SU “DEL CERCHIO CHE VIENE ALL’IDEA” IN "A TRAZIONE POETICA" DI MARCO GIUSEPPE CIAURRO ( Carmignani Editrice- Poesia, Cascina, Pisa, 2015).
“Chiedo i cerchi”
A te parola non chiedo sillabe
che squadrino ogni lato
latente afflato che germini una voce
(…)
A te parola chiedo i cerchi
del sasso nello stagno
che genera onde di pensiero
(…)
(Dall’omonima raccolta di Valeria Serofilli, "Chiedo i cerchi", puntoacapo Editrice, 2008)
Il presente contributo intende focalizzarsi su un singolo testo della raccolta A trazione poetica, seguito da contro la notte che Marco G.Ciaurro ha recentemente pubblicato per i tipi di Carmignani Editrice, Collana Poesia, nello specifico su “Del cerchio che viene all’idea”, con occhio rivolto tuttavia all’intero volume.
Si tratta di uno scritto di fatto caratterizzato da lemmi incisivi che veicolano e creano un senso d’inquietudine riguardo all’eterno interrogativo dell’uomo sul significato della parola e del linguaggio e, per estensione, sul valore più profondo del tempo e dell’eternità:
“C’è una parola ponte che apre varchi, unisce holzewege, (…). Poi l’insignificanza del gesto di darti il braccio sulle scale per un milione di volte (…) ma c’è anche una parola- bengala lanciata in alto (…)”.
Ritroviamo Ungaretti nella scrittura di Ciaurro, autore del resto espressamente citato nella lirica “Inconscio”; ma anche il montaliano varco (“il maestro è chi apre un varco in sé” scrive infatti Ciaurro nel Prologo), e ancora, sempre riguardo a Montale, palese risulta il riferimento ai versi meritatamente famosi della sezione Xenia di Satura, precisamente a “Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale”, nel senso dell’assunzione, da parte del nostro, della montaliana poetica dell’assenza, per poi tuttavia superarla con l’assunzione di un impegno positivo d’indagine.
Recita la poesia eponima:
“Di mio padre non ho un ricordo
mia madre non so chi è
niente so dei miei fratelli e
delle mie sorelle
niente so di niente
per concludere invece:
niente tranne che esisto!
(…)
sono tutto fino all’origine".
(Da “A trazione poetica”)
Per tornare ad Ungaretti, la sua dichiarazione di poetica, quasi una sentenza, faceva consistere il valore della poesia nell’umanità e nell’esistenza nella sua pienezza in quanto “la parola può far sbocciare, fiorire la vita”:
”Quando trovo / in questo mio silenzio/ una parola/ scavata è nella mia vita/ come un abisso”.
Ma il significato della propria scrittura per Ciaurro, consiste non solo in un’operazione di scavo e d’esplorazione del sé, in una “parola scavata nel silenzio e nell’ascolto del cosmo”(Prologo, già cit.).
A trazione poetica rappresenta, a mio avviso, il passaggio della ricerca sul senso dell’essere in riferimento all’esistenza umana, basata sul metodo della fenomenologia, all’indagine diretta alla verità dell’essere come evento del linguaggio, caratteristica anche della seconda fase del pensiero di Heidegger, autore di Sentieri interrotti, (Holzwege) del 1950.
Parola-cosa, parola-ponte, parola-bengala, parola-domanda, parola-segno/senso che trasformi il silenzio in cosa, parola indicibile quella di Ciaurro, comunque un verso che come un sasso gettato in uno stagno, non laceri la mano ma muova di onde nuove lo stagno del pensiero. Perché come sostiene Elias Canetti “Ogni parola pronunciata è falsa. Ogni parola scritta è falsa. Ogni parola, è falsa. Ma cosa c'è senza la parola?”
E Ciaurro chiede alla poesia la misura della circolarità, quei cerchi che ogni poeta ha in sé e che in questo volume è riuscito ad estrarre e separare per farne poesia, come recita la già citata lirica eponima:
“Sono l’origine e la fine simultaneamente,
fino a trarne poesia..”
Ring composition che lega anche A trazione poetica a Contro la notte in un poetico tutt’uno.
Valeria Serofilli
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