SEGNALAZIONE VOLUMI = ANTONIO SPAGNUOLO
LA CRISI DEL LINGUAGGIO IN SPAGNUOLO
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All’ultimo festival di Cannes (2014) Jean-Luc Godard ha presentato un film intitolato Adieu au
langage, nel quale – con assoluta fedeltà al titolo – distrugge completamente il “linguaggio” signi-
ficante e abolisce la narrazione cinematografica. Il film è così un accumulo caotico di immagini avulse da un contesto coerente, alla fine del quale lo spettatore tutt’al più ricorda una coppia nuda che gira in un appartamento e un cane che fiuta peste in sentieri campestri. Un’operazione analoga fa Antonio Spagnuolo, in Oltre lo smeriglio (Kairòs Edizioni, NA, 2014), almeno a giudicare dalla prima sezione del libro, che comprende venti composizioni numerate con numeri romani e senza titolo. Anche Spagnuolo infatti, in questi testi, distrugge ogni nozione di linguaggio significante e razionalmente teso a ricomporre un ordine o una realtà della natura o del mondo oggettivo. Sicché
l’accumulo di parole e di linee della sua operazione lirica finisce con l’essere solo un riflesso dei fantasmi mentali che insegue, un puro accavallarsi di flatus vocis che solo graficamente assumono
l’aspetto di “composizioni” (e forse, nel titolo della sezione, Ricomporre, c’è da vedere anche un’implicita ironia demistificatoria).
D’altra parte l’autore è consapevole della direzione che hanno preso tali tentativi poetici, se – in un Antefatto che si pone come vera e propria prefazione – parla di “crisi non solo del linguaggio ma di tutta una cultura politica e borghese”. Aggiunge che “ogni individuo riposa o si agita nella propria assenza” e conseguentemente “le variazioni [dell’io], nelle quali non esiste più ritmo, musica-
lità, armonia […], preludono alla fine del canto stesso”. E teorizza una sua personale poetica – come aveva già fatto in passato – basata sulla contrapposizione tra Eros e Thanatos e sul mistero evocato dal subconscio, con il suo fluire di immagini irrelate e valide di per sé.
E, indubbiamente, in questo fluire ininterrotto di immagini ogni tanto qualcuna appare suggestiva e poeticamnete apprezzabile, come: “il giorno ha sventrato bagliori” o “il tempo ha le ali di gabbiani” o “il treno per Baveno / brumoso di camelie”. Ma sono poche. Per lo più si ha invece un accumulo di fonemi che, nella loro asemanticità, producono clangori come le cazuelas delle madri orfane di Plaza de Mayo. Si prendano questi esempi: “Paventa rose calandra, / rientravi nel disuso / ora moltiplichi colofoni”; “Dona inaccessibile / purché sia la lingua / fatta sevizia, atròpica finzione”; “pulsa di urgenze / dove il tempo ripropone / antichi menhir”; “Rispondi l’orlo / slombato a perdere
distanze.”; “Inghiacciando / non consola implàntolo / innanzi alla malinconia.”; “dispensa schisi
d’intervento / finché bocco/ni / rugo moti a macchie”.Ma dobbiamo fermarci, per non abusare della
pazienza del lettore. Si sarà notato che, nell’ultimo esempio, la parola “bocconi” è spezzata da una lineetta verticale e tale spezzettamento delle parole compare anche in “impre/disposta”, in “de/componi”, mentre la normale lineetta orizzontale compare in “stanza-occasione”. Ma questi sono solo grafismi. Aggallano infine sintagmi che, presi come mea culpa da autòntimerùmeros, riappaiono significanti, come “il mio inconscio contorto” e “forse anche oggi l’assurdo / sconnette”.
Qui va fatta una precisazione. Negli esempi sopra riportati si può cogliere un evidente aspetto volitivo, perché l’immagine inconscia è rielaborata dalla volontà consapevole dell’autore. Insomma, il “poeta gioca”. Nulla quindi che richiami ogni “incontro di una macchina da cucire e di un ombrello su una tavola anatomica”, secondo la formula dei Canti di Maldoror (1869) di Lautréamont, che fu poi ripresa dal Surrealismo storico. Niente dunque immaginazione onirica e niente scrittura automatica.
La seconda parte del libro contiene la sezione Memorie, con testi titolati (anche se i titoli sono per
lo più costituiti da una parola estrapolata dal contesto versificato). E qui Spagnuolo torna a un linguaggio maggiormente significante, perché – come aveva già fatto in Come un solfeggio (2014) – rievoca la sua compagna, ahimé scomparsa nel 2012. Il poeta è infatti rimasto “con il terrore della tua assenza ormai certa” (p. 33) o col “sospetto che tutto si annulli / nel mio respiro in cerca del tuo
sguardo” (p. 38). E può concludere: “Non sei altro che polvere sospesa / tra l’insonnia e il timore” (p. 50).
SERGIO SPADARO
ANTONIO SPAGNUOLO, Oltre lo smeriglio, Kairòs Ed., NA, 2014, € 10,00.
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