mercoledì 15 febbraio 2012

Poesie - Balestriere

IL CONTO DEI GIORNI -
     
                       A  martello suona il tempo che grida
la fuga irreparabile dell’ora.
Il secco scalpitare del rintocco
calato dalla torre campanaria
preme a onde la corsa della vita,
scandisce arcani dolorosi suoni,
di perdite e profitti chiede conto,
di talenti fruttuosi o sotterrati.

(Ma tu calmati, cuore!)
                                   Ed a me stesso
adolescente ingiunsi di provare
ogni brano di questa breve corsa
per coglierne i sentori, e di allentare
le corde degli affetti. Era l’età
del sapias, vina liques, carpe diem,
dell’umanistica ebbrezza. Sapore
avevano le donne d’albicocca,
un fuoco divorava a riga a riga
le parole sul foglio della vita,
la terra sussultava sotto il cielo,
il sole rosso s’abbassava a mare,
mentre l’onda brucava la sua sabbia.

Ma quasi mai ho mantenuto fede
al mio proposito.  Disse un poeta:
Confesso che ho vissuto ; e un altro: Vissi
al cinque per cento, non aumentate
la dose.
           Quanto io abbia vissuto
ignoro. Ma del tempo che rimane
ruminerò con gran dolcezza il pane.  
                                               *              
            CORSI E PERCORSI –

Giace l’inerte signore
nel cuore della terra
in radici tronchi tralci
prima di ogni forma,
sostanza priva di nome.
Poi il tumido prodigio
di bocci foglie corimbi
racemi fughe di tralci grappi,
inclita forza
che la mano dell’uomo
accarezza, amorosa promessa.
E sarà vino.

Di queste vigne mi pasco
brevis  dominus
ne mieto dolcezze fugaci
nell’orizzonte circolare della vita
che s’apre al tramonto.

Poi il chiaro ottobre di vendemmie,
l’amabile cielo che rinnova
il cuore nello sfogliato
clamore di grappoli arrubinati.

Diletto autunno, di te mi piace
sopra ogni cosa
il sole adagiato su crocchi di racimoli
che già temono l’avventura
del trapasso. Ma diverranno
vino tra ansie ferventi
e felici fermenti.

Dev’essere così del vino:
che giunge al bicchiere,
t’avvolge con morbido
tumulto di sentori
e chiude la pienezza della vite.

Rotondo fortilizio di sapori,
io ti creo con mente e mani
-faber e poietès-
dalla vigna alla cantina
e t’esploro e t’espugno
con dolcezza di vibratile senso.
E così sono l’omega del tuo percorso.
*
Pasquale Balestriere
*
Pasquale Balestriere nasce a Barano d’Ischia (NA) il 4/8/1945. Studi classici e laurea in lettere classiche presso l’Università di Napoli “Federico II ”. E’ stato  per decenni  docente  in scuole superiori. In volume ha finora pubblicato solo sillogi poetiche: E il dolore con noi  (Menna, Avellino 1979),  Effemeridi pitecusane   ( La Rassegna d’Ischia – Rivista Letteraria editrici, Ischia 1994), Prove d’amore e di poesia   (Gabrieli Editore – Roma, 2007), Del padre, del vino (ETS, Pisa,2009), Quando passaggi di comete (Carta e Penna Editore, Torino, 2010), Il sogno della luce , Edizioni del Calatino, Castel di Judica -CT-, 2011). Ha ottenuto numerosi primi premi in concorsi di poesia e importanti riscontri critici.



7 commenti:

  1. La grandezza di Balestriere è quella di saper trasferire le vicende umane nelle configurazioni che ci attornbiano. Consiste nell'umanizzare ciò che serve alla poesia. E tutto si fa luminoso, ed arrivante. Quello che è personale diventa oggettivo. Senza contare il linguaggio fatto di tocchi etimo-fonici di grande rilievo, spruzzato di reminiscenze classiche rivissute e insaporite, dopo una lunga decantazione nell'anima, di riflessioni umanamente attuali ed poeticamente armoniche.

    Nazario Pardini

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  2. Leggo qui ancora una volta e con grande piacere le poesie di Pasquale Balestriere, poeta di grande ed indubbio talento, al quale mi lega un rapporto di sincera amicizia che va anche oltre l'interesse letterario che ci accomuna. La sua poesia ha il sapore e il colore della terra e si staglia precisa e netta su un panorama che sempre è specchio di una realtà intima, ed anche sociale, fortemente evocata ed evocante (rievocante). L'argomento giunge ai nostri sensi con onde giuste, grazie ad un verso ben ritmato. La sua poesia certamente coinvolge e, finalmente!, possiamo gustare qualcosa di veramente serio e alto, di fronte a tanta produzione poetica italiana che stordisce e disorienta!
    I miei complimenti a Pasquale e, naturalmente, ancora una volta, all'assiduo curatore della rubrica, Antonio Spagnuolo.
    Giuseppe Vetromile

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  3. “Il conto dei giorni” è una composizione profonda, scritta con mano sensibile e cuore caldo. L'iter della vita si svolge senza enfasi, ma con maestria poetica. Gli ultimi tre versi mi hanno colpito particolarmente. Il poeta si pone un grande interrogativo: quanto ho vissuto pienamente? Allora, vissuto o non vissuto, ciò che resta nell'anima è la semplicità, come “la gran dolcezza del pane”, a riempire il cuore. Pasquale Balestriere ci dà, di nuovo, la misura del suo poetare raffinato e colto. Un'altra prova a cui fare sempre riferimento.
    In “Corsi e percorsi”, tralci, racemi, grappi, racimoli. E' un tragitto che il poeta percorre, passo dopo passo, e che porta verso un meraviglioso mondo: quello del vino. E già si sentono gli odori, i profumi di mosto, i sapori, l'allegria, un animo sereno. Bravo!

    Giannicola Ceccarossi

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    1. Con “Il conto dei giorni” e “Corsi e percorsi” Pasquale Balestriere traccia una singolare e felice parabola della vita. Nella prima lirica si profila un redde rationem che chiama in causa il passato, in particolare il passato remoto, età della bellezza e del sogno, per un confronto franco e spietato con il presente, età della consapevolezza e del disincanto.
      Dall’entusiastica e operosa irrimandabilità dell’oraziano “carpe diem” alla riflettuta e sofferta considerazione della “fuga irreparabile dell’ora” (ovvero di quel “labuntur anni”, stagione che lo stesso Orazio chiede amabilmente di archiviare per fare spazio, appunto, ad un’altra stagione, quella che noi, grazie all’indimenticabile lascito di Leopardi, abbiamo sedimentato come “la presente e viva”), non c’è che un brevissimo scorrere del tempo, il quale “scandisce arcani dolorosi suoni” e contestualmente (e cinicamente) “di perdite e profitti chiede conto”.
      Sembrerebbe un percorso senza possibilità di scampo. Ma ecco una luce, un lampo, una via di fuga: quanto, e come, il poeta abbia vissuto, non importa, perché è quel che resta quello che più conta. Nella seconda lirica, infatti (e l’impaginazione dei due testi non è casuale, ma, se così posso dire, “strutturale”), viene invertita la tempistica della saggezza classica, per la quale è necessario “primum vivere, deinde philosophari”; ragion per cui la massima viene rimodulata in “primum philosophari (Il conto dei giorni), deinde vivere (Corsi e percorsi)”. Ed ecco che alla chiusa della prima lirica, “Quanto io abbia vissuto / ignoro. Ma del tempo che rimane / ruminerò con gran dolcezza il pane”, con l’evocazione, appunto, del pane si congiunge, in perfetta consequenzialità, l’allegoria della vite e del vino: e sono il pane e il vino i simboli più puri e inossidabili non solo della cultura contadina e popolare, che in Pasquale Balestriere trova un cantore appassionato e limpido come pochi, ma sono anche quelli che miracolosamente aprono una via di fuga. Ed è qui che Balestriere, agendo con consumata abilità sui due registri, quello dell’Assoluto e quello del contingente, passa agevolmente da un piano all’altro evitando, così, di restare impaniato nelle sabbie mobili del solo “philosophari”, dimensione che, liberata dal confronto con il “vivere”, rischia di chiudere orizzonti, oscurare il sogno, spegnere le parole dei poeti.

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  4. Ringrazio affettuosamente Pardini, Vetromile, Ceccarossi e Vicaretti, amici a me molto cari e poeti di indiscusso valore, per queste testimonianze dotte, acute (e benevole).
    E sono davvero grato al poeta Antonio Spagnuolo che generosamente ha voluto inserirmi sul suo blog.
    Pasquale Balestriere

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  5. Ricevo e pubblico le note di Francesco Mattera e, a seguire, di Angela Patalano, amici che sentitamente ringrazio.
    Di Balestriere ebbi a dire in occasione della presentazione di un suo volumetto di liriche : "Pasquale Balestriere, una vita per la poesia, la poesia della vita". Ed in questi due componimenti, che oggi propone alla nostra attenzione, è condensato pienamente questo assioma. Ne " Il conto dei giorni" egli affronta il mistero del tempo che accompagna l'uomo avendo come unico termine di riferimento del suo fluire , della sua invisibile ed inesorabile scansione, solo ed unicamente la vita dell'uomo stesso. Ed in essa emergono progetti, sentimenti, proponimenti non sempre assecondati o perseguiti. Il poeta ripercorre a ritroso la sua vita e rievoca immagini di grande fascino e suggestione disponendole in un climax in cui trovano posto sia brandelli di storia personale , che fotogrammi ripresi dall'ambiente fisico e biologico da lui attentamente osservati ( Il fuoco divorava .... La terra sussultava..., il sole rosso... ). Il mondo poetico di Balestriere si nutre infatti delle cose reali della vita, osservate quotidianamente e composte sapientemente in versi plasmati con ricercatezza stilistica e grande padronanza costruttiva. In questa lirica mi ha particolarmente colpito il parallelo tra due immagini volutamente ingentilite dal poeta ad evocare stati d'animo di dolce quiete: l'onda (del mare ) che bruca la sua sabbia ( non la divora) , e, negli ultimi due versi, l'estremo proposito di "ruminare ", ovvero gustare a fondo e pienamente ( e non mangiare) con gran dolcezza il pane del tempo ( della vita ) che (ancora gli) rimane.
    Con la seconda lirica il poeta riafferma la sua piena appartenenza al mondo contadino, celebrando in maniera sublime la vite con la quale intreccia un rapporto simbiontico profondo. E traccia il ciclo della vite,a partire dalla linfa bruta che promana misteriosa dalla terra e via via si plasma in tralci, foglie, racemi, grappoli indorati, miracolo di plastica e solare bellezza che consola l'animo del poeta. Balestriere si sente il profeta e l'artefice della vite di cui cui canta la pienezza finale fatta vino dalle sue mani . E' il tributo filiale che il poeta regala al mondo da cui mai si è staccato ed in cui, soprattutto, vorrà per sempre rimanere saldamente legato.
    FRANCESCO MATTERA.

    Caro Pasquale, ti ringrazio per aver regalato anche a me l'occasione di penetrare in qualche momento delle tue riflessioni. Mi piacciono entrambe,ma preferisco la prima(Il conto dei giorni);anche se triste per l'ineluttabilità del tempo che passa,mi rasserena l'immagine del pane da ruminare e quella della sabbia da brucare (sono bellissime)."Corsi e percorsi"evidenzia ancora una volta il tuo attaccamento alla terra e canta l'amore(amorosa promessa,amabile cielo,diletto autunno,felici fermenti...),e la vita. Bella anche questa,ma sento più ...il tempo. Complimenti!!!
    Angela Patalano

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