mercoledì 21 marzo 2012

Segnalazioni volumi = Iuliano

Delta Edizioni ha pubblicato il volume : “Giuseppe Iuliano testimone di poesia e libertà – qui riproponiamo la pagina 198 .
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Tradursi in poesia rompe l’ isolamento dell’io, dietro ogni mutevolezza e sordità, per svelare attraverso la parola il frammento del continuo ri/prodursi , così come colui che sa realizzare il ritmo dal suono. Iuliano , provocatoriamente compone a tratti una poesia fatta dalla ragione, e per la ragione, anche se la retorica, dall’impegno civile, dal tono moralistico, dall’aspra ironia, dall’esigenza di purezza e di catarsi religiosa, si affaccia con eleganza di stile e con schiettezza di dettato. Il “bello” si caratterizza nelle sue pagine in una strana facoltà umanistica di esorcizzare tutto ciò che non ci coinvolge, al di qua e al di là della cosiddetta “parola pura”, restituendo alla parola comune la naturale funzione di testimoniare, per essere una storia vivibile e realizzabile. Non è estrema la speranza, la capacità del poeta a partecipare ad alcune delle vicende umane che costringono molto spesso ad un atto di ribellione, quasi mai ascoltato, e quasi mai recepito.
Tentendo al miraggio il ritorno della poesia al messaggio circoscrive quell’ansia esistenziale che riesce ad intendere quanto di misconosciuto rimane nelle illusioni della parola. Anche se Iuliano , come poeta e come uomo , ha sempre ipotizzato la scansione della sua regione, la verde e lussureggiante Irpinia, in molti suoi componimenti, il ritmo poetico echeggia di mutevoli e impreviste sensazioni.
“Qui c’è la nostra terra/ rosari di paesi/ grani di ogni mistero/ tra monti e valli/ dove il verde è regno/ che traballa al tisico dei giorni/ dubbi in successione/ lebbra di attese./ Nervi tesi a torri e tralicci/ seminano onde/ serpi con denti di magnete/ più dannosi della furia/ dell’Oceano/ e svuotano la fede/ di marinai di terra/ profughi di sole/ orfani di acqua e sale./ Nervi tesi pelli di tamburo/ battono con forza/ note di dissenso./ S’alza l’urlo al silenzio/ e ricaccia nei recinti/ la paura e i suoi vivi fantasmi./ Mani sudate/ intrecciano attese e dubbi/ e levano al cielo/ palmi e pugni/ di ogni riserbo e fattura./ Compagna al disappunto/ s’adatta cosciente la voce.”
La storia per lui è avventura di uomini, nella possibilità che il tempo trattenga ogni deviazione ed ogni ribellione. Le stagioni sono respiro nel disincanto e nei silenzi del verde, respiro gonfio del petto, elevato a quell’ansia instabile che circoscrive la volontà di chi scrive, quel tarlo che contribuisce giorno dopo giorno, ora dopo ora, alla creazione del verso, molto attento al proporsi del discorso poetico, che non sia sbilanciato in eccessive accentuazioni del cominciamento, dovute al taglio dell’astratto e incise nelle dimensioni dell’ambiguo.
Anche se i nessi svincolanti appaiono a volte sostituibili, il simbolo della libertà quotidiana ritorna penetrabile nella ricerca della scrittura, una scrittura piana, dolce, accettabile sotto ogni aspetto, quasi declamatoria, per quel suo sottile disegno di leggibilità e di coinvolgimento.
Ansioso di specchiarsi nelle immagini primitive, originali, insegue le infinite sfaccettature del quotidiano per le valenze simboliche che dalla personale cornice si riflette nelle metaforiche vicende sociali: “coltiviamo le virtù/ campo-semina/ di ogni stagione/ da concimare con fiducia/ tra malerba strappata/e respingiamo il negativo/ che abita e incrudelisce/ ogni mala tempora/ e funesto pensiero.” Immaginare e fantasticare, disciogliere gli abbandoni nella parola poetica che soventemente si pone al confronto con la parola filosofica per testimoniare quel ritmo che quasi sempre è la natura memoriale.
Antonio Spagnuolo -

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