Considerazioni critiche sui testi poetici di Gemma Forti inseriti in “Dentro spazi di rarità” - Antologia Nuovi Fermenti Poesia – 9 - Fermenti Editrice – Roma – 2015 – pagg. 169 - € 18,00
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Gemma Forti, poetessa e scrittrice, vive a Roma dove è nata; ha pubblicato numerose raccolte di poesia: Zeffiro cortese (1996, prefazione di Dario Bellezza), Finestra in alto (1997), Gli occhi della genziana (2000, introduzione di Stanislao Nievo), Candidi Asfodeli Vezzose Ortiche (2004, prefazione di Donato Di Stasi); Zeero (2007, prefazione di Marco Palladini); Il pollice smaltato (2013, prefato da Gualtiero De Santi, con tavole di Bruno Conte).
Per la narrativa: La casta pelle della luna (2002), Ruvido lago (2010).
E’ autrice di numerosi racconti pubblicati su riviste e antologie ed è inserita in varie antologie poetiche, oltre che su quotidiani.
La Forti propone la silloge Ars scribendi, costituita da cinque componimenti, tutti centrati sulla pagina.
In alcuni dei testi si riscontrano parole in grassetto, che danno un’immagine accattivante e originale alle poesie.
A livello stilistico si notano icasticità e, nello stesso tempo, leggerezza e velocità.
La forma è sempre sorvegliatissima e in essa si evidenziano chiarezza, nitore, luminosità del dettato e una velata ironia, sottesa ad un tono affabulante, caratteristiche che già erano evidenti in Il pollice smaltato.
Nei versi di Gemma c’è musicalità e ritmicità e vengono dette sensazioni atmosferiche e materiche
Ombre inquiete riporta inizialmente due citazioni, una di Goethe, tratta dal Faust: Quanto tumulto è la luce e un’altra presa dalle Rime di Michelangelo Buonarroti: O notte, o dolce tempo benché nero,/(…)/ o ombra del morir, per cui si ferma ogni miseria, a l’alma, al cor nemica.
Nel suddetto componimento viene detto l’alternarsi dell’inizio del giorno e della venuta della notte, che qui simboleggiano il ciclo vitale dell’essere umano dalla nascita alla morte.
Per delineare tale concezione Gemma parte dall’immagine di un pargolo neonato, che inizialmente è nutrito dalla luce fievole dell’alba, creatura e persona, protetto dalla culla che vezzeggia.
Il bambino, secondo l’evolversi dell’arco della luce stessa, arriva alla giovinezza, alla maturità e alla vecchiaia, fino a giungere all’inevitabile fine, che è evocata dalla metafora della notte stessa.
Attraverso il divenire della vita si svolge la formazione, la storia personale dell’individuo.
In questo c’è qualcosa che si rifà al mito, all’eterno ritorno, che la persona vive inevitabilmente, al tran tran giornaliero dell’esistere, fatto di difficoltà e prove, che aumentano sempre con l’andare avanti nel tempo.
Nel titolo Ars scribendi si nota una patina di antico per l’uso che la poeta fa del latino.
Del resto, nella composizione della silloge, si evidenzia un andamento dei sintagmi che risente di un classicismo filtrato dalla modernità.
Esso si delinea attraverso un ritmo cadenzato, quando vengono dette apparenze polite ed essenziali, scabre.
Si nota una poliedricità di argomenti in questa silloge della Forti, che, in Ignoranti ignorati, tocca anche il tema politico.
Il suddetto si rivela con il riferimento alla figura di Bill Clinton e al Sex gate e viene narrato l’episodio di quando il Presidente davanti alla Nazione dichiarò di non conoscere biblicamente la stagista Monica Lewinsky.
In Come una santa l’autrice descrive la fine di una donna molto anziana in un ospizio, alla quale l’io-poetante si rivolge in modo sentito.
La Forti sa gestire la sua materia con sicurezza e i suoi componimenti sono eleganti ed alti, antilirici e nello stesso tempo fantasiosi. e seducenti.
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Raffaele Piazza
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