Esperienza di Maurizio
1.
Un’anitra si trasferisce nel basalto
e bruca;
la fame toglie le chele bionde dal nido
rurale, cilestrino;
licheni d’alce socievole ben organizzati;
fuliggine, bruma dolce tra ‘l velocipede;
=
un tifone ruscella carotene, in gabbia d’osso,
e volgimi – una cantina limitrofa
come panna argentata, accattivante – atterrata
è la ginestra sulle soglie delle fiale,
un clarinetto di vento bourguignonne
sulla coda dell’animale violastro;
=
la duna scoscesa ci avvisa d’entrare,
un crine di laterizio spostato a destra,
infilato nel sacco dipinto, sulla carena
portato a divinare la fantasia delle stelle,
moscato rinverdito tra i palmi...
giurisprudenza d’uova, e una serie
di tarchiati tacchini volteggia, offuscati,
biliari, una strage on the road su saponette;
=
Filottete incontra Dardanelle e lo imbuca –
Un’acquamarina va a nozze, rocaille;
2.
a.
Il muschio dorato nelle narici dell’alce.
(Crateri nani sull’orlo dei baci.
Polipi morbidi senza sale notturno).
=
Trafitto da un raggio di luce la viola suonava
contratta tra i larici accesi
e a monte l’isola sfacciata d’alberi
e la sedia modica di un racimolato arnese.
Una pioggia nevralgica sbatteva alle tende
dell’orfanotrofio sbiondito rosato
caldo tra i remi nel mangime di sabbia.
b.
Arcuata letizia di carezze lontane
meditate pronunce su sandali saldi
(l’incarnato è un trofeo evidente –
appoggiato alla parentesi se ne stava
con l’asino legato a un sortilegio)
una frenata rosa di palpebre scelte
assecondanti mutazionali acerbe
eremite quanto basta “se sogno”.
c.
Referto di batteri nel bianco abbassato –
nel quarzo un assalto belligerante di fanghiglie smosse
(traforate da un consiglio arrilento)
bombardate di fiocchi lividi imburrati dal sole.
=
Una carnèade bislacca slavata
fonda di maree coltivate –
gatti caduti sempre riusciti in piedi
ma oltre la lavagna dove il latte si assenta
brulicante intorno alle zampe ortogonate.
d.
A dorso di un acero cantavo lungo il fiume.
I vandalismi dei secoli non mi buttarono in acqua
lo scelsi io – non erano miagolii indiscreti nel tronco
ma anzi intrecci di luce microscopica abbagliante
che tratteneva le fibre e io c’ero
mentre l’acqua supponeva di sapere
magmatica trasparenza vigile.
=
Dalla fodera fuoriusciva la linea che disseta
comunque percorsa dall’altezza di un fulmine
in preda al vento di una prosa
messa in una borraccia distensiva
come alcuni greti di fiume finissima
cleptomane quasi di accampamenti arabi
tra dune medievali tra le Alpi luculente di ora.
*
JACOPO RICCIARDI
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