ANTONIO SPAGNUOLO : "COME UN SOLFEGGIO" Ed. Kairòs - 2014 - pagg.52 - s.i.p.
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Il napoletano Antonio Spagnuolo pubblica una nuova silloge di versi, "Come un solfeggio" (Kairòs
Ed., NA, 2014), a tema dedicato e obbligato: il rammemorare l’amatissima moglie, scomparsa nel novembre 2012. Ma stavolta senza più l’urgenza del dolore che si avvertiva nelle tredici liriche a lei ispirate, diciamo così “a caldo”, che apparivano nell’ultima parte del libretto "Il senso della possibilità" (Kairòs Ed., NA, 2013). Stavolta l’amata figura viene rievocata con un distacco che vuole tendere verso un’eternità con valenze metafisiche – come dice peraltro lo stesso autore nell’introduzione – in un “possibile desiderio di trascendenza”. Anche se – ahimé – questo sperato risultato non viene raggiunto. Sicché “l’abolizione dei vincoli del tempo e dello spazio è […] fuga fantastica dalla prigionia del finito”, ma resta solo fuga, perché “la suggestione […] continua a infiammare il grembo che ha custodito un legame intimo e viscerale con la persona amata”. E quanto e come abbia contato per l’autore questo legame intimo e viscerale, vale a dire la “via” erotica per la ricomposizione dei suoi frammenti psichici in superiore unità della personalità, sa bene chi conosce la precedente produzione del poeta (vedere l’antologia del 2011, "Misure del timore").
L’autore afferma: “Vorrei sfiorare il tuo labbro in altro modo, / nell’abbandono di un Dio che ci ha divisi” (p. 39). Qui viene infatti registrato solo l’abbandono di Dio, e non la lotta con lui, come avviene a esempio nei sonetti del secentista John Donne ispirati anch’essi alla morte della moglie.
Anche se, come nei "metaphysical poets", la realtà è rifratta in contrasti netti (il linguaggio astratto si accompagna a quello di una fisicità concretistica a volte esibita). “Sotto l’unico cielo che più non splende / ricerco la tua stella” (p. 25), ricerca peraltro che trova conclusione in: “non sei per me altro che l’eco / della mia voce, diventata roca” (p. 24). Ecco dunque che si torna nel “destino soccombente della solitudine” (introduzione citata), giacché “il destino / […] continua a spezzare / ogni illusione per un tuo ritorno” (p. 42). E l’autore conclude: “Tu sei altrove, dove non posso anch’io”(p. 28).
Purtuttavia, “senza di te ogni parola è vana” (p. 17). L’autore non può che rimestare le tenebre
dell’Ade (p. 16) per tentar di rintracciare le care ombre, "quella" in particolare: “L’ombra tua vagante / regna per gli altri doni di una luce / nel ritorno incerto della memoria” (p. 15). Infatti “abbraccia la tua ombra ogni sospiro” (p. 18).
Rievocazione e stimolo memoriale, evanescenza e nebbia, buio e luce, sono gli “infingimenti” che l’autore ripercorre, come denunciano a volte i titoli delle singole liriche: "Solfeggi, Luci, Nebbia, Ombre, Riflessi, Sussurro, Messaggi, Frammenti, Richiami (2 volte)".
Il linguaggio di Spagnuolo non ha in questo libretto termini ripresi dalla medicina. Esiste solo un neologismo che si fa ammirare per inventività: “Gli alberi […] >nidiavano< di uccelli”.
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SERGIO SPADARO
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