare del tutto inaspettata come nei bellissimi versi dell'acrostico contrassegnato dalla G “Girasoli feriti dal vento d'aprile, /girandole di fecondità”- “Girasoles se abren al viento de abril /griales de fecunditad” p.15).
Francesca raramente fa trapelare dai versi il suo vissuto: la sua poesia è visionaria, allusiva; sta al lettore coglierne gli indizi che potrebbero riguardarla e ci sembra che questo accada, ad esempio, nei versi del componimento contrassegnato dalla lettera B “Braccia fraterne s'annodano nella cella di una prigione sperduta e nelle / bocche il silenzio è devastato dal grido” - “Brazos hermanados se jiuntan en la oscura celda de una prision perdida y en las / bocas el silencio devasta el grito”, p.10 dai quali sembra affiorare il ricordo mai sopito del golpe militare avvenuto in Argentina nel 1976, proprio negli anni della sua giovinezza. “La storia, di per sé obliata, si vivifica quando c'è un lettore” (Itinerarios, p.3): e quel lettore Francesca l'ha trovato.
La raccolta si chiude con una piccola silloge di traduzioni da Pablo Neruda, Emily Dickinson e Kavafis, poeti lontani tra loro, ma qui accomunati dal tema dell'esilio, della lontananza e della prigione, temi molto sentiti dall'autrice.
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Gabriella Milan

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