Lettura di “Terramadre”, opera seconda di Andrea Temporelli
Una madre basta per cento figli
ma cento figli non bastano per una madre.
- (antico detto)
Questa storia credo debba cominciare dal nome dell’autore , anzi dal suo nome e dal suo cognome poiché la scelta radicale che fonda l’opera , qui, è segnata dal passaggio che trasforma la finzione anagrafica in realtà poetica. Se , dunque, Marco Merlin si occupa delle impiegatizie questioni della critica Andrea Temporelli scrive versi. Marco Merlin risulta certificato in vita ma senza Andrea Temporelli sarebbe , appunto, soltanto un uomo fintamente vivo , un uomo un po’ più difficile , nervoso , scontento , eccitabile di altri ma pur sempre un uomo che cammina la strada da casa al lavoro , ripete lezioni ripetibili , si sfoga benscrivendo e malscrivendo di questo e di quello nella cornice di saggi e recensioni. Insegnante di mestiere e letterato di professione , Merlin reca con sé in saccoccia una livida reattività rispetto all’esistente , un risentimento giovanile fuori tempo massimo forse imparentato con quel cattolicesimo che un po’ odia un po’ ama il mondo , tra disprezzo e ipervalutazione , esplodendo prima della deriva moralistica e , però, scansando anche possibilità di feconda rivalsa ereticale. Perchè Merlin per amore della madre ha studiato dai preti - senza imparare ad odiarli – nei campi di polvere , tra le gambe e i piedi dei compagni di seminario, alla rincorsa di un pallone risolutorio , a caccia di una rete da sfondare. Sul volto morto di Marco Merlin si riflette la scrittura poetica di Andrea Temporelli tanto che , nelle pagine critiche del primo, si intravede – a ben guardare – la filigrana dell’opera del secondo. All’interno di un gioco di rovesciamenti costitutivamente – ancora – cattolico ciò che appare vivo è in realtà morto e viceversa. Andrea Temporelli , poeta e niente altro, ha in sé e su di sé due nomi di morti. Anzi, un nome (quello del fratellino) ed un cognome (quello della madre). Figure di un altare e mondo rispetto al quale si chiama dentro. Come a dire che la poesia non è la critica poiché la poesia non è di questo mondo mentre la critica milita , terrena e meretrice , nel fango e sotto il sole cocente di un campo (di pallone , di battaglia) con tutto l’armamentario di trucchi, bugie, cortesie, ingenuità, cafonaggini e tattiche che vediamo nascere e morire (e soffrire) sui bordi delle regole.
E se la poesia è alternativa alla critica come Temporelli è alternativo a Merlin noi troviamo ugualmente un potente legame di sangue tra le due polarità poiché non è sempre vero , forse, che le opposizioni coincidono ma è vero che ciò che fa di un’ opposizione quella che essa è ha l’aria caina della fratellanza tradita , di uno scivolamento verso il basso, dell’ uno frammentato e moltiplicato e nostalgicamente sognato.
Quando un cattolico , figlio dei salesiani e della propria madre , mette in campo (in gioco) un alter – ego / anti – ego che della madre porta il cognome e del frutto perduto del seno suo sepolto il nome facendo scrivere all’alter – ego / anti –ego un libro di inspendibili (in questo mondo ) poesie intitolato Terramadre subito – o quasi subito – si sente il grido o il lamento di un Padre tirato via da titoli e nomi , dunque innominabile se non come Padre (o padre). Sul Golgota temporelliano è il padre a perdere (almeno provvisoriamente ) in croce la partita , il padre malcerto , cancellato finchè il disamore non si fa (ancora rovesciamenti ) amore nel mentre paradossale della scrittura ( il mentre oltremondano del nonquando ) all’interno di una tradizione dalla traduzione della quale (dal tradimento della quale ) nasce la poesia di Andrea Temporelli : terra materna e fraterna sottesa – nel malseme - dall’ ombra del padre.
Gianni Priano
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