ASPETTI E MOTIVI DELLA POESIA DI NAZARIO PARDINI
Io non so quale e quanta valenza artistica possano avere le migliaia di premi letterari banditi ogni anno in Italia né con quanta onestà, correttezza e competenza essi siano condotti e realizzati. So però che essi sono un’occasione di conoscenza, talvolta di frequentazione (anche se solo telefonica o più generalmente telematica), più raramente di amicizia.
È così che ho conosciuto Nazario Pardini, come uomo e come poeta. Del tutto encomiabile nell’una e nell’altra prospettiva.
L’humanitas, nel senso più ricco e profondo del termine, connota splendidamente la personalità e l’opera di questo sapido toscano, colto e gentile, generoso e ispirato; e perciò il lettore, cui non difettino cuore e sensibilità, può disporsi ad una straordinaria avventura, ad un percorso poetico intensamente emotivo, risolto in una dimensione di classica armonia e compostezza.
Già nelle prime raccolte è ben evidente quale sia per Pardini la realtà che, urgendo in lui, lo spinge irresistibilmente al canto, reclamando voce e vita propria: è la pervasiva e transeunte bellezza della vita, è la natura intesa come “bella d’erbe famiglia e d’animali”, ma soprattutto come profonda essenza vitale, è il mondo degli affetti familiari, è l’amore, è il mito della bellezza e del mondo antico. Già nelle prime raccolte Pardini mostra di possedere gli strumenti del poeta: scrive in versi liberi, ma impiega con una certa frequenza l’endecasillabo e il settenario; ricorre a rime, assonanze, consonanze, allitterazioni, metafore, iterazioni con l’intento di sottolineare, anche attraverso scarti semantici, i momenti salienti del suo canto.
E posso dire, ora che posseggo più dei tre quarti delle pubblicazioni del poeta pisano, che la sua poesia ha sempre sicura ed elevata dignità letteraria, accentuato spessore umano, capacità di penetrare nel cuore e nella mente del lettore, suscitando affetti ed emozioni.
Ma è nella splendida silloge Alla volta di Leucade (Mauro Baroni Editore, Viareggio-Lucca, 1999, pp. 126, con prefazione di Vittorio Vettori e postfazione di Floriano Romboli) che il poeta, con risoluta dolcezza, prende il lettore per mano e lo guida nel suo mondo, a sentirne l’estrema ricchezza di elementi fisici, così necessari nella sua dialettica creativa, e l’intensità dei sentimenti, la quale ben si coniuga con un nitore formale che rivela una lunga frequentazione di autori classici: greci (in particolare Omero e i lirici), latini ( soprattutto Lucrezio, Catullo, Virgilio, Orazio, gli elegiaci), francesi (tra gli altri Baudelaire, Verlaine, Rimbaud), italiani (Dante in primo luogo, poi Foscolo, Leopardi, fino a Pascoli, D’Annunzio, Ungaretti, Montale).
Leucade, innanzitutto: l’isola delle bianche rocce, del salto di Saffo e della catartica soluzione degli amori impossibili. Non sono certo che qui, in qualche modo, Leucade richiami ai Dialoghi con Leucò di Pavese, come pur sostiene Vittorio Vettori nella prefazione . Mi pare piuttosto che il titolo ci riporti a un nome, Saffo, poetessa molto amata da Pardini per fatto umano e artistico, e a una condizione: il ri-acquisto della serenità, intesa come affrancamento dal turbinio delle passioni (il “gran salto” liberava -come è noto - in un modo o nell’altro dalla sofferenza d’amore); ma soprattutto il titolo ci riporta a un mondo, quello classico, paradigma di bellezza, misura, armonia. In più il bianco (λευκóς -> λευκάς -> Λευκάς -άδος, Leucade), con tutta l’area semantica che a questo colore si richiama ( chiaro, brillante, splendente, limpido, candido, sereno), allude ad un processo di purificazione e di elevazione, ad una conquista quasi metafisica di sé, cui anche un moderno sacerdos musarum non può sottrarsi; o magari a un’ideale condizione da perseguire, se non da conseguire: quella di un terso e vivo equilibrio, in cui i fili del tempo si dipanano senza sussulti per una sottesa solida filosofia che aderisce saldamente alla vita e alle cose, pur nella consapevolezza della loro precarietà. Anche le scelte lessicali, che talvolta rimandano al parlato (querci, rame, ragia, moreccio, ecc.), cospirano a realizzare questa condizione di adesione al mondo esterno nel quale e con il quale Pardini snoda il suo percorso umano e poetico.
E che ricchezza poetica, che spessore creativo in quest’opera densa e omogenea sotto il profilo dell’ispirazione! Le sezioni che la compongono (quattro: Stagioni -con la sottosezione Canti liguri -, La sera di Ulisse - Poemetti serali, Fuga da settembre, Sulle rive del Biondo e dello Xanto - Canti arcaici ) sono cementate dai temi di canto che percorrono la silloge in ogni direzione e dichiarano la vita, gli affetti e gli slanci del cuore. Ci troviamo di fronte a una poesia piena e matura, descrittiva e riflessiva, di assenze e di ritorni, di scoperte e di stupori, di ricordi e, talvolta, di rimpianti. Eppure la rievocazione non è mai fine a sé stessa: immergersi nel passato non solo consente al poeta di recuperare e rivivere esperienze e sensazioni, di aver consapevolezza del fluire delle cose, ma anche di indagare la singolarità, e quasi la fissità, dell’attimo, numero primo e realtà indivisibile della vita dell’uomo.
Inoltre, la natura. Si tratta di una presenza sostanziale e dialettica nell’intero iter creativo del poeta di Arena Metato, che ad essa fa riferimento prima e più ancora che agli esseri umani; la natura come magna mater, compagna di viaggio, presenza vitale; come vigore, misura, bellezza; come maestra, esempio, monito. Natura a cui aderire come a realtà affascinante e necessaria, non annullandosi però, non naufragandoci, ma conservando coscienza di sé e della propria umanità. Non c’è da meravigliarsi dunque che il cielo (o il mondo arboreo ) sia animato da colombi, passeri, rondini, falchi, tortore, aironi, cormorani, poiane, alcioni, usignoli, folaghe, tordi, beccacce, fringuelli, allodole, procellarie, nibbi, merli, gipeti, gabbiani, rondoni; né che i prati, i campi, i boschi esibiscano un’opulenza vegetale: pésco, alla rinfusa e a piene mani, gigli, ginestre, glicini, girasoli, biancospini, ninfee, equiseti, acacie, castagni, elci, rosmarino, mirto, timo, corbezzoli, ginepri, fichi, limoni, faggi, crescione, cipressi, pioppi, querce, peri, betulle... Vale la pena di fermarsi qui. Ma queste occorrenze naturalistiche non hanno assolutamente nulla di gratuito o scontato, perché ogni animale, ogni essenza arborea, arbustale o erbacea è, nella poesia di Pardini, strettamente funzionale al singolo momento creativo o ne è addirittura sostanza e fondamento; ed anche perché qui la natura è segno e metafora della vita nei suoi vari aspetti e sviluppi; e provoca (al)la poesia.
Ma torniamo a Leucade, alla luminosità del sogno, alla dimora dello spirito, all’avvincente grazia e nitidezza del mondo classico rivissuto dal poeta con grande acutezza, padronanza e personalità, se convoca e coinvolge nel canto i grandi poeti dell’antichità, se dà loro voce per esprimersi, se affianca ad essi i classici moderni, se degli uni e degli altri recupera forme, stilemi, spunti, provocazioni poetiche insomma, per dare vita a testi squisitamente suoi, a versi che scuotono l’animo e comunicano sensazioni irripetibili. Con in più un pizzico di malinconia, soprattutto nella sezione Fuga da settembre, dove la poesia eponima (e finale) rappresenta, in linea con le altre, la triste dolcezza di questo mese tanto caro al poeta, forse perché racchiude i significati dell’autunno, di ogni autunno che -è opportuno ricordarlo- è anche la stagione della pienezza e della maturità.
Eppure a me pare che soffermarsi solo su qualche lirica farebbe torto all’intera silloge. Alla volta di Leucade è tutta interessante, appassiona e avvince in quanto prodotto letterario di assoluto rispetto e testimonianza di voce poetica sicura e verace, polimorfa e vibratile, essenziale e sofferta. Che è quella di Nazario Pardini.
PASQUALE BALESTRIERE
Gentile Professor Pardini,
RispondiEliminain poche parole, a volte, si riesce a trasmettere in modo più incisivo un'emozione profonda.
E' quella che ho provato leggendo del Suo universo poetico nel quale immediatezza ed alta cultura si intersecano.
Frequenterò la Sua Poesia.
Cordiali saluti
Valeria Massari
l'inesorabilità del tema come elemento sospeso e fuorviante, incombente snocciolato all'interno dei tuoi magici versi con gelida parsimonia e colla dovuta carica del vero poeta......ecco mio breve commento breve e sincero complimenti nazario
RispondiEliminaFlavio Vacchetta
Al di là degli aspetti stilistici e propriamente poetici - peraltro ben tratteggiati attraverso l'analisi dell'opera per eccellenza del poeta pisano: la felicissima, l'intensa e limpida "Alla volta di Leucade" - al di là di questo, dicevo, mi piace mettere l'accento sul senso di quella humanitas che si ritiene, a ragione, connotativa sia della personalità sia dell'opera di Nazario Pardini. E lo affermo perché anch'io ho avuto modo di esperirla, disponendomi alla "straordinaria avventura" di cui Balestriere parla nel suo intervento.
RispondiEliminaSandro Angelucci
Credo che Pardini con la silloge poetica "Alla volta di Leucade" abbia dato il meglio di sé. Raffinato e singolare, il nostro si muove secondo leggi trasparenti; un uso del linguaggio puro e illuminante che nel vigore naturale fa vibrare con ordine ogni parola.-
RispondiEliminaUn carissimo saluto.
Luciano Nota
A Barano d’Ischia (NA), luogo delizioso le cui sorgenti furono apprezzate fin dagli antichi greci, si stende al sole un ampio terreno coltivato ad orti e vigne dalle mani di un docente di materie letterarie in pensione, Pasquale Balestriere, ma anche un poeta che tocca il cuore, vincitore di numerosi premi di poesia e talvolta membro di giuria. Ed ecco che sul blog-antonio-spagnuolo-poetrydream leggo un suo intervento dal titolo: ASPETTI E MOTIVI DELLA POESIA DI NAZARIO PARDINI, dove la gran chiarezza di Pasquale Balestriere, nel prelevare i contenuti dalle sue profonde conoscenze, non passa certo inosservata.
RispondiEliminaMolti sono gli scrittori che hanno avuto da Nazario Pardini l’onore di una prefazione alle proprie opere e molti hanno scritto sulla sua produzione letteraria e non è facile scrivere di un poeta dallo stile così vibrante e scorrevole e sorvegliato da una metrica elegante che s’infila nel canto donandogli equilibrio ed armonia mentre esprime e trasfigura le proprie riflessioni d’amara melanconia e di rimpianto di cose perdute. Davvero non è facile, senza rischiare d’inciampare in banali orpelli. Ma Pasquale Balestriere, “come l’albero che vive per le foglie”, intraprende “questo minimo gioco parabolico” con un linguaggio talmente espressivo da coinvolgere l’Anima di chi ha tanta voglia di perdersi in parole così intense nella loro fulminante luminosità e che tutti vorrebbero avere scritto: “colto e gentile, generoso e ispirato; ” e poi “ha sempre sicura ed elevata dignità letteraria, accentuato spessore umano, capacità di penetrare nel cuore e nella mente del lettore suscitando affetti ed emozioni.” e proseguendo “Anche le scelte lessicali, che talvolta rimandano al parlato (querci, rame, ragia, moreccio, ecc.) cospirano a realizzare questa condizione di adesione al mondo esterno nel quale e con il quale Pardini snoda il suo percorso umano e poetico.” ed ancora “Ci troviamo di fronte ad una poesia piena e matura, descrittiva e riflessiva, di assenze e di ritorni, di scoperte e di stupori, di ricordi e, talvolta, di rimpianti.” e, interpretando l’iter creativo del poeta, “la natura come magna mater, compagna di viaggio, presenza vitale; come vigore, misura, bellezza; come maestra, esempio, monito.” e dopo avere nominato ogni sorta d’uccelli del cielo, ecco “i prati, i campi, i boschi” e “gigli, ginestre, glicini, girasoli, biancospini, ninfee, equiseti, acacie, castagni, elci, rosmarino, mirto, timo, corbezzoli, ginepri, fichi, limoni, faggi, crescione, cipressi, pioppi, querce, peri, betulle…” e le viti?
Tacciono le viti nelle citazioni di Pasquale Balestriere, ma cantano disposte in filari o ad alberello o a pergolato nel suo terreno steso al sole e coltivato da lui stesso, docente in pensione, ma sempre titolare di quelle profonde conoscenze che sembra proprio non abbiano fine; poeta vero ed esigente, che tocca il cuore e percepisce la vita come un momento di passaggio in quest’immensità che ci circonda.
Maria Ebe Argenti
Varese, 16 settembre 2012
Ho apprezzato molto e condivido pienamente l’intervento critico di Pasquale Balestriere sulla poetica di Nazazio Pardini: una disamina completa e profonda sull’aspetto stilistico, formale e spirituale, scritta con autorevole competenza e, soprattutto, con 'humanitas' riverberata in 'humanitas'.
Ho avuto l’onore e la fortuna di conoscere personalmente Nazario Pardini la primavera scorsa, ed è stata immediata la percezione di comunicare, appunto, con un 'toscano, colto e gentile, generoso e ispirato', che conosce bene la complessità della parola e sa restituirne il dettato con il linguaggio dell’autentica poesia. Pardini dipana la sua/nostra straordinaria avventura 'alla volta di Leucade' alieno da insidie e pretenziose ideologie, in un 'percorso umano e poetico' attento agli accadimenti del vivere e capace ancora di commuovere.
Daniela Quieti
Quest’anno, quando la giuria del Premio Letterario Nazionale “Mario Tobino”, organizzato dal Comune di Vezzano Ligure (di cui anch’io ho fatto parte) ha dato il proprio giudizio sulle opere pervenute alla sezione libro edito di poesie, si è trovata subito in piena sintonia: “Alla volta di Leucade” di Nazario Pardini meritava l’alloro; infatti, si imponeva nettamente su tutti gli altri. Chi ha fatto parte di qualche giuria letteraria di premi “puliti” (quelli che non conoscono interferenze di interessi editoriali od altro) sa che spesso, davanti ad opere che si equivalgono, diventa difficile dare un giudizio, fare una graduatoria. Ebbene, quest’anno “Alla volta di Leucade” ci ha notevolmente agevolato il compito e, nondimeno, ha rappresentato per me una gradita opportunità insperata: mi ha fatto conoscere personalmente Nazario Pardini. Invero, il suo nome mi era noto, ma poco conoscevo delle sue opere e niente del suo blog. Soprattutto, non conoscevo la sua generosità. Grazie a lui, alcune pagine della memoria, che mi sono particolarmente care, hanno potuto uscire dal cassetto ed essere accolte nel suo blog. Così, ho potuto ricordare alcuni amici poeti ormai scomparsi: Giuseppe Sciarrone, Anna Maria De Ghisi, Sirio Guerrieri, Giovanni Petronilli, ecc.
RispondiEliminaSì, grazie a Pardini, l’immagine di questi amici ha potuto rifiorire. Tutto questo mi ha fatto sentire un appagamento interiore.
Ho letto con molta partecipazione quello che Balestriere ha scritto di “Alla volta di Leucade” e di Pardini. Condivido quanto ha saputo esprimere con proprietà e grazia. Conosco da molto tempo il poeta Balestriere; più volte è stato premiato in concorsi della cui giuria facevo parte. Ora, posso dire, di conoscerlo anche come “critico”. E’ altrettanto bravo come lo è nella poesia.
Un caro saluto a tutti.
Paolo Bassani
Riceviamo via email e pubblichiamo :
RispondiEliminaQuest’anno, quando la giuria del Premio Letterario Nazionale “Mario Tobino”, organizzato dal Comune di Vezzano Ligure (di cui anch’io ho fatto parte) ha dato il proprio giudizio sulle opere pervenute alla sezione libro edito di poesie, si è trovata subito in piena sintonia: “Alla volta di Leucade” di Nazario Pardini meritava l’alloro; infatti, si imponeva nettamente su tutti gli altri. Chi ha fatto parte di qualche giuria letteraria di premi “puliti” (quelli che non conoscono interferenze di interessi editoriali od altro) sa che spesso, davanti ad opere che si equivalgono, diventa difficile dare un giudizio, fare una graduatoria. Ebbene, quest’anno “Alla volta di Leucade” ci ha notevolmente agevolato il compito e, nondimeno, ha rappresentato per me una gradita opportunità insperata: mi ha fatto conoscere personalmente Nazario Pardini. Invero, il suo nome mi era noto, ma poco conoscevo delle sue opere e niente del suo blog. Soprattutto, non conoscevo la sua generosità. Grazie a lui, alcune pagine della memoria, che mi sono particolarmente care, hanno potuto uscire dal cassetto ed essere accolte nel suo blog. Così, ho potuto ricordare alcuni amici poeti ormai scomparsi: Giuseppe Sciarrone, Anna Maria De Ghisi, Sirio Guerrieri, Giovanni Petronilli, ecc.
Si, grazie a Pardini, l’immagine di questi amici ha potuto rifiorire. Tutto questo mi ha fatto sentire un appagamento interiore.
Ho letto con molta partecipazione quello che Pasquale Balestriere ha scritto di “Alla volta di Leucade” e di Pardini. Condivido quanto ha saputo esprimere con proprietà e grazia. Conosco da molto tempo il poeta Balestriere; più volte è stato premiato in concorsi della cui giuria facevo parte. Ora, posso dire, di conoscerlo anche come “critico”. E’ altrettanto bravo come lo è nella poesia.
Un caro saluto a tutti.
Paolo Bassani
Nota sulla poesia di Nazario Pardini
RispondiEliminaL'amico Pasquale è profondamente penetrato nella tua poetica tanto da scendere sino alle fonti segrete della tua creatività e illuminarle.
Come non condividere con lui l'emozione della tua poesia talmente permeata dalla bellezza della vita ed armoniosamente composta.
Versi i tuoi magistrali forgiati da una lunga frequentazione del mondo classico antico e poi tra i grandi poeti della nostra contemporaneità che esprimono la navigata esperienza del maestro, capace di utilizzare, al meglio, tutti gli strumenti che il vero componimento poetico esige.
Una voglia di canto la tua come solo esclusivi poeti hanno, in cui si esaltano essenze vitali primarie, dalla natura, alla famiglia, alla vita pienamente vissuta, tutte elevate a dignità assoluta per cui si può parlare di poetica in cui vince il mito della bellezza, talmente ben composta da creare profonde emozioni in chi la legge.
E così è “Alla volta di Leucade” dove è il mondo classico ad assurgere a simbolo di armonia, bellezza, purificazione, elevazione spirituale.
E' evidente che c'è nella tua memoriale creazione poetica un bisogno vitale di riappropriazione di esperienze, sensazioni,valori tali da colmare la differenza con la condizione precaria del vivere.
Questo, certo accade nella maggioranza dei poeti, ma nel tuo caso il confine tra passato e presente sembra annullarsi in un continuo, ininterrotto respiro rigenerante.
E che dire del tuo pianeta “natura”! Non c'è che da rimanere estasiati essendo esso contenitore affascinante di fragranze, presenze cromatiche, suoni e canti; punto di riferimento vitale, edenico , per completare e arricchire la propria umanità.
Davvero un grande poesia la tua Nazario testimonianza di una cristallina, sorprendente vocazione e di profonda cultura, specchio fedele di una rara personalità, colta, gentile, umanissima.
Carmelo Consoli
Resto ammirato dal magistrale intervento di Pasquale Balestriere sulla capacità poetica di Nazario Pardini.
RispondiEliminaDevo nascondere modestia per aggiungere una mia considerazione.
Mi vanto d’aver percorso molto mare, in una solitudine di esseri limitata al coniugale, cercando ripari, e tracce di passato trascurate, nelle baie dimenticate.
Ho creduto nell’emozione di respirare il pensiero di colui che, qualche millennio fa, mi ha preceduto con lo stesso sguardo, così come nell’oscurità del mare al gran largo ho dialogato con l’infinito.
Avrei voluto tradurre in parole il grande vento che ho sentito dentro, ma sono poeta solo per me stesso.
Non posseggo, mi son detto, ricerca mentale che si adegui e che trasmetta; dovrebbe navigare con me un poeta in grado di scoprire il mio intimo attraverso il mio silenzio.
Ho scoperto che non era necessario.
Leggendo i versi di Nazario Pardini ho trovato il Poeta che avrei voluto avere vicino, che avrei voluto essere io stesso, lungo le emozioni che soprattutto il Mediterraneo custodisce e riflette nel tempo.
Poco a poco mi sono ritrovato io il passeggero del Poeta lungo le coste delle Ioniche, lungo le rive della Caria e della Licia, lungo le spiagge della mia angoscia...
E lo ringrazio nascondendogli la commozione.
Brunello Gentile
_
Ricevo via mail e pubblico:
RispondiEliminaLeggere l'intervento di Pasquale Balestriere è come avere fra le mani "Alla volta di Leucade".
Tutto l'universo poetico di Nazario Pardini è rappresentato in viva e brillante figurazione e dà un'emozione profonda.
Gloria B.