venerdì 2 agosto 2013

SEGNALAZIONE VOLUMI = LUCA BUONAGUIDI

LUCA BUONAGUIDI: “I giorni del vino e delle rose”- Fermenti Editrice, 2010, pagg. 65, € 12,00

Luca Buonaguidi, l’autore del libro che prendiamo in considerazione in questa sede, è nato a Pistoia nel 1987; originario di Montecatini Terme, vive oggi a Firenze; cultore di cinema, letteratura, musica è al suo esordio letterario.
I giorni del vino e delle rose è una raccolta di poesie non scandita e che, anche per questo, presenta una certa valenza poematica. Quella di Buonaguidi è una poetica connotata da una grande chiarezza, raggiunta anche attraverso uno stile intensamente narrativo. Le poesie che compongono la raccolta, sono in gran parte verticali, fluide, scattanti e leggere e, in esse, non manca spesso un tono intimista; si avverte la ricerca di un senso profondo della vita da parte dell’io-poetante, che esprime una nostalgia controllata.
Il componimento, che apre la raccolta, intitolato L’amore del mio respiro, ha un carattere programmatico; in esso è presente anche un tema etico; in questo testo c’è un voi al quale il poeta si rivolge; nella poesia si riscontra una forte densità metaforica, sinestesica e semantica a partire dall’incipit di L’amore del mio respiro:-“Non riesco a scivolare/ lungo il percorso/ che mi avete preparato,/ non conosco il significato/ di questa mia estasi d’amore/ e non chiedetemi/ di abbassare lo sguardo/ e camminare diritto sotto il sole…/”; del voi, al quale il poeta si rivolge, ogni riferimento resta taciuto, sappiamo solo che il voi ha preparato un tragitto per l’io-poetante e tutto il senso resta pervaso da una vaga bellezza; in L’amore del mio respiro, l’autore afferma che, tra queste entità, alle quali il poeta si rivolge, è presente l’odio e che tanti altri volevano solo amarle e tanti altri solo salvarle: tutto il contesto resta imbevuto di mistero e da un’aurea di vaghezza. Si ritrova qui un io poetante molto autocentrato e viene espressa una poetica che si realizza per mezzo di una riflessione introspettiva. In Assenza si ritrova l’intrigante tematica della poesia nella poesia:- “Assenza,/ cosparsa di silenzio/ che si veste in verso/ fragile come pallido sole d’orizzonte/ dopo la prima pioggia autunnale/-“; in questi versi sembra che venga trattata poeticamente la tematica della dialettica tra detto e non detto.
In Sono povero, luna emerge un intenso tono lirico, nella tensione dell’io-poetante di interanimarsi con la luna, alla quale si rivolge chiamandola amica suprema musa, in una maniera che ricorda lontanamente Leopardi.
La raccolta è caratterizzata da una poetica neolirica, che presenta, d’altro canto, una vena fortemente intellettualistica. A volte il discorso dell’autore, sempre originale, è sotteso a un tu,femminile, al quale il poeta si rivolge, con toni e modi accorati e leggermente sensuali che, ricordano vagamente Neruda:-“L’incanto celato/ nei tuoi occhi/ un sorso corto/ di acqua fresca/ dopo una lunga sete/ d’amore e compassione/-“; sono molto belle e icastiche queste immagini, tratte dal componimento L’autostrada greca; la donna amata è qui calata in un contesto naturalistico e molto affascinante è la similitudine tra gli occhi della donna e l’acqua fresca, che dà alla situazione amorosa un tono dolce e pervadente.
L’ordine del discorso in I giorni del vino e delle rose, sembra essere sotteso ad una ricerca della propria dimensione nell’hic et nunc della vita, del senso, dell’etimo, come in La mia casa non esiste, poesia nella quale il poeta afferma che la sua casa è altrove ed è una terra di nessuno, un viaggio lontano; in questa poesia viene detta anche la selva oscura dantesca, dalla quale, presumibilmente, uscire tramite il medium della poesia stessa; vengono nominate, tra le righe, anche le filosofie orientali che, per tanti, sono, nel nostro postmoderno occidentale, un mezzo di salvezza per emergere dal mare magnum della quotidianità liquida e caotica.
RAFFAELE PIAZZA
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Due testi tratti da I giorni del vino e delle rose
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Carpirò la poesia

Carpirò la poesia
per spargerla in strada
come gelsomini
raccolti in mani
di fanciullo.
Inviterò il cielo
ad affrescare le parole

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Nella vile folla di vite

Covare solitudini
sgusciando via
in strade affollate,
elemosinando spiccioli di vita,
i pugni in tasca
stringono l’inconsistenza
dei miei giorni.
Chi accenna un sorriso sincero,
che nasconde
chissà quale pensiero,
che sfoga la noia
in passi stanchi e forzati,
chi osserva i bambini.

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