domenica 6 aprile 2014

SEGNALAZIONE VOLUMI = ANTONIO SPAGNUOLO

Antonio Spagnuolo, “Come un solfeggio”, Napoli, Kairós edizioni, febbraio 2014- pagg. 52 - € 10,00 -
“Come un solfeggio” di Antonio Spagnuolo possiede il grande pregio di restituire la giusta dignità al dolore individuale, dinanzi al quale persino la poesia non può molto, se non riconoscerne quella sacralità spesso violata nella società del nostro tempo, ove le dimensioni di malattia e morte vengono continuamente taciute e occultate.
Sussiste un certo contrasto (limitato al primo impatto) tra l’importanza della materia dei versi e l’aspetto fresco ed elegante, persino “leggero” del librino (lieve come l’anima di una piuma). Ma non appena l’occhio abbraccia il senso delle parole (“In memoria di Elena”), sin dalla copertina e dai suoi risvolti percepisce la lacerazione che proviene dalle pieghe più interne dell’animo, ferito nel peggiore dei modi.
Il prezioso “solfeggio” si presenta ricco di verdi dissolvenze che conducono a grigie dissonanze, irriducibili quest’ultime poiché i diversi tempi, seppur coesistano confondendo le loro coordinate, non possono protrarre di molto il gioco degli abbagli. Sulla scia di una gioventù divenuta irreale, sbiadita eppur viva nel velo del ricordo che tutto appiattisce e allontana.
Lungo i segmenti dei versi il poeta scompone le immagini in dettagli figurali, per poi ricomporli nel tessuto connettivo che è fiamma che tutto avvolge, sul filo della memoria. Una lucidità pervasiva accompagna il ricamo composto con i lacci della reminescenza, del sogno, dell’immaginazione. Un uso speciale, privilegiato della lingua si ritrova in queste pagine fin nelle più piccole nervature (“qualcosa è sparita”, “le architravi”…), tuttavia alla bocca non saranno restituite labbra per parlare, per baciare, per dare conferme.
L’assenza fa dubitare persino degli accadimenti e delle vite vissute. Il vuoto assoluto rende refrattari al silenzio nell’aspro meccanismo di sostituzione che impone il presente in luogo del passato, in un avvicendamento spietato. Ma di simili meccanismi viene disvelata implicitamente la precarietà, mentre il dolore non trova requie. Come nella foresta della prima di copertina, la vita della singola foglia non può essere salvata dal ciclo delle stagioni, che ritornano come spugne a cancellare le tracce di gesso di esistenze trascorse sulla lavagna dell’oblio.
Tra non sporadici giochi di abbagli, Antonio Spagnuolo ci restituisce sulla pagina intatto quel dolore incomunicabile, scaturito dalla perdita del senso della propria esistenza, nel circuito di un’eternità che si fa paralisi, lontano dagli infingimenti tipici dell’uomo contemporaneo.
Al di là della solidità o meno della propria fede, a candela finita si spegne l’individuo e con lui si spegne il tempo. Come ha scritto Maria Grazia Lenisa, “Il tempo muore con noi”: «Tu non sarai più fanciullo, il poeta/ che s’innamora di pochi fili d’erba/ ma, uomo nella tua matura filosofia,/ avrai colto l’essere e il nulla» (da “L’essere e il nulla”).
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Claudia Manuela Turco (Brina Maurer)

1 Commenti:

Alle 9 aprile 2014 alle ore 14:13 , Blogger Marzia Alunni ha detto...

Questa nota di lettura mi pare armoniosa e profonda come dovrebbe essere la "prossimità spirituale" ai versi di Antonio Spagnuolo. La poesia dell'autore appare visitata dalle analisi critiche, riletta amorosamente, come lo spartito che si credeva perduto e invece compare, a dispetto di tutti i tradimenti dell'esistenza terrena. A ben vedere, sono proprio i vuoti lasciati dal dolore il segno di questa ricerca poetica, puntualmente ripercorsa in chiave critica da Claudia Manuela Turco. Leggendo la recensione, si comprende come la finitudine occupi un ruolo, abbia un senso che va oltre l'insoddisfazione privata, per rappresentare la cifra interpretativa di questa scrittura nella sua attualità. L'evocazione del concetto di vuoto, nelle sue varie accezioni, è altamente condivisibile, quale matrice ispirativa del poeta. E' opportuno a questo punto ricordare quanto i mistici e le filosofie orientali meditino sull'idea del vuoto. La poesia non può trascurare di occuparsene, ma, inserito nella ricchezza d'ispirazione propria dell'autore, tale concetto-limite si trasfigura, assume tutte le sfumature fondamentali della sofferenza che è una forma di mancanza radicale. E' un vuoto che non si lascia mettere in disparte, o dimenticare. Marzia Alunni

 

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