"Cantavano le mattutine ore"
Cantavano le mattutine ore,
chine lavandaie su acque
lustrali di fiume, e così pure
le sonore lune, a l’oriente
arroccate di cielo, vegliando e
spargendo, per umane fortune,
le benedizioni del sogno
E
non era questo, forse, ciò che speravamo?
Non era questo ciò che chiedevamo?
La felicità fiera,
la meraviglia inattesa,
la dovuta tristezza,
la commozione inaudita
Non era questo ciò che temevamo
fuggendo a scampare da noi stessi
in lungo errare pei sentieri del mondo?
Non era questo ciò ch’esecravamo?
E tu, presenza costante di pietra
nel dolce grigiore ottobrino, non
grazia chiedevi, né fuoco, e né
altro che affrancarti potesse
dai cingenti laccioli dell’ansia
Accorata scorgevi
disamore
nel fondo boccale,
al banco servito
desolato del giorno
*
"Non in nostro nome"
Non in nostro nome che
il buon sole ottobrino
ci carezzò la pelle del cuore,
o che furono notti
di rosee lune crescenti,
o che visionari viandanti
incedemmo negli anni
fuor d’ogni ritegno
Non in nostro nome, sappilo,
che acquattati sotto un manto
stellato, volemmo poi scampo
dal brusio dei pensieri molesti,
dagl’inganni della vita battente
Fummo, eppure, un tempo,
irruenta materia, zigzagante
rilucenza di fiume, scie di fuoco
disparse pel gran firmamento
Stiamo di qua del sogno, oramai,
a sommo di nubi e d’usurate parole,
ebbri di nulla, ancorché intenti
a restituire alle cose un vago senso
compiuto e i primigeni silenzi
Ma non in nostro nome,
unicamente nel mio,
unicamente nel tuo!
*
"Dov’ero"
Dov’ero
quando ebbi bisogno di me,
quando da riva d’invisibile mare
foschi
venti del nord,
a spaginare salivano
le regioni celesti
fin su l’ultima stella,
e piogge
scrosciavano
sangue e silenzi,
e il tuono di marzo
impietoso scoteva
le care tempie al sogno?
Ditemi, or dunque, dov’ero?
E dov’eri tu, ineffabile amica,
selvatica rosa saliente l’erto
muro del giorno,
dove
i confitti tuoi anni
di spighe e di spine,
dove
i lucenti ginocchi e il
fuoco bruno degli occhi?
Un tempo, eppure, benevola,
con me uno spicchio spartisti
di sugosa speranza, io la mia,
come piccola mela,
avendola consunta
sino a torso
*
Claudio Modica
*
“Siciliano di origine, milanese d’adozione,
Claudio G. Modica è autore di alcune raccolte poetiche.
Suoi testi compaiono in antologie e riviste letterarie.
Numerose le partecipazioni a pubbliche letture.”
*
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