mercoledì 12 febbraio 2014

INTERVENTO = UGO PISCOPO

“Allegrie del giovanissimo Leopardi”

Nell’immaginario moderno, (ma perché non anche nell’immaginario cristiano?), i fanciulli sono portatori di freschezza rinverginante il mondo. Da essi ci si può attendere tutto di possibile e di impossibile, in consonanza e in dissonanza. A casa, a scuola, quando ne fanno una delle loro, i fanciulli, immediatamente gli adulti, che educano alla menzogna e alla mediocrità, corrono ai ripari oscurando, disinformando, mistificando. Che dicono i signori adulti? Dicono (per confermare sé stessi e per trovare ascolto dovunque in alto e in basso) che quelle cose lì non sono farina del loro sacco, cioè dei giovanissimi, ma che certamente dietro ci sono suggerimenti e responsabilità di altri, di quegli altri adulti che maliziosamente, malvagiamente eccitano la fantasia dei ragazzi e se ne servono per creare caos. Secondo il dettato degli adulti, i fanciulli, dunque, sono semplicemente lievitanti di animule bianche, innocenti, del tutto immuni da pulsioni di disordine, perturbazione, scardinamento delle consuetudini.
La realtà è, invece, sorprendentemente, sorgivamente altra. Anche in quelli che da grandi sono diventati sommi poeti, artisti, musicisti, studiosi. E’ il caso di Leopardi, tenuto a crescere nell’umbratilità e nella severità di una famiglia patrizia, che si forma mangiando pane e istruzione sotto vigilanza di tetragoni precettori e nel rispetto assoluto delle norme. Eppure di là dentro, cioè da quella plumbea atmosfera egli riesce ad aprire impertinentemente le finestre sul mondo, ad affacciarsi a questa e a quella finestra e a far tintinnare in allegria e divertimento la sua gioia di vivere e di maneggiare disinvoltamente il pericoloso, magmatico, plastico materiale delle parole, degli accenti musicali, delle sillabe sussurrate maliziosamente.
Il riscontro è in un’aurea plaquette, a cura di un addetto ai lavori e poeta raffinato, Vincenzo Guarracino, “Un imbroglio di versi molto serio. Due inediti puerili di G. Leopardi” (Fondazione Zanetto, Montichiari 2013), con illustrazioni molto interessanti a cominciare dalla prima di copertina, che riporta un bel disegno del 1810 del giovanissimo Leopardi. Il prezioso squadernino è dedicato alla stampa e al commento di due composizioni epistolografiche, sempre di Leopardi ragazzo, indirizzate rispettivamente alla nonna (sì perché Leopardi ha avuto anche una nonna, di cui si scordano pressoché del tutto i biografi) e al precettore che lo ha seguito da quando aveva dieci anni sino ai quattordici anni. Certamente, tra il grandissimo poeta degli “Idilli” e questo poeta bambino c’è di mezzo il mare. Però, però, come prudentemente e saggiamente mette in luce Guarracino, delle connessioni anche se impalpabili, anche se per accenni microstilistici e microlinguistici, ci sono. Ed è una delizia riuscire a intravedere, sotto la guida del fine curatore, in filigrana ombre che transitano, echi in volo, disseminazione di germi che cresceranno in una delle vicende poetiche più persuasive e significative di sempre.
UGO PISCOPO --

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