PRESENTAZIONE VOLUMI = GUALBERTO ALVINO
Gualberto Alvino – “Scritti diversi e dispersi”, (2000 – 2014)
Fermenti Editrice – Roma – 2015 – pagg. 293 - € 21,90
Gualberto Alvino (Roma 1953) si è particolarmente dedicato agli irregolari della letteratura italiana contemporanea, da Consolo a D’Arrigo, da Bufalino a Sinigaglia, da Balestrini a Pizzuto, del quale ha pubblicato in edizione critica “Giunte e virgole” (Fondazione Piazzolla, 1996) e altri libri.
Fra i suoi lavori più recenti, la curatela dell’ultima silloge poetica di Nanni Balestrini, “Sconnessioni” (Fermenti, 2008), “Peccati di lingua. Scritti su Sandro Sinigaglia” (ivi, 2009), “La parola verticale, Pizzuto, Consolo, Bufalino” (2012) e la raccolta di versi “L’apparato animale” (2015).
Ha pubblicato due romanzi e collabora a riviste accademiche e militanti.
“Scritti diversi e dispersi” è stato dato alle stampe con il contributo della Fondazione Marino Piazzolla di Roma, diretta da Velio Carratoni.
Nella premessa al volume l’autore afferma che, su invito dello stesso Carratoni, raduna qui, con qualche modifica, i suoi scritti critici, linguistici e filologici sparsi in atti di convegno, miscellanee e riviste non perché li reputi degni d’esser sottratti all’oblio.
Alvino continua la sua disanima affermando che, dai suoi testi, traspare un’idea della lingua e della letteratura estremamente nitida e che quell’idea lo rappresenta in maniera compiuta.
Si chiede se ciò basta a far di questa raccolta un corpo omogeneo in cui tutto si tiene, lasciando al lettore il giudizio.
L’opera, che si può considerare appartenente al genere militante, è prefata, con notevole acribia, da Mario Lunetta.
Per quanto riguarda Gualberto è ricchissima l’estensione della sua produzione di scritture..
Nella sua attività l’acutezza di un’analisi letteraria coincide con l’energia stilistica con la quale è condotta problematicamente contro ogni estetismo.
Per estetismo, in questo contesto, s’intende ogni atteggiamento e teoria che pone al di sopra di ogni cosa il concetto del bello assoluto, subordinando ad esso anche i valori morali.
Lo scrittore si può sicuramente definire una figura eclettica, nel nostro panorama letterario, un poligrafo, nel suo abbracciare tutti i tipi delle modalità di scrittura con acutezza e notevole intuito.
Lunetta nella prefazione delinea efficacemente le ragioni sottese ai trentaquattro saggi di argomenti di varia natura e scaturenti dalle composite occasioni, dagli incontri, che costituiscono la sostanza del libro nel suo insieme.
Nell’impossibilità, in questa sede, di entrare nel merito di ogni singolo saggio del Nostro, ci si soffermerà sull’indagine dei suoi stessi strumenti critici e metodologici.
E’centrale nel discorso prendere atto della sua formazione e della sua grande capacità di scandagliare le ragioni delle poliedriche e multiformi stesure e poetiche degli autori presi in esame.
Gualberto crede fermamente nell’assunto che un critico letterario, che scriva in modo credibile, non può non essere un ottimo scrittore, capovolgendo a specchio l’asserzione di Baudelaire, fondatore della poesia moderna, che ha affermato che ogni vero poeta racchiude sempre in se stesso un critico.
Non bisogna dimenticare che il Nostro ha risentito notevolmente della lezione, del magistero di un critico – filologo dello spessore di Gianfranco Contini,
Alvino fa emergere una testimonianza sulla scrittura letteraria, desunta da Contini, come materialità concreta, che si rivela con impressionante precocità, un intento precorritore che va contro il contrasto tra concezioni contenutistiche e formalistiche.
Nel fulcro del senso del poetico, secondo Contini, viene inserito il concetto di stile, inteso come il modo dell’autore di conoscere le cose.
Ogni questione poetica è una questione di conoscenza e lo stile è sotteso ad una posizione gnoseologica.
I saggi di Alvino si collocano in un clima di crisi della stessa critica letteraria contemporanea.
Scrive Lunetta che la fisionomia della nostra critica attuale, spesso, continua ad essere desolante per carenza di autoconsapevolezza.
Essa è ancor oggi passiva nei confronti di un ambito culturale connotato dall’assoluta mancanza d’interesse per la dimensione linguistica del testo letterario.
Inoltre l’analisi degli scritti è contraddistinta da un contenutismo altrettanto esasperato che anacronistico.
Secondo la suddetta modalità, il progetto parrebbe nientemeno quello di degradare la materialità dell’opera – cioè l’opera, a puro accidente, sostituendo le leggi delle cose alle leggi dei segni verbali che l’esprimono.
Afferma il prefatore che Gualberto è esattamente il contrario del critico impressionista e notarile, e, in questo senso, il suo libro non è una raccolta – florilegio di saggi, articoli, relazioni conferenziali, ma un corpus compatto e solidale, in cui si afferma ancora una volta, sul filo di una crittura meditata e piena di estri, la ragione di un metodo.
Gualberto, a fondamento della sua opera, fa proprio l’assunto continiano secondo il quale la mira finale d’un qualsiasi dissertazione su un qualunque autore va all’integrità di questo autore.
Lo scrittore stesso, metaforicamente, va: investito da un riflettore unico piazzato in un sol punto, con le sue enfatiche sproporzioni di luci e di ombre,
E’ però tutto lo scrittore ad essere colpito dai fasci della luce, secondo i dettami di una visione globale e dell’anamorfosi.
Nell’indagare in tal modo il fatto letterario, sembra emergere un criterio ontologico.
Infatti lo scrittore e l’opera vanno radiografati nella loro essenza più profonda.
Il protagonista del testo, sia che sia un io-narrante, sia che si riveli in terza persona, i personaggi e le ambientazioni narrate, vengono fatti emergere dallo studioso, attraverso un profondo lavoro di scavo, tramite la penna, per dirla con Seamous Heaney e il suo digging.
Si tratta di un eccezionale attività esegetica e la metodologia ad essa correlata fa approdare gli esiti ad una straordinaria riproposizione testuale sotto altra luce.
Di tale sistema è stato ineguagliabile Maestro Gianfranco Contini e Alvino in “Scritti diversi e dispersi”, nelle sue analisi, fa sua la cifra essenziale, l’intelligenza della maniera dello stesso Contini, per mezzo di una sequenza di operazioni di notevole partecipazione e di grande energia.
Un lavoro di analisi interiore, psicologica e del testo, costituisce la modalità del letterato, nel suo fare venire alla luce, a trecentosessanta gradi, i molteplici contenuti negli articoli..
Scorrendo i titoli dei vari saggi si nota la notevolissima eterogeneità dei percorsi affrontati: (per esempio: La lingua sfigurata, Onomaturgia darrighiana, Sinigaglia: tecnica e pathos, Funambolismo e autenticità in Balestrini, Da Segre a Contini, Un gomitolo di concause, La filologia ermeneutica di Dante Isella, Il testamento di Sanguineti ecc…).
Bisogna sottolineare che gli altissimi e limpidi risultati, nella lettura dei testi e nella compattezza delle scoperte, raggiunti dallo scrittore, sono da mettere in relazione con il fattore x di una fortissima partecipazione emotiva e nello stesso tempo controllata, con una vera passione.
Un polemista mai estremista, Alvino, ma sempre coerente con i propri principi stilistici ed etici e severo e obiettivo nelle sue valutazioni.
Raffaele Piazza
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