martedì 15 settembre 2015

SEGNALAZIONE VOLUMI = DONATO DI STASI

Donato Di Stasi – “Le due scarpe sinistre dei poeti” - Saggi (1996 – 2014)
Fermenti Editrice – Roma – 2015 – pagg. 181 - € 18,00

(Osservazioni sugli scritti riguardanti i poeti inclusi nel volume)

“Le due scarpe sinistre dei poeti” è un testo costituito da diciotto monografie di varie dimensioni su poeti e poetesse, tutti italiani tranne Arthur Rimbaud, che hanno avuto un’importanza rilevante nel panorama letterario tra Ottocento e Novecento.
Il volume è stato pubblicato con il contributo della Fondazione Marino Piazzolla di Roma diretta da Velio Carratoni.

In “Duetto per voce sola: Rimbaud e il ragazzo di Charleville”. il critico mette in rilievo la cifra distintiva che contraddistingue la poetica dell’autore francese, nato nel 1854 e morto nel 1891.
Tale carattere lo fa includere tra gli esponenti del Maledettismo, atteggiamento di ostentato anticonformismo, di plateale superamento dei canoni. morali, sociali ed estetici propri di un gruppo o di un ambiente.
Rimbaud è in sintonia con questa corrente per la sua indole fortemente trasgressiva e la sua personalità ribelle, insofferente a tutte le regole della collettività, che lo fa fuggire dalla guerra dei doveri.
Per questi elementi il poeta esce da qualsiasi collocazione nell’ambito dell’establishment culturale a lui coevo.
Inoltre è stato avvicinato, per la sua ispirazione, all’amico Verlaine e a Baudelaire, che si riallacciano per certi aspetti al Simbolismo.
E’ un rappresentante della sua epoca in senso contrario, nel suo porsi criticamente e nichilisticamente contro gran parte del mondo che lo circonda.
Infatti Rimbaud si ritrova a vivere in un momento di crisi e viene distrutto moralmente dall’umanesimo che stava per giungere alla fine.
A conferma del suo spirito tormentato, il Nostro ha attraversato situazioni estreme, come quella di camminare a perdifiato a Milano, in piazza Duomo, con le scarpe sfondate, cotto dal sole e stordito.
In questa situazione venne soccorso da una donna caritatevole, pronta a dargli un giaciglio su cui riposarsi e gettare tutta la sua ansia.
Poi si può presumere che, dopo essersi specchiato sul fondo della sua angoscia, sia riemerso, spinto da un’elementare volontà di vivere, oltre che dal credere nella pratica della poesia come valore catartico.
In ogni caso i versi dell’autore de Il Battello ebbro sono importanti nell’ambito della storia della poesia moderna stessa.
Essi sono connotati da una forza notevole che si realizza nei suoi componimenti, con la loro natura prorompente, vitalistica e iconoclastica.
Lo stesso Rimbaud, non a caso, affermava che il poeta è un veggente.
Infatti la carica dissenziente delle parole di questo autore, espressione per antonomasia del pensiero divergente, spinto al massimo grado, sottende una tensione.
Tale sforzo, nell’arrivare all’indicibile, possiede in sé stesso un’energia fortissima, nell’avvicinarsi sempre più ad una rappresentazione dell’oggettività, mai raggiungibile, ad un limite invalicabile.
Interessante il titolo che Donato dà al saggio, nel quale tende a sintetizzare l’identità dell’artista, che esprime, con una voce sola, il suo essere poeta, ragazzo di Charleville e Arthur.
Questa individualità si manifesta attraverso la sua verginità etica e fa risaltare e mettere in luce la sua grandezza, che si realizza con una capacità creativa vitale e originalissima.
Tramite l’urgenza del dire, esprime nelle sue composizioni l’insulto contro ogni realtà precostituita, infierisce e mette in scena l’odio.
Prima di arrivare al definitivo silenzio, a diciassette anni crede ancora nella possibilità salvifica della poesia.
A diciotto indossa i panni di una causa disperata e assume la responsabilità di non fornire più chiacchiere al suo pubblico.
Come scrive Di Stasi, Rimbaud non trova la vita, ma parole e allora basta parole. A vent’anni fa voto di non scrivere più.
Il suo approccio alla scrittura avviene attraverso la sua missione, che consiste nella volontà di volere graffiare la pagina.
Ciò si realizza secondo i canoni di un’estetica che privilegia una forma rigenerata, arcaica, magica, primitiva e innocente.
Il risultato è quello di un’immensa icasticità delle immagini nelle sue opere, prodotte attraverso uno stile inconfondibile e debordante, che fa della sua esperienza e del suo lavoro un unicum.
Situazioni estreme si susseguono nelle sue poesie ed emblematico nella sua produzione è il libro intitolato “Una stagione all’inferno”.
Questo è uno dei suoi capolavori ed è stato un punto di riferimento per molti poeti non solo a lui contemporanei..
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Raffaele Piazza

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