venerdì 17 ottobre 2025

POESIA = PAOLO POLVANI


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"Declinazioni dell’infanzia"
Mi ha sempre colpito un brano contenuto nelle Lettere a un giovane poeta, di Rainer Maria Rilke, quello in cui invita il giovane Kappus a riconsiderare sempre l’infanzia come oggetto di poesia: “Se la vostra vita quotidiana vi sembra povera, non l’accusate; accusate voi stesso, che non siete assai poeta da evocarne la ricchezza; ché per un creatore non esiste povertà né luoghi poveri e indifferenti. E se anche foste in un carcere, le cui pareti non lasciassero filtrare alcuno dei rumori del mondo fino ai vostri sensi – non avreste ancora sempre la vostra infanzia, questa ricchezza preziosa, regale, questo tesoro dei ricordi? Rivolgete in quella parte la vostra attenzione”.
Non ha colpito soltanto me, a giudicare da quanti amici, da quanti poeti questo invito è stato accolto e ascoltato. Credo che arrivati a una età avanzata, quando l’orizzonte davanti rimane ahimè esiguo rispetto al tempo già vissuto, venga spontaneo rivolgersi al passato, a quando eravamo altri, sconosciuti a noi stessi, e ci prende il desiderio di ritrovarci, di riconoscerci, di capire chi eravamo e quale distanza si è frapposta tra l’io di adesso e quelli che eravamo un tempo.
La scrittura così diventa strumento di indagine e non solo di memoria, di ricerca di un tempo favoloso le cui lacerazioni, angosce, paure, il trascorrere dei giorni ha addomesticato, ammansito, ne ha levigato le asperità, e tuttavia l’adolescente, il fanciullo che eravamo è ancora qui, trasformato ma ancora quello stesso, disteso in un corso più lungo.
Così anche a me è tornato il desiderio di rincorrermi lungo quei giorni e la scrittura è stata il mezzo perfetto per viaggiare dentro quello che ero. Sono nate un insieme di poesie che mi restituiscono alcune foto di quegli anni. Ne propongo qui di seguito alcune.
"Il prezzo di camminare nel mondo"
Fu la paura un fedelissimo cane,
mai dimenticava di azzannarmi, decise
di stare con me, era lì, una parallela che ancora
tende all’infinito, mi precede, la paura
è stata un persecutore calibrato, una felice
persecutrice, mai sazia, mai stanca,
una corrente d’oceano conficcata fino dentro
i bagliori aurorali della mente.
-
Mi prese al mio primo vagito, impresse il suo bacio
al primo dente caduto, auspicio di un adulto
futuro, la paura inviò i suoi segnali
quando incerto compitavo le prime vocali, quando
tracciavo segni balbettanti sul foglio, una cometa
di paura ha sempre attraversato la notte, una folata
ha sempre spalancato le porte, un guizzo, un sussulto,
una tenaglia di freddo, ancora mi chiama,
mio angelo custode perenne e presente,
la mia salvezza, il prezzo di camminare nel mondo.
° ° ° ° °
"Sui tetti"
Sui tetti, dove la luna striscia le sue bave
di luce e il sole dei tramonti chiama le zampe
degli uccelli e insetti prede e gatti circospetti
esploratori, io, bambino di anni otto,
apparivo sui tetti radioso come un santo in gloria
e di sotto le zie, braccia levate al cielo e uno scompiglio
di sciagure e grida, la nonna implorava
le madonne dei cornicioni e dei dirupi, le sante
intercessioni e urla, e io per grondaie, spuntoni,
appigli, ero il padrone della terra, all’attenzione
di tante divinità in allarme, sui tetti, col sole
che sulla scena reclamava l’applauso, io bambino di anni
otto, a sfidare il mondo, a imparare come un gatto.
° ° ° ° °
"Felicità delle pozzanghere"
Guarda cosa ora riflette
una pozzanghera: un sorso
breve di cielo, esigui
rudimenti di case, un lampione
che oscilla, un bambino
che dentro ci sguazza, la guada
in lungo, la guada in largo
riassaporando la gioia
del limbo prenatale,
ascoltando la suola
gonfiarsi fino a spalancare
la bocca e ingoiare
quello che la pozzanghera
specchia: quella striscia
di cielo, quel frammento
di case, e tutta la gioia
di quel bimbo che sciacqua
le sue scarpe nell’acqua
e riascolta
il suono del grembo, i primordi
di un’estasi.
-
Come spiegare alle ingiunzioni
materne, alle materne
minacce che quella
digressione selvaggia
non era che un ritorno
nel grembo, il riascolto
di una congiunzione antica,
di una consuetudine all’acqua.
-
Paolo Polvani
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Paolo Polvani è nato nel 1951 a Barletta, dove vive. Ha pubblicato diversi libri di poesia, ultimi dei quali: Una fame chiara, Terra d’ulivi edizioni, 2014; Cucine abitabili, MR editori 2014; Il mondo come un clamoroso errore, Pietre vive 2017; L’azzurro che bussa alle finestre, Versante ripido 2018; Miracoli del giorno, Macabor editore 2023. È presente nel Quinto repertorio di poesia italiana contemporanea, edito da Arcipelago Itaca, 2021. È incluso in Ossigeno nascente, censimento dei poeti italiani curato dall’università di Bologna. Alcune sue poesie sono state tradotte in inglese, spagnolo, portoghese, romeno, giapponese. Presente in due antologie di poeti italiani tradotti in Romania: Verso l’Italia, Editura Tribuna 2020, e Vendetta e pace, tredici poeti italiani d’oggi, Cosmopoli, 2025. È tra i fondatori e redattori della rivista Versante ripido. Nel 2024 per le edizioni Cosmopoli, Bacau, Romania, è uscita O Partitura de Taceri – Uno spartito di silenzi, silloge tradotta da Alexandru Macadan.

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