domenica 9 aprile 2023
SEGNALAZIONE VOLUMI = FRANCA ALAIMO
**Nota di lettura della silloge “Alejandra, es aquí”, di Franca Alaimo, 2010
Sono versi pieni di pathos, quelli che hanno ispirato Franca Alaimo per ricordare la poetessa Alejandra Pizarnik, versi che esaltano la simbiosi del sentire umano e di quello poetico, strettamente congiunti verso una dimensione onirica e immaginata.
Talvolta accade tra umane creature che si stabilisca una rispondenza perfetta scaturita dai detti e dai pensieri dell’una e dell’altra. Come avviene leggendo l’aereo colloquio tra Franca e Alejandra perché trovarsi di fronte a questi versi significa scorgere gli aspetti più delicati del loro animo, comprendere la leggiadria e la gioia che si alternano continuamente al dolore nel percorso memoriale e nella coscienza di un tempo immoto e privo di doni, se non ci fossero la vicinanza e l’affetto tra le loro anime.
“Oh-dicevamo- che preziosi ricami le luci, i corni oscillanti della luna, /e quante dolci ombre…
In questo dialogo di ricerca e invocazione della parola- “…Dio, non darci le parole quotidiane /che cadono come germogli/mai aperti nel gelido vuoto della mente” -quante volte si avvertono i tristi presagi, certi ricordi angoscianti di gioventù cui solo due donne sanno far fronte attraversando il tempo sostenute dall’afflato lirico che unisce la loro poesia.
Accade così di conoscere una creatura attraverso l’altra e sono tanto straordinarie le parole di Alaimo da far avvicinare chi legge all’ambito dell’inconoscibile:
“…noi poeti dobbiamo perdere gli occhi per vedere”
risponde Alejandra all’amica che le si confida e ancora nell’immaginazione, la simbiosi degli animi ricompare ed è così viva da sentircisi dentro poeticamente, da ascoltarne le voci, da percepirne la grandezza del dono reciproco (in Presentazioni)
A volte invece si profonde una struggente amarezza derivante dall’impossibilità di restare insieme:
Se avessimo potuto, Alejandra, restare insieme/ nel luogo sottratto, se il nostro esistere fosse stato/soltanto un ruotare intorno alla fiaba del dire/ come Sherazade avremmo sospeso il destino. (ne Il luogo sottratto) Su tutto il paesaggio lirico, lunare a volte, grava una sensazione di presagio che si smorza solo nell’abbraccio, nella incontaminata bellezza del volo, “…che il tempo cadde lontano ed ubriache/del respiro dell’aria fummo pronte a volare/come due allodole nel suo dolce nulla” e nella immaginazione di ruoli mai assegnati, della morte stessa come “una farfalla nera,obliosa”, pensiero incombente che culmina nella poesia ”Tutto ci cade addosso”: la morte è vera, non è più amaro sogno da respingere.
Poi il canto della poetessa culmina nella desolata consolazione dell’assenza, come solo può essere dato dalla poesia: “Mia piccola amica d’infiniti dolori/ passiamo su questa terra come visioni” e nel ricordo assai dolce delle notti di agosto quando i versi di Alceo si alzavano al cielo.
Ma la consolatoria visione è presto sostituita da una solitudine immensa e tragica:
“Metti la morte nelle braccia della vita e lascia che la vita
Si guardi negli occhi larghi e stupiti della morte”
La vita, dopo, è presagio di uno stare sospesi, in attesa del miraggio, dei campi luminosi di lillà del paradiso. Ma permarrà sempre il rammarico di aver avuto solo “parole mutilate “per esprimere il volo della mente e del cuore:
(…) Pregheremo
Dio dicendo: Perché ci hai donato parole mutilate?
Perché nessuna si avvicina alla purezza?
Ci addormenteremo sotto un albero verdissimo,
Nelle ombre danzanti che disegnano le foglie sull’erba
Tra i trilli dei passerei felici e dimenticheremo
Quello che ci hanno fatto le parole, i loro suoni
Che creano distanze sempre più distanti da noi a noi.
Mute, ci ascolteremo i cuori e singhiozzeremo d’amore.
*
CARLA MALERBA (aprile 2023)
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